Giorno per giorno – 16 Settembre 2014

Carissimi,
“Quando Gesù fu vicino alla porta della città, ecco, veniva portato alla tomba un morto, unico figlio di una madre rimasta vedova; e molta gente della città era con lei. Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: Non piangere!” (Lc 7, 12-13). No, non sono cose che si possono dire a chi ha perduto una persona cara, più ancora se si tratta di un figlio. Noi conosciamo madri che hanno smesso di piangere solo dopo molto tempo. Senza per altro ritrovare più il sorriso. Se Gesù, però, lo dice, è perché sa cosa sta per fare. Almeno lì, in quel racconto. Anche se qui, o altrove, non si è più ripetuto il fatto che Lui si facesse incontro e dicesse al morto: alzati. E tuttavia, la fede ci insegna che Gesù, cioè non uno qualunque, ma il Signore, pronuncia questa parola su ogni morte. La fede ci dice questo, non per consolarci, perché non ci si consola tanto facilmente. Ma per farcelo sapere. Come ci fa sapere che il Signore, davanti ad ogni morte, sta male, soffre, si commuove, chissà, se potesse, griderebbe. Proprio come le madri che vorrebbe poter consolare. Perché, per un momento, appare sconfitto, nella difesa dei suoi cuccioli. Ma è, appunto, solo un momento. Anche se i suoi momenti possono sembrare interminabili. Beh, sapere come è Lui, e cosa farebbe Lui in determinate occasioni, per impedire la morte, restituire vita, serve a illuminarci su ciò che siamo chiamati a fare noi. Secondo le nostre forze. Ciò che non possiamo fare è restare indifferenti, perché questo è l’anti-Dio. Forse, dovremmo pensarci su più spesso.

Il calendario, oggi, ci porta le memorie di Cornelio, papa di Roma, e Cipriano, vescovo di Cartagine, martiri; di Pavel Evdokimov, mistico e teologo ortodosso; e di François Xavier Nguyên Van Thuân, vescovo e testimone; i Martiri della Notte delle matite spezzate, in Argentina.

Presbitero romano, Cornelio, fu eletto papa nel 251. Durante il suo pontificato dovette occuparsi della situazione in cui si trovavano i cristiani che avevano apostatato durante la persecuzione. Nella Chiesa erano venute affermandosi due posizioni estreme: quella lassista di chi riteneva non doversi imporre nessun tipo di penitenza ai “lapsi” (i caduti) e quella intransigente di chi, come Novaziano (il primo antipapa della storia), sosteneva l’impossibilità del perdono. Cornelio dichiarò che la Chiesa può perdonare i caduti pentiti, può riammetterli ai sacramenti e reinserirli nella comunione piena, dopo opportune penitenze. Quando la persecuzione contro i cristiani ricominciò nel 253, sotto l’imperatore Gallieno, Cornelio fu esiliato a Centum Cellae (Civitavecchia), dove morì martire in seguito alle privazioni che dovette affrontare.

Cipriano nacque all’incirca nell’anno 200 in Africa del Nord. Avvocato famoso, divenne cristiano nel 246 e due anni più tardi fu scelto come vescovo di Cartagine. Per ciò che riguarda il problema dei “lapsi”, Cipriano assunse la stessa attitudine del vescovo di Roma. Durante la persecuzione di Valeriano, fu arrestato, processato e decapitato, il 14 settembre 258. Lasciò numerose lettere e trattati di teologia. Gli “atti” del suo martirio sono stati conservati fino ai nostri giorni.

Pavel Nicolaievic Evdokimov, considerato uno dei maggiori maestri della teologia e della spiritualità ortodossa del sec. XX, nacque a San Pietroburgo (Russia) il 2 agosto 1901. Suo padre morì assassinato quando Pavel aveva solo sei anni. Di famiglia aristocratica, allo scoppio della rivoluzione, si recò a Kiev, dove nel 1918 iniziò gli studi di teologia. Nel 1921, costretto all’esilio, si recò prima a Istanbul, dove si mantenne facendo il tassista, e, due anni più tardi, a Parigi, dove lavorando di notte come aiuto-cuoco, riuscì a portare a termine gli studi teologici, frequentando l’Istituto San Sergio, dove conobbe Serghei Bulgakov e Nicolai Berdiaev e dove, in seguito, insegnò teologia morale. Sposato nel 1927 a Natascia Brunel, ebbe da lei due figli. Durante la seconda guerra mondiale si prestò attivamente a salvare numerosi ebrei dalla deportazione nei campi di sterminio nazisti. Direttore del Centro di Studi Ortodossi di Parigi, promosse un’intensa attività ecumenica e, durante l’ultima sessione del Concilio Vaticano II, fu invitato a parteciparvi come osservatore dal Segretariato per l’Unità dei Cristiani. Morì a a Meudon, in Francia, il 16 settembre 1970.

François Xavier Nguyên Van Thuân era nato il 17 aprile 1928 a Huê (Viêt Nam). Discendeva da una famiglia di lunga tradizone cristiana, che annoverava nel suo albo genealogico numerosi martiri. Entrato in seminario, vi compì gli studi di filosofia e teologia fino alla sua ordinazione a prete, l’11 giugno 1953. Di ritorno da Roma, dove si era recato per laurearsi in Diritto Canonico, fu prima professore poi rettore del seminario e, dal 1967, vescovo do Nha Trang. Il 24 aprile 1975, Van Thuân venne nominato da Paolo VI Arcivescovo Coadiutore di Saigon (oggi Thành phố Hồ Chí Minh), ma pochi mesi dopo la sua nomina, il 15 agosto 1975, venne arrestato e inviato, senza processo né sentenza, in un “campo di rieducazione”, dove rimase per tredici anni, nove dei quali in isolamento assoluto. Non avendo potuto portare nulla con sé, né libri, né effetti personali, cominciò a raccogliere pezzetti di carta in cui annotava le frasi del Vangelo che ricordava. Furono circa trecento i biglietti che costituirono così la sua personalissima Bibbia, che l’accompagnò in quegli anni. Seppe conquistarsi l’amicizia di due guardie, che gli permisero di tagliare un pezzetto di legno per farsi una croce, e gli diedero un filo elettrico per intrecciare una catenina. Dirà: “Questa Croce è una continua chiamata: amare sempre! Perdonare sempre! Vivere il presente per l’evangelizzazione! Ogni minuto deve essere per l’amore verso Dio”. Scarcerato il 21 novembre 1988 ed espulso dal suo paese, Nguyên Van Thuân si recò in Italia, dove fu nominato Presidente del Pontificio Consiglio “Giustizia e Pace”. Nel Concistoro del 21 febbraio 2001 fu creato cardinale da Giovanni Paolo II. Morì il 16 settembre 2002, all’età di 74 anni.

Quella che è ricordata come la “Notte delle matite spezzate” rappresenta uno degli episodi più crudeli ed emblematici del terrorismo di Stato, inaugurato in Argentina nel 1976. Ebbe luogo a La Plata (Argentina), nella notte del 16 settembre 1976, quando vennero sequestrati sei studenti della Union Estudiantil Secundaria (UES), “colpevoli”, secondo le autorità, della partecipazione alle manifestazioni contro l’abolizione del tesserino che consentiva agli studenti liceali sconti sul prezzo dei libri di testo ed una riduzione del biglietto per l’utilizzo dell’autobus. I sei giovani erano: Francisco López Muntaner, María Claudia Falcone, Claudio de Acha, Horacio Angel Ungaro, Daniel Roberto Racero e María Clara Ciocchini, tutti di un’età compresa tra i sedici e i diciotto anni. Grazie alla testimonianza di un altro giovane sequestrato che sopravvisse, Pablo Diaz, si potè ricostruire, nel processo che seguì la fine della dittatura, le torture subite da loro e da molti altri nelle settimane che precedettero la loro eliminazione violenta: scosse elettriche in tutto il corpo, le unghie strappate, manette ai polsi, una corda al collo, senza possibilità di lavarsi. Le ragazze violentate ogni notte. Senza però disanimare, per l’ansia di vivere, la certezza della libertà, le canzoni e le preghiere. Poi, solo il silenzio.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
1ª Lettera ai Corinzi, cap.12, 12-14. 27-31a; Salmo 100; Vangelo di Luca, cap.7, 11-17.

La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali africane.

È tutto, per stasera. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura un brano di Pavel Evdokimov, tratto dal suo libro “L’amore folle di Dio”. Che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
San Paolo parla della facoltà di vedere se stessi “a il volto scoperto”, indicando in tal modo il giudizio particolare, mentre il giudizio universale sarà la visione completa della totalità umana. Simone Weil afferma con profondità: “Il Padre dei Cieli non giudica… sono gli esseri a giudicarsi davanti a lui”. Secondo i grandi maestri dello spirito, il giudizio consiste in questa rivelazione alla luce dell’amore divino e non della minaccia del castigo. Dio è eternamente identico a se stesso, è amore. “I peccatori nell’inferno non sono privati dell’amore divino”, sostiene sant’Isacco; è lo stesso amore che soggettivamente “diventa sofferenza nei dannati e gioia nei salvati”. Dopo la rivelazione finale, non si potrà più non amare il Cristo; sarà l’indigenza e il vuoto del cuore a rendere incapaci di rispondere all’amore di Dio ed in questo consiste l’indicibile sofferenza dell’inferno. Il Vangelo usa l’immagine della separazione delle pecore dai capri. In realtà non esistono santi perfetti, come pure in ogni peccatore c’è almeno un po’ di bene. Secondo la Lettera ai Romani, la legge condanna insieme il peccato e il peccatore; la sola vittoria della legge sul male consiste nell’annientamento del peccatore. Cristo sulla Croce, invece, ha separato il peccato dal peccatore, ha condannato e distrutto il potere del peccato e ha salvato il peccatore. In questa prospettiva, la nozione di giudizio s’interiorizza, in quanto non è più una separazione tra gli uomini, ma passa all’interno di ogni uomo. In tal modo, anche “la morte seconda” non si riferisce agli esseri umani, ma agli elementi demoniaci di cui sono portatori. L’immagine del “fuoco”, in senso preciso indica purificazione e guarigione piuttosto che tortura e punizione. La spada divina penetra le profondità umane e rivela il fatto che ciò che Dio ha dato in dono non è stato accolto e svela così il vuoto scavato dal rifiuto dell’amore e dalla tragica dissomiglianza tra l’immagine-chiamata e la somiglianza-risposta. Però la complessità dell’intreccio tra bene e male durante la vita terrena, descritta nella parabola del grano e della zizzania (Mt 13, 24-30), rende inutilizzabile qualsiasi nozione giuridica e ci pone dinanzi al maggiore mistero della Sapienza divina, in cui giustizia e misericordia convergono. “Alla sera della nostra vita saremo giudicati sull’amore”, su quanto abbiamo amato sulla terra. (Pavel Nikolaevič Evdokimov, L’amore folle di Dio).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 16 Settembre 2014ultima modifica: 2014-09-16T22:48:27+02:00da fraternidade
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