Giorno per giorno – 05 Giugno 2015

Carissimi,
“Come mai dicono gli scribi che il Messia è figlio di Davide? Davide stesso infatti ha detto, mosso dallo Spirito Santo: Disse il Signore al mio Signore: Siedi alla mia destra, finché io ponga i tuoi nemici come sgabello ai tuoi piedi. Davide stesso lo chiama Signore: come dunque può essere suo figlio?” (Mc 12, 35-37). Figlio di Davide, sì, – gli evangelisti ce ne hanno presentato, infatti, la genealogia, – ma la pretesa di Gesù va ben oltre, ed è per questo che provocatoriamente, questa volta, è Lui a stuzzicare i suoi avversari, quei religiosi che hanno sempre la risposta pronta per tutto. Il salmo, che nella sua trasmissione è attribuito allo stesso Davide, e non a un qualche profeta di corte, che metta in scena Dio e il re a cui è rivolta la promessa, come verrebbe logico pensare, è stato letto come oracolo rivolto al messia, discendente di Davide, il quale però avrebbe dovuto dire: Disse il Signore a mio figlio: Siedi alla mia destra. E invece lo chiama “mio Signore”. Quindi non semplicemente figlio. È rispettata la profezia, ma c’è un dato imprevisto. Che vale anche per noi. Il messia non è più semplicemente quello che più o meno tutti si aspettavano per vedere trionfare i propri sogni, di indipendenza, grandezza, prosperità, e quant’altro – comprese le immagini truculente sulla sorte dei nemici che il salmo ci propone -, ma è quell’omino, figlio di un falegname, con tanto di carta d’identità che attesta la sua ascendenza davidica e che, però, oltre all’immagine messianica, pretendere ribaltare anche, o recuperare nel suo significato più vero, il farsi presente di Dio nella nostra storia. E noi siamo pronti, ad abbandonare gli idoli a nostra immagine e somiglianza, che ci siamo costruiti di Dio, per accogliere quello che si è rivelato in Gesù di Nazareth?

Il nostro calendario ecumenico ci porta oggi la memoria di André Trocmé, profeta di pace e nonviolenza.

André Trocmé era nato il 7 aprile 1901 a Saint-Quentin (Francia), da genitori calvinisti. La drammatica esperienza della prima guerra mondiale, con i suoi orrori e assurdità, ebbe una risonanza ancora più grande nella sua famiglia che, di origine franco-tedesca, vide la fitta rete di parentela schierata su fronti opposti. Questo contribuì a maturare nel nostro giovane una forte vocazione pacifista. Dopo gli studi al Seminario di Parigi, Trocmé si recò negli Stati Uniti per completare i suoi studi teologici. Lì incontrò Magda Grilli (1901-1996), una ragazza fiorentina, che egli sposò nel 1926, e da cui ebbe in seguito quattro figli, Nelly, Jean-Pierre, Jacques, e Daniel. Ordinato pastore, svolse per otto anni il suo ministero a Maubeuge e Sin-le-Noble, due cittadine nel nord della Francia. Lì cominciò a predicare l’evangelo della pace e della nonviolenza che, all’epoca e in quell’ambiente, suonava come parola piuttosto ostica e inusuale. Nel 1934 gli fu affidata la cura pastorale di Le Chambon-sur-Lignon, che negli anni successivi sarebbe divenuta un polo di attrazione per un gran numero di rifugiati francesi ed ebrei che sfuggivano la persecuzione nazista. Nel febbario 1943, lui e il suo collega pastore, Edouard Theis, furono arrestati e inviati in campo di concentramento, ma inaspettatamente, dopo quattro settimane, vennero rilasciati. Alla fine della guerra si calcolò che la rete di solidarietà creata dai due pastori con la popolazione locale era riuscita a salvare almeno cinquemila ebrei. Trocmé dedicò gli anni successivi alla lotta per la pace e la riconciliazione. Dal 1948 al 1960, fu segretario europeo di Fellowship of Reconciliation, la maggior organizzazione pacifista interreligiosa esistente. La sua Casa della Riconciliazione, un centro internazionale per la pace operante a Versailles, fece di lui uno dei leader più significativi della lotta nonviolenta, assieme a Martin Luther King, Jr., Toyohiko Kagawa, e Gandhi. André Trocmé morì a Ginevra il 5 giugno 1971, poche settimane prima dell’attribuzione da parte dello Yad Vashem del titolo di Giusto tre le nazioni, per l’attivitá di salvataggio della popolazione ebrea durante la Seconda Guerra Mondiale.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro di Tobia, cap. 11, 5-17; Salmo 146; Vangelo di Marco, cap. 12, 35-37.

La preghiera del Venerdì è in comunione con i fedeli dell’Umma islamica che confessano l’unicità del Dio clemente e misericordioso.

Dal 1972 l’Onu ha fatto di questa data la Giornata Internazionale dell’Ambiente. Cominciamo col non sprecare acqua, col spegnere una luce di troppo, col ritrovare il gusto di andare a piedi o in bicicletta, col piantare un albero, se abbiamo un pezzettino di terra, col prenderci cura della raccolta differenziata dei rifiuti, con l’appoggiare i movimenti ecologisti, con il sollecitare una politica ambientalista dai nostri partiti, governi, amministrazioni. “Il tuo pianeta ha bisogno di te!”. Cioè di noi.

È tutto, per stasera. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura una pagina di André Trocmé, tratta dal suo “Jesus Cristo e a revolução não0violenta” (Editora Vozes), che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Quel giorno, volontariamente e ufficialmente, in una “chiesa” giudaica, davanti a centinaia di testimoni, Gesù violò le tradizioni rabbiniche che regolavano il sabato, e il suo atto meritava la morte, perché è scritto nel libro dell’Esodo: “Chiunque farà un lavoro di sabato sarà messo a morte” (Es 31, 14-15). Gli scribi e i farisei subito si ritirarono e denunciarono Gesù alla polizia di Erode. La giustizia doveva seguire il suo corso, la denuncia giungere fino a Gerusalemme, dove, qualche mese più tardi, il colpevole sarebbe stato giustiziato. Siamo ora capaci di rispondere alla domanda: Perché, o, prima ancora, per chi, Gesù fece questo? Colui per il quale egli sacrificò tutto è ancora lì in mezzo alla sinagoga. Chi è? Una persona importante, da cui dipendeva il futuro dell’umanità? No. Era un uomo, un “uomo comune”, che Gesù toglieva dal suo anonimato, collocava al centro di tutte le cose e per il quale darà in cambio la sua vita. E chi sarebbe il “goel” di questo infelice? Quale fratello o cugino si offrirebbe liberamente in riscatto per lui? O ancor prima, sarà il soldato anonimo dell’esercito di Iahveh, colui che tuuti sacrificano volentieri per una nobile causa? No! Era il personaggio centrale di tutta la storia umana, il Messia di Dio stesso, colui che era venuto con l’immensa ambizione di instaurare il regno di Dio sulla terra. La Redenzione, dunque, non è una teoria metafisica. Accadde un giorno determinato della nostra storia. Un essere vivente salvò un altro essere vivente, a prezzo della sua stessa vita. Gesù è il “goel” che riscattò l’uomo dalla mano paralitica, scambiando la sua sorte gloriosa per un miserabile destino. Ora, la carriera di Gesù fu una sucessione di atti redentivi di questo genere che, tutti insieme, lo portarono alla croce. La preoccupazione primordiale di Gesù, quella che ha la preminenza su ogni altra, sul rispetto dovuto ad Abramo, a Mosè e al Tempio, sull’urgenza della rivoluzione religiosa, sociale e politica, sull’instaurazione della sovranità messianica in Israele, sulla necessità di stabilire “hic et nunc” (qui ed ora) il Regno di Dio sulla terra, questa preoccupazione fu la sorte di un essere umano, fu la guarigione di una mano inferma. (André Trocmé, Jesus Cristo e a revolução nao-violenta).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 05 Giugno 2015ultima modifica: 2015-06-05T22:03:20+02:00da fraternidade
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