Giorno per giorno – 05 Luglio 2015

Carissimi,
“E si meravigliava della loro incredulità” (Mc 6, 6). Il vangelo era cominciato con l’annotazione che Gesù, partito da dove si trovava, “andò nella sua patria” (Mc 5, 1), che Marco non menziona, ma che noi sappiamo essere Nazareth, dove era cresciuto ed aveva abitato per oltre trentanni. Dunque, la terra della sua famiglia, della sua gente. E, lì, nella sinagoga, che è come fosse un po’ una delle nostre comunità, dove si va per udire la parola di Dio, meditarla, applicarla alla vita e stare un po’ insieme, comincia a insegnare. Luca ci dà qualche dettaglio in più di quel suo insegnamento, dice che applica a sé la profezia di Isaia, per illustrare la missione di cui si sente investito: “annunciare la buona notizia ai poveri, la liberazione agli oppressi, la vista ai ciechi” (cf Lc 4, 18). Marco non ne dice nulla, pone l’accento più sulla reazione che suscita in quanti l’ascoltano, che è, dapprima di stupore – “da dove gli viene questa sapienza?” -, ma, subito dopo, “di scandalo”. Qualcosa come: ma chi crede di essere? Lui crede di essere ciò che Dio vorrebbe fosse ogni uomo: un figlio di Dio, amato da Dio, che si sente investito della missione di essere come Lui: vita al servizio del bene comune. Cose troppo grandi, addirittura inverosimili, per noi, che crediamo di sapere sempre qualcosa di più degli altri, su Dio, la vita, la gerarchia di valori, di poteri e perciò anche il posto che ciascuno deve occupare nella società. Gesù, fino a ieri falegname, figlio di Maria, fratello di questo e quest’altro, senza nessun titolo accademico, che si è improvvisato maestro itinerante, esigendo che si sia più di quello che si è, viene a scompaginare l’ordine che abbiamo in testa e il nostro trantran quotidiano. No, grazie, perciò. E questo impedisce che accadano prodigi, che cambi la storia, per esempio, che ci sia una qualche rivoluzione, vera possibilmente, che affermi il riscatto degli ultimi, la dignità di tutti, la comune vocazione, la fraternità solidale di uomini e donne.

I testi che la liturgia di questa XIV Domenica del Tempo Comune propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Profezia di Ezechiele, cap.2, 2-5; Salmo 123; 2ª Lettera ai Corinzi, cap.12, 7-10; Vangelo di Marco, cap.6, 1-6.

La preghiera della Domenica è in comunione con tutte le Chiese e comunità cristiane.

Il nostro calendario ecumenico ci porta oggi la memoria di Mehdi Dibaj e Compagni, pastori evangelici e martiri in Iran. E il ricordo di uno scrittore, appassionato di Cristo: George Bernanos.

Mehdi Dibaj era nato nel 1935 in una ricchissima famiglia musulmana in Iran. Adolescente era diventato cristiano, facendosi battezzare nella Chiesa delle Assemblee di Dio. In seguito aveva studiato da pastore, inaugurando subito dopo il suo ministero missionario. Nel 1979, fu incarcerato una prima volta, per 68 giorni, a causa della sua fede. Nel 1984 fu arrestato nuovamente. Per due anni visse in isolamento, sopportando regolarmente percosse e ripetute esperienze traumatiche di finte esecuzioni. Nel 1988, la moglie, minacciata più volte di morte per lapidazione, chiese ed ottenne il divorzio da Mehdi, per far ritorno alla religione dei padri. La Chiesa si fece carico dell’educazione dei due figli della coppia. Condannato a morte per apostasia il 21 dicembre 1993, Dibaj fu tuttavia improvvisamente rilasciato il 13 gennaio dell’anno seguente. Che le cose comunque non fossero affatto tranquille per la piccola comunità cristiana di quella regione, lo rivelò l’omicidio, pochi giorni dopo, del rev. Haik Hovsepian Mehr, Vescovo delle Assemblee di Dio in Iran, il cui cadavere fu ritrovato a Karaj il 20 gennaio 1994. Mehdi Dibaj tuttavia non si lasciò intimorire e riprese di lena il lavoro per così lungo tempo interrotto, viaggiando per il Paese a incoraggiare i compagni di fede. Il 2 luglio dello stesso anno, fu ritrovato il cadavere del reverendo Tatavous Michaelian, sessantaduenne pastore della chiesa evangelica presbiteriana di Tehran, ucciso a colpi di pistola, dopo essere uscito di casa, senza farvi più ritorno, il 29 giugno precedente. Il 5 luglio 1994 l’Agenzia di notizie di Stato informò del ritrovamento del corpo senza vita del pastore Mehdi Dibaj.

Georges Bernanos era nato a Parigi il 21 febbraio 1888. Durante gli studi in Lettere e Diritto alla Sorbona, divenne militante dell’Action Française, un’organizzazione di estrema destra, di stampo monarchico, che si voleva campione dell’ortodossia cattolica. Vi rimase finché la Chiesa, giudicandola piuttosto eccessiva, pensò bene di scomunicarla. Terminati gli studi, allo scoppio della prima guerra mondiale, il giovane Bernanos venne inviato al fronte, rimase ferito e fu decorato con una croce al merito. Nel 1917 si sposò e divenne ispettore assicurativo. Fu durante i suoi viaggi che comiciò a scrivere il suo primo libro, Sotto il sole di Satana, il cui successo lo convinse a intraprendere la carriera di scrittore. La precarietà delle entrate costrinsero la famiglia Bernanos (la coppia ebbe sei figli) a continui spostamenti. Nel 1934, con il trasferimento a Maiorca, lo scrittore venne a contatto diretto con la tragedia della guerra civile spagnola, i cui orrori, nonché l’appoggio dato al sollevamento franchista dalla gerarchia ecclesiastica, egli denunciò con forza nel suo libro I grandi cimiteri sotto la luna. Allo stesso periodo risale il suo capolavoro, Il Diario di un curato di campagna. Rientrato brevemente in Francia, quando presagì l’affermarsi dell’avventura totalitaria, ne ripartì con destinazione il Paraguay e poi il Brasile, da dove collaborò con le radio alleate in sostegno alla Resistenza. Nel 1945, al rientro in Francia, rifiutò incarichi prestigiosi offertigli da De Gaulle, così come l’ammissione all’Academie française. Nel 1947, si trasferisce con la famiglia in Tunisia, dove compose il Dialogo delle Carmelitane, la sua unica pièce teatrale, ambientata nella rivoluzione francese. Nel giugno del 1948, le condizioni di salute gli imposero di tornare in Francia, per esservi operato, ma un improvviso peggioramento lo portò alla morte, a Neuilly-sur-Seine, presso Parigi, il 5 luglio 1948. Sulla sua tomba fece scrivere questo epitaffio: “Si prega l’angelo trombettiere di suonare forte: il defunto è duro di orecchie”.

La giornata è stata segnata da due fatti, per i quali avevamo pregato molto, durante l’Eucaristia di stamattina: il referendum in Grecia e la partenza di papa Francesco per la sua trasferta sudamericana. E le notizie che riceviamo stasera al riguardo sono davvero buone.

È tutto, per stasera. Noi ci congediamo qui, offrendovi in lettura il brano di una conferenza tenuta da George Bernanos a Tunisi, con il titolo “I santi, nostri amici”. La si puo trovare per intero in “Lo spirito europeo e il mondo delle macchine” (Rusconi). Ed è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Lo scandalo dell’universo non è la sofferenza ma la libertà. Dio ha fatto libera la sua creazione: questo è lo scandalo degli scandali, perché tutti gli altri scandali procedono da esso. Lo so, qui sembra di essere in piena metafisica. Ma che ci posso fare? Se mi faccio comprendere male da alcuni di voi, sarà perché mi sarò spiegato male, ecco tutto. Del resto, a che vale spiegare? In questo momento c’è nel mondo, in qualche chiesa sperduta o in una casa qualunque o anche alla svolta di una strada deserta, un pover’uomo che congiunge le mani e dal fondo della propria miseria, senza ben sapere quel che dice oppure senza dir nulla, ringrazia Dio di averlo fatto libero, di averlo fatto capace di amore… C’è in qualche parte del mondo, non so dove, una mamma che nasconde il suo volto su un piccolo petto che non batterà più, una madre che, presso il figlioletto morto, offre a Dio il gemito di una rassegnazione spossata, come se la voce che ha lanciato gli astri nello spazio come una mano lancia il seme, la voce che fa tremare i mondi, le mormorasse dolcemente all’orecchio: “Perdonami. Un giorno saprai, un giorno comprenderai e mi ringrazierai. Ma ora ciò che voglio da te è il tuo perdono: perdonami”. Questa donna sfinita, quel pover’uomo sono penetrati nel cuore del mistero, nel cuore della creazione universale e nel segreto stesso di Dio. Che dirvi? Il linguaggio è al servizio dell’intelligenza. E quello che quei due hanno capito, lo hanno capito con una facoltà superiore all’intelligenza, benché non in contraddizione con essa: o piuttosto lo hanno capito per un profondo e irresistibile impulso dell’anima che impegnava tutte le facoltà insieme, che impegnava a fondo tutta la loro natura… Sì, nel momento in cui quell’uomo, quella donna accettavano il loro destino, accettavano se stessi, umilmente, il mistero della creazione si compiva in essi, mentre correvano cosi, senza saperlo, tutto il rischio della loro condotta umana; si realizzavano pienamente nella carità di Cristo, diventando essi stessi, secondo la parola di san Paolo, altri Cristi. Insomma, erano dei Santi. (Georges Bernanos, I Santi, nostri amici (1947), in Lo spirito europeo e il mondo delle macchine)

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 05 Luglio 2015ultima modifica: 2015-07-05T22:48:58+02:00da fraternidade
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