Giorno per giorno – 09 Agosto 2015

Carissimi,
“Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo” (Gv 6, 51). Nel racconto della Cena dei vangei sinottici, dopo aver reso grazie, spezzato e distribuito il pane, Gesù dirà: “Questo è il mio corpo che è dato per voi” (Lc 22, 19). Giovanni attinge al racconto che è alla base di quella tradizione e lo rende qui nel suo senso più pregnante. Tutto quello che interessa a Gesù, e cioè anche a Dio, è la vita del mondo. Chi crede in Lui, assume questo progetto, spende la sua vita in esso, dà la sua vita per esso. Noi, purtroppo, dopo duemila anni di cristianesimo, non l’abbiamo ancora capito, e abbiamo così trasformato la gioiosa, appassionante, avventura al seguito di Gesù di Nazareth, in un noioso elenco di norme morali (che, certo, aiutano, ma vengono dopo), in uno stanco ripetersi di riti, di cui si è finito per perdere il significato, e in una mesta processione di lamentele sul fatto che non c’è più religione (ma si trattava di una religione che non aveva e non ha nulla a che vedere con Gesù). A questo punto, possiamo solo confessare che solo un Dio ci può salvare. Il Dio di Gesù che, alimentandoci con la Parola di suo Figlio e con il Pane che è suo Figlio, arriverà a trasformare anche le nostre vite di renitenti nella Sua. Benedetta ostinazione di Dio!

I testi che la liturgia di questa XIX Domenica del Tempo Comune propone alla nostra riflessione sono tratti da:
1° Libro dei Re, cap.19, 4-8; Salmo 34; Lettera agli Efesini, cap.4, 30 – 5,2; Vangelo di Giovanni, cap.6, 41-51.

La preghiera della Domenica è in comunione con tutte le comunità e chiese cristiane.

Oggi il calendario ci porta le memorie di Edith Stein, martire, assieme al suo popolo, dell’idolatria nazista; Frantz Jägerstätter, profeta e martire della non-violenza; e Betinho, testimone di giustizia e solidarietà.

Edith Stein nacque a Breslavia (allora in Germania, oggi in Polonia), il 12 ottobre 1891, nella festa ebraica di Yom Kippur, ultima degli undici figli di Siegfried e Auguste Courant, coniugi ebrei di fede profonda e grande rigore morale. Allieva brillante, discepola e poi collaboratrice del filosofo Husserl, si fece presto conoscere negli ambienti accademici. Il 1o gennaio 1922 fu battezzata nella chiesa cattolica, assumendo come nome di battesimo quello di Teresa. Continuò tuttavia a frequentare regolarmente con la madre la sinagoga, pregando i salmi della liturgia. Il 14 ottobre 1933, lo stesso anno in cui Hitler salì al potere, all’età di quarantadue anni, entrò nel convento carmelitano di Colonia, dove prese il nome di Teresa Benedetta della Croce. Nell’agosto del 1942, con sua sorella Rosa fu arrestata dalle SS naziste e portata con moltissime altre donne al campo di sterminio di Auschwitz. Come milioni di altri fratelli ebrei, Edith, fu uccisa in una camera a gas e cremata il giorno 26 del mese di Av de 5702 (9 agosto 1942).

Franz Jägerstätter nacque il 20 maggio 1907 nella cittadina di St. Radegund (Austria). In tempi di conformismo e di apatia politica, non esitò ad esprimere pubblicamente la sua opposizione al regime nazista. Sposato a Franziska Schwaniger e padre di tre figlie, quando fu chiamato a servire nell’esercito, Frantz chiese consiglio ad almeno tre sacerdoti e ad un vescovo, che cercarono di tranquillizzare la sua coscienza, assicurandogli che il servizio militare era del tutto compatibile con la fede cristiana. Jägerstätter non si lasciò convincere. Incarcerato, fu processato da una corte militare e decapitato il 9 agosto 1943. Lasciò scritto nel testamento: “Scrivo con le mani legate, ma preferisco questa condizione al sapere incatenata la mia volontà. Non sono il carcere, le catene e nemmeno una condanna che possono far perdere la fede a qualcuno o privarlo della libertà […]. Perché Dio avrebbe dato a ciascuno di noi la ragione ed il libero arbitrio se bastava soltanto ubbidire ciecamente? O, ancora, se ciò che dicono alcuni è vero, e cioè che non tocca a Pietro e Paolo affermare se questa guerra scatenata dalla Germania è giusta o ingiusta, che importa saper distinguere tra il bene ed il male? ”.

Betinho (Herbert de Souza) nacque il 3 novembre 1935, a Bocaiuva, in Minas Gerais (Brasile), terzo di otto fratelli. Ancora giovane, fece parte della dirigenza nazionale dei giovani cattolici che rappresentavano le aspirazioni di trasformazione sociale, rinsaldate in seguito dal Concilio Vaticano II. Sociologo, dopo il golpe del 1964, partecipò alla resistenza contro la dittatura militare. Il che gli costò l’esilio. Tornato in Brasile nel 1979, entrò di peso nelle lotte sociali e politiche. Pubblicò libri, articoli, saggi, sempre con la stessa preoccupazione di criticare le strutture che rendono la vita difficile e ingiusta per milioni di persone. Emofiliaco dalla nascita, contrasse il virus dell’Aids attraverso una trasfusione di sangue. La sua presenza nei mass-midia si trasformò in simbolo delle vittime di questa malattia e della lotta per la salute della popolazione. Morì a Rio de Janeiro il 9 agosto 1997, a 61 anni di età.

Dal 1995, su iniziativa dell’ONU, si celebra oggi la Giornata internazionale dei popoli indigeni del mondo, 5.000 etnie che comprendono 300 milioni di abitanti – gli Adivasi in India, gli Indiani delle Americhe, i Tuareg negli stati sahariani, i Pigmei delle foreste tropicali centrafricane, i Penan in Malesia, le popolazioni di montagna in Bangladesh e Birmania, gli Ainu in Giappone, i Maori in Nuova Zelanda, gli Aborigeni in Australia, gli Inuit (Eschimesi) nelle regioni artiche o i Sami (Lapponi) in Scandinavia e nella penisola russa di Kola -, sempre più marginalizzate e a rischio di sopravvivenza. Disinformazione, silenzio e indifferenza sono sempre colpevoli.

Bene, è tutto, per stasera. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura, un brano di Edith Stein, tratto dal suo “La preghiera della Chiesa” (Morcelliana). Che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Nel nascondimento e nel silenzio si compie l’opera della Redenzione, nel silenzioso colloquio del cuore con Dio si preparano le pietre vive, con le quali viene innalzato il regno di Dio, e si forgiano gli strumenti scelti che cooperano alla sua costruzione. Il mistico fiume che attraversa i secoli non è un braccio staccato che si separi dalla vita di orazione della Chiesa ma ne è la vita più intima. Se esso rompe le forme tradizionali è perché in esso vive lo Spirito che soffia dove vuole, che ha creato tutte le forme tradizionali e che ne crea continuamente di nuove. Senza di Lui non vi sarebbe né liturgia né Chiesa. Non era forse l’anima del Salmista reale un’arpa le cui corde cantavano sotto il leggero soffio dello Spirito Santo? Dal cuore colmo di gioia della Vergine piena di grazia sgorgò l’inno del Magnificat; il canto profetico del Benedictus aprì le labbra diventate mute del vecchio sacerdote, quando l’annuncio segreto dell’Angelo divenne realtà. Ciò che sale da un cuore pieno di Spirito Santo e si esprime in cantici e inni, si trasmette di bocca in bocca: spetta all’Ufficio divino far sì che risuoni di generazione in generazione. Il mistico fiume così forma l’inno di lode sempre crescente alla Trinità, al Creatore, al Redentore, al Consolatore. Ne consegue che non si può opporre la preghiera interiore, libera da ogni forma tradizionale, “pietà soggettiva”, alla liturgia, che è la “preghiera oggettiva” della Chiesa. Ogni autentica preghiera è preghiera della Chiesa: mediante ogni preghiera sincera qualcosa avviene nella Chiesa ed è la Chiesa stessa che prega perché è lo Spirito Santo, che in essa vive, che in ogni singola anima “prega per noi con inenarrabili sospiri”. Questa è la vera preghiera poiché nessuno può dire “Signore Gesù” se non nello Spirito Santo. Che cosa sarebbe la preghiera della Chiesa se non fosse l’abbandono di quelli che amano veramente, a Dio, che è Amore? (Edith Stein, La preghiera della Chiesa).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 09 Agosto 2015ultima modifica: 2015-08-09T22:47:18+02:00da fraternidade
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