Giorno per giorno – 11 Agosto 2015

Carissimi,
“Gesù chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me” (Mt 18, 2-5). Il bambino era (e in larga misura ancora è) il senza diritti per eccellenza. Gesù, rispondendo alla domanda dei discepoli, su chi debba essere considerato il maggiore in una società dove davvero Dio regni, afferma che sono gli ultimi, i più piccoli, i senza voce, i non garantiti. Del resto, già nel discorso della montagna aveva proclamato la centralità dei poveri, facendo di essi i soggetti primi del Regno, e perciò anche della comunità che pretenda di esserne il sacramento. La chiesa è di Cristo solo se si converte ai poveri, fino a identificarsi con essi, se prende le distanze dai centri del potere, se fa suoi i gemiti, l’ansia di riscatto, i sogni, le lotte di liberazione di quanti il Sistema-mondo opprime, sfrutta, violenta, emargina, esclude, uccide. Noi, siamo chiesa di Cristo?

Oggi il nostro calendario ci porta la memoria di Chiara d’Assisi, povera per essere libera; John Henry Newman, pastore buono che seppe andare controcorrente; Maurice Zundel, profeta della povertà di Dio; e Yves de Montcheuil, prete, resistente, martire.

Chiara Offreduccio, nata nel 1193, era figlia di una nobile famiglia d’Assisi. A 18 anni, ascoltando l’omelia del suo concittadino Francesco, fu spinta a seguire l’esempio dei “fratelli minori”, consacrandosi ad una vita di povertà. Lottando con determinazione contro l’opposizione dei familiari, assieme ad Agnese, sua sorella più giovane, e altre compagne, Chiara andò ad abitare nell’oratorio di san Damiano. Era l’inizio delle “povere dame”, che sceglievano di dedicarsi alla preghiera, ad assistere gli ammalati e ad aiutare poveri ed emarginati, adottando una regola di vita di estrema austerità e di assoluta povertà, individuale e collettiva. Chiara morì all’alba dell’11 agosto 1253.

John Henry Newman era nato a Londra il 21 febbraio 1801 da John Newman e Jemima Fordrinier, entrambi appartenenti a famiglie di tradizione riformata. Battezzato nella chiesa anglicana, dopo gli studi a Oxford, fu, nel 1824, ordinato presbitero. Negli anni successivi, assieme ad altre figure di prestigio, diede vita al Movimento di Oxford, con il proposito di riformare la vita della Chiesa d’Inghilterra. Il 9 ottobre 1845, dopo un lungo periodo di riflessione, decise di passare alla Chiesa cattolica. Nel 1847, a Roma, fu ordinato presbitero nella congregazione dei preti dell’Oratorio di san Filippo Neri. Al tempo del Concilio Vaticano I (1869-1870), Newman giudicò inopportuna la definizione dell’infallibilità pontificia. Ma, quando, in Inghilterra, ci fu chi osservò che questo dogma rendeva i cattolici cittadini inaffidabili, affermò che in nessun modo l’obbedienza dovuta al papa, avrebbe minato il principio della responsabilità morale dell’individuo. La sua comprensione della storicità della dottrina, la sua difesa della laicità, il suo approccio non scolastico alla teologia, il suo spirito di tolleranza, la sua affermazione della separazione tra chiesa e stato, la sua celebrazione dei dirittti della coscienza, tutti questi valori concordano in profondità con la moderna sensibilità cattolica. Nominato cardinale nel 1879 da papa Leone XIII, morì ad Edgbastion l’11 agosto 1890.

Maurice Zundel era nato il 21 gennaio 1897 a Neuchâtel, in Svizzera. Una profonda esperienza mistica all’età di 14 anni gli farà percepire in Maria il sacramento dell’amore materno e verginale di Dio, che senza sosta dona, senza voler mai arrivare a possedere l’altro. A questo e ad uno straordinario amore per i poveri comincerà da subito a conformare la sua vita. Entrato in seminario a Friburgo, fu ordinato sacerdote nel 1919, e, subito dopo, venne mandato come vicario nella parrocchia di san Giuseppe a Ginevra. Qui assunse subito posizioni coraggiose e innovatrici su temi ecclesiali, sociali ed economici, suscitando l’inevitabile ostilità degli ambienti più conservatori del clero. Fu così che il suo vescovo, mons. Besson, pensò bene di inviarlo a Roma, a riciclare la sua teologia nella facoltà tomista dell’Angelicum. Negli anni seguenti Zundel si recò, come predicatore itinerante, a Parigi, poi nuovamente in Svizzera, a Bruxelles, a Londra, al Cairo e a Beirut. Fu in quegli anni che Zundel scoprì la figura di Francesco d’Assisi e la sua povertà, che lo confermarono nella sua passione per uno stile di vita povero ed essenziale, e per la cura e l’attenzione nei confronti degli ultimi. Uomo di una curiosità insaziabile e di una cultura enciclopedica, prese l’abitudine di dormire tre ore per notte, studiando senza sosta per meglio comprendere il mondo. Nel 1972, Paolo VI lo chiamò in Vaticano a predicarvi il ritiro quaresimale. All’inizio del 1975 un’embolia lo rese muto fino alla morte, avvenuta il 10 agosto dello stesso anno.

Yves de Montcheuil nacque nel 1900 a Paimpol (Francia). A diciassette anni entrò nel noviziato della Compagnia di Gesù e nel 1922, compiuto il servizio militare, cominciò i suoi studi di filosofia, dando in tal modo seguito al lungo processo di iniziazione che caratterizza questa famiglia religiosa. Completò la sua formazione con uno straordinario lavoro personale, approfondendo soprattutto la filosofia di Maurice Blondel, ma anche quella di Kant, Bergson e di altri, spesso piuttosto trascurati negli ambienti clericali. Questo gli consentì di acquisire una cultura di una tale varietà e apertura da sorprendere ogni volta i suoi uditori. A partire dal 1930 intraprese i suoi studi di teologia. Ordinato prete, nel 1936 fu nominato professore all’Institut Catholique di Parigi, dove dispensò un insegnamento solido, chiaro, senza artifici. Contemporaneamente prese a dedicare le sue cure pastorali a studenti, professori, gruppi di preghiera, nonché alla JOC e all’Azione cattolica femminile. Durante la guerra entrò in resistenza spirituale, partecipando attivamente all’elaborazione dei quaderni di “Témoignage chrétien”, denunciando apertamente l’antisemitismo come incompatibile con il cristianesimo, chiamando i cristiani a ridestare le loro coscienze e a non aver paura di testimoniare la loro fede. Nel 1944 si unì alle formazioni partigiane del Vercors. Dopo un attacco nazista, avendo scelto di restare in una grotta ad accudire i feriti, assieme a medici e infermieri, fu con questi catturato, imprigionato a Grenoble e fucilato, la notte tra il 10 e l’11 agosto 1944. Dopo la guerra, il teologo e futuro cardinale De Lubac, che ne era stato amico e ammiratore, contribuì a farne conoscere il pensiero teologico, anticipatore di molte visioni del Concilio Vaticano II. Scrisse: “Una vita salvata da un gesto di viltà, è peggiore della morte, è al di sotto della morte”.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro del Deuteronomio, cap.31, 1-8; Salmo (Dt 32, 3-12); Vangelo di Matteo, cap.18, 1-5. 10. 12-14.

La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali del Continente africano.

Per stasera è tutto. Noi vi si lascia alla lettura di un brano di Maurice Zundel, tratto dal suo libro “Il volto di Dio nel quotidiano” (Edizioni Messaggero Padova). Che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Quante anime si comunicano ogni giorno, e senza risultati: tutta la loro giornata passa in ciance, in piccolezze… Ci comunichiamo ogni giorno, ma questo non vuol dire niente. Comunicarsi significa entrare nella cattolicità. È fondamentale: si tratta di sapere se siamo idolatri o se siamo nella regione dello Spirito. È idolatria mettere Cristo in tasca. È verità, se rispondiamo alle proposte di Cristo, con un cuore delle dimensioni del suo. Nell’eucaristia c’è un esigenza formidabile, e quando entriamo in una chiesa e vediamo la piccola lampada che indica la sua presenza, possiamo dire: è vero, come sono io stesso una presenza reale a tutta la chiesa, a tutto l’universo. Bisogna che Dio sia nel nostro cuore, che viva in noi, che noi stessi siamo tabernacoli. A che serve che Gesù sia in un tabernacolo di legno e di marmo, se noi non ne traiamo vita? I veri tabernacoli siamo noi. Per me il vero senso dell’eucaristia è molto più quello che si compie nella messa, in cui andiamo all’incontro con la croce, e dove diventiamo il corpo e il sangue di Gesù, che quello di una specie di esposizione che facciamo del Santissimo Sacramento. L’esposizione del Santissimo ha senso soltanto se ci permette di diventare universali. Cattolico vuol dire: io sono dato ad ognuno, sono debitore di tutti, sono colui del quale ognuno può chiedere la vita, perché sono la chiesa. Il mio cuore non ha frontiere. Ecco che cosa vuol dire essere cattolici: il mio cuore non ha frontiere, e ognuno è a casa propria nel mio cuore. (Maurice Zundel, Il volto di Dio nel quotidiano).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 11 Agosto 2015ultima modifica: 2015-08-11T22:04:08+02:00da fraternidade
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