Giorno per giorno – 05 Luglio 2014

Carissimi,
“Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno” (Mt 9, 15). Intermezzati con la narrazione di dieci episodi di guarigione, che illustrano il principio e le modalità della “liberazione dal male” che si dispiegano là dove sopraggiunge il regno di Dio, l’evangelista presenta, nei due capitoli che stiamo leggendo in questi giorni (capp.8 e 9) altro materiale che caratterizza l’insegnamento e l’attività di Gesù circa le esigenze della vocazione apostolica, il potere della fede, la chiamata dei peccatori al suo seguito e la convivialità con loro, e, nel brano di oggi, una discussione sul significato del digiuno. Il problema è sollevato da un gruppo di discepoli di Giovanni, che si meravigliano del fatto che i seguaci di Gesù, diversamente da loro e dai farisei, non lo pratichino. Anche qui da noi i più anziani ricordano, alcuni con un certo disappunto, i digiuni o anche i “giorni di magro” che si facevano un tempo, e che oggi quasi nessuno osserva più, neppure nei pochi giorni di calendario per i quali la chiesa li suggerisce. Restano forse i fedeli di alcune comunità evangeliche, durante le “campagne” che vengono periodicamente indette. Gesù, nella sua risposta, mostra di non preoccuparsi della pratica religiosa in sé. Ci tiene a che essa sia sempre legata alla vita. In questo caso, menziona lo sposo (che, poi, è Lui), la sua assenza o presenza, per giustificare o meno il digiuno: ora lo sposo è qui, ma verranno giorni in cui sarà tolto. Sì, ci è stato tolto, prima è stato messo in croce (ma è pure risorto), poi è salito al Padre. Eppure aveva anche detto che sarebbe stato con i suoi “tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20). O che, dove due o tre fossero riuniti nel suo nome, egli sarebbe stato in mezzo a loro (cf Mt 18, 20). Dunque, c’è e non c’è. E in qualche modo a deciderlo siamo noi. C’è, attraverso la sua Parola, se e quando le diamo spazio e “carne”, cioè vita, attraverso la nostra testimonianza. C’è attraverso i segni del pane e del vino. Poca cosa, un pezzo di pane, che testimonia il suo significato (corpo tolto, appunto, vita donata), e perciò anche la sua assenza, e un poco di vino, per dire insieme il sangue versato, il dono dello spirito, e l’allegria del sentirsene vivificati e arricchiti, ma anche la vocazione che ci perseguita: esserlo anche noi, pane e vino, per gli altri. Come gli altri – forse non ci pensiamo troppo spesso – lo sono per noi, con le loro doti, il loro ingegno, il loro lavoro, e il più delle volte con lo sfruttamento a cui sono sottoposti, la miseria a cui il sistema li condanna, la vita che gli è tolta. Ecco, digiuno sì, digiuno no, il problema non sta nella formula, l’importante è che non si riduca a sterile atto religioso, ma sia compreso e vissuto nel suo significato di vita che si dà in sobrietà e ringraziamento (vita eucaristica), per rendere presente Gesù in mezzo a noi. Finché vi è, e ci sarà sempre, qualcuno di tolto.

Il nostro calendario ecumenico ci porta oggi la memoria di Mehdi Dibaj e Compagni, pastori evangelici e martiri in Iran. E il ricordo di uno scrittore, appassionato di Cristo: George Bernanos.

Mehdi Dibaj era nato nel 1935 in una ricchissima famiglia musulmana in Iran. Adolescente era diventato cristiano, facendosi battezzare nella Chiesa delle Assemblee di Dio. In seguito aveva studiato da pastore, inaugurando subito dopo il suo ministero missionario. Nel 1979, fu incarcerato una prima volta, per 68 giorni, a causa della sua fede. Nel 1984 fu arrestato nuovamente. Per due anni visse in isolamento, sopportando regolarmente percosse e ripetute esperienze traumatiche di finte esecuzioni. Nel 1988, la moglie, minacciata più volte di morte per lapidazione, chiese ed ottenne il divorzio da Mehdi, per far ritorno alla religione dei padri. La Chiesa si fece carico dell’educazione dei due figli della coppia. Condannato a morte per apostasia il 21 dicembre 1993, Dibaj fu tuttavia improvvisamente rilasciato il 13 gennaio dell’anno seguente. Che le cose comunque non fossero affatto tranquille per la piccola comunità cristiana di quella regione, lo rivelò l’omicidio, pochi giorni dopo, del rev. Haik Hovsepian Mehr, Vescovo delle Assemblee di Dio in Iran, il cui cadavere fu ritrovato a Karaj il 2o gennaio 1994. Mehdi Dibaj tuttavia non si lasciò intimorire e riprese di lena il lavoro per così lungo tempo interrotto, viaggiando per il Paese a incoraggiare i compagni di fede. Il 2 luglio dello stesso anno, fu ritrovato il cadavere del reverendo Tatavous Michaelian, sessantaduenne pastore della chiesa evangelica presbiteriana di Tehran, ucciso a colpi di pistola, dopo essere uscito di casa, senza farvi più ritorno, il 29 giugno precedente. Il 5 luglio 1994 l’Agenzia di notizie di Stato informò del ritrovamento del corpo senza vita del pastore Mehdi Dibaj.

Georges Bernanos era nato a Parigi il 21 febbraio 1888. Durante gli studi in Lettere e Diritto alla Sorbona, divenne militante dell’Action Française, un’organizzazione di estrema destra, di stampo monarchico, che si voleva campione dell’ortodossia cattolica. Vi rimase finché la Chiesa, giudicandola piuttosto eccessiva, pensò bene di scomunicarla. Terminati gli studi, allo scoppio della prima guerra mondiale, il giovane Bernanos venne inviato al fronte, rimase ferito e fu decorato con una croce al merito. Nel 1917 si sposò e divenne ispettore assicurativo. Fu durante i suoi viaggi che comiciò a scrivere il suo primo libro, Sotto il sole di Satana, il cui successo lo convinse a intraprendere la carriera di scrittore. La precarietà delle entrate costrinsero la famiglia Bernanos (la coppia ebbe sei figli) a continui spostamenti. Nel 1934, con il trasferimento a Maiorca, lo scrittore venne a contatto diretto con la tragedia della guerra civile spagnola, i cui orrori, nonché l’appoggio dato al sollevamento franchista dalla gerarchia ecclesiastica, egli denunciò con forza nel suo libro I grandi cimiteri sotto la luna. Allo stesso periodo risale il suo capolavoro, Il Diario di un curato di campagna. Rientrato brevemente in Francia, quando presagì l’affermarsi dell’avventura totalitaria, ne ripartì con destinazione il Paraguay e poi il Brasile, da dove collaborò con le radio alleate in sostegno alla Resistenza. Nel 1945, al rientro in Francia, rifiutò incarichi prestigiosi offertigli da De Gaulle, così come l’ammissione all’Academie française. Nel 1947, si trasferisce con la famiglia in Tunisia, dove compose il Dialogo delle Carmelitane, la sua unica pièce teatrale, ambientata nella rivoluzione francese. Nel giugno del 1948, le condizioni di salute gli imposero di tornare in Francia, per esservi operato, ma un improvviso peggioramento lo portò alla morte, a Neuilly-sur-Seine, presso Parigi, il 5 luglio 1948. Sulla sua tomba fece scrivere questo epitaffio: “Si prega l’angelo trombettiere di suonare forte: il defunto è duro di orecchie”.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Profezia di Amos, cap.9, 11-15; Salmo 85; Vangelo di Matteo, cap.9, 14-17.

La preghiera del Sabato è in comunione con le comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israel.

È tutto, per stasera. Noi ci congediamo qui, offrendovi in lettura un brano di George Bernanos, che troviamo in rete senza ulteriori riferimenti. Ma che ci pare bello e provocante. Ed è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
La Chiesa è effettivamente un movimento, una forza in cammino, mentre tanti devoti e tante devote hanno l’aria di credere o fingono di credere che essa sia solo un riparo, un rifugio, una specie di albergo spirituale donde si può stare comodamente a guardare da dietro i vetri i passanti la gente di fuori, quelli che non stanno a pensione nell’albergo camminare nel fango. Ci sono certamente tra voi alcuni di quegli uomini che stanno al di fuori, i quali si scandalizzano profondamente della sicurezza dei cristiani mediocri: sicurezza che somiglia alla leggendaria sicurezza degli imbecilli, probabilmente perché è la stessa… O Dio, credetemi, non mi faccio tante illusioni sulla sincerità di certi increduli, non condivido tutte le loro lagnanze; so che molti di loro cercano di giustificare la propria mediocrità con la nostra, e nient’altro. Ma non posso fare a meno di amarli; mi sento terribilmente solidale con questa gente che non ha ancora trovato ciò che io ho ricevuto senza averlo meritato, senza averlo neanche chiesto e di cui godo per così dire fin dalla culla e per una specie di privilegio, la cui gratuità mi spaventa. (George Bernanos)

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 05 Luglio 2014ultima modifica: 2014-07-05T22:07:29+02:00da fraternidade
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