Giorno per giorno – 25 Ottobre 2012

Carissimi,

“Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso! C’è un battesimo che devo ricevere; e come sono angosciato, finché non sia compiuto!” (Lc 12, 49-50). Lui è venti secoli che continua a ripeterlo e spera di trovare in ogni generazione chi sappia sentirsi contagiato dalla sua stessa passione e angoscia, perché la fiamma dell’annuncio e della testimonianza del vangelo (“che tutti abbiano vita in abbondanza!”) divampi ovunque. Dando per scontato che questo suscita, in ogni tempo, nei Poteri, e in chi vi è succube, ripulsa, avversione e odio nei confronti dei discepoli, e finisce per tradursi nella loro partecipazione al suo destino di morte. Che, poi, è ciò che Lui chiama il suo battesimo. Ora, di cosa è fatta la nostra vita di chiesa? E quella di noi come credenti? Di quali passioni e di quali angoscie ci facciamo carico? Come si traduce nelle nostre scelte (economiche, politiche, religiose) il supremo anelito del Gesù (cioè, del Dio), in cui diciamo di credere: “Che tutti abbiano vita in abbondanza”?  Tutti. Vita. Abbondanza. Pensiamo, forse, di potercela cavare, come Caino, con un “Sono forse io il custode di mio fratello?” (Gen 4, 9).

 

Oggi facciamo memoria di Henri Perrin, preteoperaio, e di Antonio Llidó, prete al servizio degli ultimi, martire in Cile.

 

25 Pretioperai 0.jpgNato il 13 aprile 1914, Henri Perrin fece parte del gruppo di giovani preti che, durante la II Guerra mondiale, scelsero di accompagnare i lavoratori francesi inviati a lavorare nelle fabbriche tedesche. Lì, lavorò con i suoi connazionali, operando nello stesso tempo come cappellano clandestino. Scoperto, fu imprigionato per un breve periodo e poi rimpatriato.  L’esperienza tuttavia lo segnò irreversibilmente. Scoprì infatti la distanza che separava la chiesa dalla classe lavoratrice e, presto, con altri preti che la pensavano uguale, decise che era ora di restituire la chiesa ai poveri e i poveri alla chiesa. Nacque così, nel 1947, con l’approvazione dei vescovi francesi, l’esperimento dei preti-operai. Perrin fu assunto in una fabbrica di plastica. Non rivelò subito la sua identità. Quando comunque i compagni seppero che era prete, la sua maniera d’essere ne aveva già conquistato rispetto, simpatia e cameratismo.  Non sarebbe durata a lungo. Il Vaticano nel 1949 emise un decreto che condannava l’adesione dei cattolici ai partiti comunisti e alle organizzazioni ritenute fiancheggiatrici, compresi i sindacati. I vescovi francesi, finché poterono,  tergiversarono. Si rendevano infatti conto dell’importanza che la figura dei pretioperai rivestiva nel processo di evangelizzazione del mondo del lavoro e di ri-evangelizzazione della stessa chiesa. E sapevano che non c’era verso di stare in quel mondo, senza assumerne le lotte e gli strumenti organizzativi. Tuttavia, all’inizio del 1954, le insistenti pressioni di Roma posero fine all’esperimento. Molti obbedirono e lasciarono le fabbriche, altri ritennero questo passo un tradimento dei poveri e del Vangelo. Restarono e subirono i provvedimenti  ecclesiastici. Lui, il nostro prete, amareggiato, deluso, indignato, non ebbe neppure tempo di decidere. Morì in un incidente di moto, poco più che quarantenne, il 25 ottobre dello stesso anno. Poi sarebbe arrivato il Concilio Vaticano II.  E le stagioni successive.  

 

25 Antonio Llidó 02.jpgAntonio Llidó era nato a  Xábia (Alicante, Spagna), il 29 aprile 1936. Terminati gli studi di Magistero, entrò in seminario nel 1957 e fu ordinato prete nel 1963. I villaggi alicantini di Quatretondeta e Balones (settecento anime in tutto) furono la sua prima destinazione. Lì, con l’aiuto di un maestro e di un gruppo di giovani universitari, elaborò uno straordinario progetto sociale, pedagogico e pastorale, che permise di accompagnare negli studi quaranta ragazzi senza futuro fino alla soglia dell’università. Nel 1967, per aver rifiutato di votare all’ennesimo referendum franchista e dopo aver firmato un manifesto di protesta contro la repressione degli studenti antifascisti, venne mandato per castigo dal suo vescovo come cappelano all’ospedale della marina militare, a El Ferrol. Naturalmente non durò molto. Nel 1969, decise di partire missionario per il Cile, stabilendosi nella città di Quillota, nella diocesi di Valparaiso, dove gli fu affidata la cura della chiesa della Madonna degli Abbandonati e della Medaglia Miracolosa. Conobbe livelli di miseria che gli parvero intollerabili. Scoprì che in una baraccopoli di sole dieci case abitavano 115 bambini. Con un confratello organizzò una manifestazione di protesta contro la costruzione di una nuova palestra in un esclusivo collegio marista della città, che doveva sorgere a poche centinaia di metri da un’altra palestra di un altrettanto esclusivo istituto religioso. Questo gli procurò naturalmente l’inimicizia dei religiosi e del vescovo locale. Era solo l’inizio del suo impegno a fianco dei poveri e delle forze politiche che ne portavano avanti le aspirazioni. Il vescovo gli impose di far ritorno in Spagna, ma Llidó non potè accettare di abbandonare i già abbandonati da tutti. Questa fedeltà gli costò la sospensione a divinis. L’11 settembre 1973, un sanguinoso golpe militare pose precocemente fine al governo di Unità popolare di Salvador Allende, che aveva sollevato tante speranze, e Llidó entrò in clandestinità. Il 1º Ottobre 1974 venne scoperto e arrestato da agenti della DINA, la famigerata polizia segreta di Pinochet. Secondo le testimonianze raccolte, benché ripetutamente torturato, riuscì a mantenersi saldo e imperturbabile, continuando a infondere coraggio agli altri detenuti. Se ne persero definitivamente le tracce il 25 ottobre dello stesso anno, quando la polizia segreta lo prelevò dal carcere di Quatro Álamos,  senza destinazione conosciuta.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da

Lettera agli Efesini, cap.3, 14-21; Salmo 33; Vangelo di Luca, cap.12, 49-53.

 

La preghera del giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene.

 

Dalla rivista Pretioperai n.95-96 (2012) riprendiamo una pagina de “Il Vangelo delle meraviglie. Commento a Marco” (Cittadella) di Aldo Bodrato. A partire dalla “confessione di Pietro” e dal fraintendimento che essa non manca di manifestare,  segnala la tentazione che accompagna, da allora, “la professione di fede, fin nei vertici della comunità apostolica”. E che attraversa tutta la storia della chiesa. Ed anche la nostra. È questo, per oggi, il nostro  

 

PENSIERO DEL GIORNO

Confessare che Gesù è il Messia, l’Unto di Dio, la Primizia del Regno, non è conoscere fi­no in fondo la sua verità, non è ancora rendere presente il Regno di salvezza, di libertà e di pa­ce, se non si è disposti ad accettarne le conseguenze, vale a dire il rifiuto dei potenti della storia, l’incomprensione del popolo e il martirio. Confessare la cristicità di Gesù, come cristicità gloriosa e non crocefissa, è l’ultima mani­polazione satanica dell’agire di Dio nella storia, perché chi così la esprime non la pensa “secon­do Dio, ma secondo gli uomini”, non si fa cari­co della sequela come spogliazione, ma intende il Regno come potere e dominio, secondo “il lievito dei Farisei e di Erode” (Mc 8,15). Per questo Pietro, primo tra i chiamati (Mc 1,16) e tra i Dodici (Mc 3,16), primo anche nel ri­conoscere Gesù (Mc 8,29), è trattato esplicitamente da Satana, quando rimprovera Gesù per aver parlato di fallimento e di morte; e per questo Marco, ancora una volta lui solo tra gli evange­listi con Matteo che lo ripete e lo attenua (Mt 16,13-23), sottolinea che questa tentazione è operante fin dal principio della professione di fede, fin nei vertici della comunità apostolica. Il cristianesimo può essere vissuto, da sempre, non nell’ottica della divina sequela chenotica e del servizio, ma in quella satanica del po­tere e del dominio. Il Gesù di Marco lo sa e lo denuncia e, dopo averlo denunciato, tenta an­che di porvi un argine esortando le folle e i di­scepoli a seguirlo, a rinnegare se stessi e a pren­dere la propria croce. Infatti la salvezza non sta nel “guadagnare il mondo intero” o nel cercare di salvare se stessi. […] Marco non prevedeva che sarebbe stato lasciato tanto tempo alle pos­sibilità di fraintendimento e di tradimento del vangelo. Se lo avesse previsto sarebbe forse sta­to preso dallo scoraggiamento o, forse, con Matteo e Luca avrebbe moltiplicato le esorta­zioni di Gesù alla perseveranza, ma non credo che le avrebbe rese più forti. Già nel breve arco di una generazione aveva, infatti, sperimentato e l’infedeltà e l’abiura e il fraintendimento, e le aveva sperimentate non come eccezione, ma come norma del discepolato. Se la fede è un dono, se è un dono la capaci­tà di capire il mistero, anche l’incapacità di cre­dere e di comprendere è coessenziale alla gra­zia, anche il fraintendere e il tradire. Forse non si può essere cristiani che come Pietro, coscien­ti delle proprie tendenze sataniche, feriti dall’e­sperienza della propria infedeltà. (Aldo Bodrato, Il dono dell’incomprensione).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 25 Ottobre 2012ultima modifica: 2012-10-25T22:14:00+02:00da fraternidade
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