Giorno per giorno – 28 Settembre 2013

Carissimi,

“Mentre tutti erano sbalorditi per tutte le cose che faceva, Gesù disse ai suoi discepoli: Mettetevi bene in mente queste parole: il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini” (Lc 9, 43-44). Stasera a casa di dona Jane ci chiedevamo: chi è che consegna il Figlio?  Nel vangelo di Giovanni è scritto: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito” (Gv 3, 16); in seguito, Gesù affermerà: “La mia vita, nessuno me la toglie, ma io la offro da me stesso” (Gv 10, 18). Ma nel racconto della Cena è detto: “Gesù si commosse profondamente e dichiarò: In verità, in verità vi dico: uno di voi mi consegnerà” (Gv 13, 21). Materialmente, sembra dunque essere Giuda l’autore della consegna, in realtà, a scriverla, era stato Dio, e a viverla, in prima persona, lo stesso Gesù. Quindi, Giuda, anche il Giuda che è in noi, arriva sempre in ritardo, lui non consegna un bel nulla, perché Gesù si è già donato, e il Padre in Lui. Quella di Gesù dovrebbe essere la storia di ciascuno di noi, perché nel nostro Dna c’è scritto “vita donata”, e quando noi vogliamo trattenerla per noi, viverla per noi, commettiamo per così dire il più vero peccato contro natura, quello che ce la fa perdere. Perché una vita non donata è, inevitabilmente, una vita perduta. E, se non fosse per Lui, lo sarebbe per sempre. Ma, appunto, c’è Lui che ci pensa a salvarla. Noi ce ne dovremmo solo accorgere. Apprendendo, così, ad agire di conseguenza.

Il nostro calendario ecumenico ci porta la memoria di un martire dei nostri tempi: il Pastore Mohammad Bagher Yusefi, delle Assemblee di Dio dell’Iran, e di Giovanni Paolo I, papa umile.

28 Mohammad Bagher Yusefi.jpgNato nel 1962 in una famiglia musulmana, Mohammad Yusefi era diventato cristiano ancora giovane, impegnandosi da subito, in una realtà oggettivamente difficile e ostile, ad annunciare e testimoniare la Buona Notizia di Gesù. Quando divenne pastore della sua Chiesa,  colpì tutti per la sua mitezza e umiltà e la gente prese a chiamarlo Ravanbakhsh, che in persiano significa “colui che dà animo”.  La mattina del 28 settembre 1996, uscì di casa alle sei, per recarsi alla preghiera. Non vi fece più ritorno. Lo ritrovarono morto in una foresta nei pressi della sua città, Sari, capitale della provincia iraniana di Mazandaran. Mohammad Yusefi, oltre ai suoi due figli, Ramsina (9 anni) e Stephen (7 anni),  aveva cresciuto due figli del Rev. Mehdi Dibaj, un altro pastore cristiano, imprigionato per nove anni e ucciso, poco dopo la scarcerazione,  in circostanze analoghe, per essersi rifiutato di rinnegare la fede cristiana. La moglie di Mohammad, Akhtar, anch’essa di origine musulmana, era divenuta cristiana ai tempi del Rev. Hossein Soodmand, martirizzato nel 1990. Si tratta, dunque, di una piccola chiesa martire, che speriamo sappia produrre frutti di perdono, speranza e riconciliazione per tutti.

28 Giovanni Paolo I.jpgAlbino Luciani era nato il 17 ottobre 1912,  a Forno di Canale (oggi, Canale d’Agordo), in provincia di Belluno, da Giovanni Luciani e Bortola Tancon. Entrato in seminario nel 1923, fu ordinato prete nel 1935. Il 15 dicembre 1958, Giovanni XXIII lo nominò vescovo di Vittorio Veneto, consacrandolo il 27 dicembre dello stesso anno. Prese parte a tutte le sessioni del Concilio Vaticano II. Eletto patriarca di Venezia, vi fece il suo ingresso l’8 febbraio 1970.  il 26 agosto 1978, nel secondo giorno del conclave che seguì alla morte di Paolo VI, fu eletto papa, con voto quasi unanime, e scelse il nome di Giovanni Paolo I.  Morì il 28 settembre 1978, dopo soli trentatre giorni di pontificato. Un periodo breve, brevissimo, ma sufficiente per sorprendere quanti, dal personaggio che conoscevano, non s’aspettavano probabilmente grosse innovazioni. Tra i temi che intendeva porre all’ordine del giorno del suo ministero c’erano quelli della ripresa coraggiosa del cammino ecumenico, della valorizzazione della collegialità dei vescovi, della presenza della donna nella società civile e nella vita ecclesiale, della denuncia decisa dello scandalo della povertà nel mondo, della riforma della curia romana. Ebbe solo il tempo di offrirci uno stile un po’ diverso di essere papa, semplice, accogliente, umile. Per non far torto al motto che aveva scelto: “Humilitas”.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Profezia di Zaccaria, cap.2, 5-9. 14-15a; Ger 31, 10-13; Vangelo di Luca, cap.9, 43b-45.

La preghiera del sabato è in comunione con le comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israel.

Pare che, lì da voi, si sia arrivati all’epilogo, per altro scontato, dello spettacolo, impensabile in qualsiasi paese democratico, di un governo che, dal giorno del suo già anomalo insediamento, è vissuto (o ha languito),  sotto ricatto, reso ostaggio di chi, per ventanni, aveva già piegato, con ogni strumento, legale e illegale, la politica agli interessi suoi e delle sue aziende. E che sembrava deciso a voler provare al mondo che la giustizia non può essere uguale per tutti. A costo di trascinare un intero paese nel fango. Auguri, Italia.

E, per stasera, è tutto. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura un brano del discorso tenuto da Giovanni Paolo I, in Vaticano, durante l’udienza  generale del 13 settembre 1978. Ed è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO

È madre anche la Chiesa. Se è continuatrice di Cristo e Cristo è buono, anche la Chiesa deve essere buona; buona verso tutti; ma se per caso, qualche volta ci fossero nella Chiesa dei cattivi? Noi ce l’abbiamo, la mamma. Se la mamma è malata, se mia madre per caso diventasse zoppa, io le voglio più bene ancora. Lo stesso, nella Chiesa: se ci sono, e ci sono, dei difetti e delle mancanze, non deve mai venire meno il nostro affetto verso la Chiesa. Ieri, mi hanno mandato il numero di “Città Nuova”; ho visto che hanno riportato, registrandolo, un mio brevissimo discorso, con un episodio. Un certo predicatore Mac Nabb, inglese, parlando ad Hyde Park, aveva parlato della Chiesa. Finito, uno domanda la parola e dice: “Belle parole le sue. Però io conosco qualche prete cattolico, che non è stato coi poveri e si è fatto ricco. Conosco anche dei coniugi cattolici che hanno tradito la loro moglie; non mi piace questa Chiesa fatta di peccatori”. Il prete ha detto: “Ha un po’ ragione, ma posso fare un’obiezione?”, “Sentiamo”. Dice: “Scusa, ma sbaglio oppure il colletto della tua camicia è un po’ unto?”, Dice l’altro: “Sì, lo riconosco”. “Ma è unto, perché non hai adoperato il sapone, o perché hai adoperato il sapone e non è giovato a niente?”. “No, dice, non ho adoperato il sapone”. Ecco. Anche la Chiesa cattolica ha del sapone straordinario: vangelo, sacramenti, preghiera. Il vangelo letto e vissuto, i sacramenti celebrati nella dovuta maniera, la preghiera ben usata, sarebbero un sapone meraviglioso capace di farci tutti santi. Non siamo tutti santi, perché non abbiamo adoperato abbastanza questo sapone. Vediamo di corrispondere alle speranze dei Papi che hanno indetto e applicato il Concilio, Papa Giovanni, Papa Paolo. Cerchiamo di migliorare la Chiesa, diventando noi più buoni. Ciascuno di noi e tutta la Chiesa potrebbe recitare la preghiera ch’io sono solito recitare: Signore, prendimi come sono, con i miei difetti, con le mie mancanze, ma fammi diventare come tu mi desideri. (Giovanni Paolo I, Udienza Generale 13 settembre 1978).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 28 Settembre 2013ultima modifica: 2013-09-28T22:09:00+02:00da fraternidade
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