Giorno per giorno – 22 Ottobre 2012

Carissimi,

“Uno della folla disse a Gesù: Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità. Ma egli rispose: O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi? E disse loro: Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende dai suoi beni” (Lc 12, 13-15). No, non dev’essere proprio vero che i tempi andati fossero migliori dei nostri. La Bibbia, nonché il Vangelo di questo giorno, registrano che le cose che succedono oggi succedevano anche ieri (e, qualche volta, anche peggio). Come, nel caso specifico, dei fratelli che litigano per un’eredità. Magari anche solo piccola, come una casetta costruita a fatica, negli anni, su un terreno impervio, pietra dopo pietra, mattone dopo mattone, e il lavoro prestato dagli amici, le lunghe interruzioni necessarie per acquisire il materiale che è venuto a mancare. Tutto in vista dei figli, perché “non passino ciò che si è passato noi ed abbiano  almeno un pezzo di terra e un tetto da cui non si possa essere allontanati con un pretesto qualsiasi”. E, però, succede che, venuti meno i genitori, il pretesto se lo creino i figli. A questo si riduce qualche volta l’amore tra fratelli. Che tradiscono così il dono e la memoria dei padri. Gesù che, dal canto suo, ha un’altra idea dei vincoli fraterni, della loro estensione e della responsabilità che esigono, resta spiazzato  dalla domanda di quel tale e gli risponde piuttosto seccato. Ora, se noi abbiamo accettato di porci alla sequela di Gesù, sappiamo che egli non ha ricette pronte per i problemi che l’accumulo dei beni comporta nelle relazioni tra fratelli (come tutti siamo). La legge mosaica le forniva, ma è dubbio siano state mai applicate. Sappiamo, però, che ci ha offerto un criterio di giudizio, e perciò un orientamento chiaro per le nostre scelte di natura economica, politica, sociale. Come semplici credenti e come comunità e chiese. E lo ha fatto, mettendoci in guardia da quella cupidigia che consiste nell’ “accumulare tesori per sé e nel non arricchire davanti a Dio” (cf v. 21). In che cosa consista l’arricchire davanti a Dio, avrà modo di spiegarlo più avanti nello stesso vangelo: “Vendi tutto quello che hai, distribuiscilo ai poveri e avrai un tesoro nei cieli” (Lc 18, 22). Logica della condivisione contro logica dell’accumulazione. Noi, da quale delle due ci lasciamo prevalentemente guidare?

 

Oggi il calendario ci porta la memoria di Hadewijch di Anversa, mistica del Tredicesimo secolo; e quella di Nervardo Fernández, Luz Stella Vargas, Carlos Páez e Salvador Ninco, martiri della lotta in appoggio alle rivendicazioni indigene in Colombia.

 

22 Hadewijch di Anversa.jpgIl poco che si sa di Hadewijch, lo si deduce dai suoi scritti. Originaria della regione di Anversa, nelle Fiandre, visse nel Tredicesimo secolo e prese parte al movimento delle beghine, sorto in quegli anni e formato da donne che, rifiutando il matrimonio, vivevano lo spirito e la parola dell’Evangelo in libere comunità femminili, caratterizzate dalla semplicità di vita, la condivisione dei beni, il lavoro, la preghiera e la pratica delle opere di misericordia, senza tuttavia che ciò comportasse l’assunzione dei voti religiosi. Nella comunità di cui faceva parte, Hadewijch ricoprì probabilmente per un certo tempo funzioni di direzione spirituale, fino a quando, non ne sappiamo il motivo,  se ne dovette allontanare. Questo non le impedì di mantenere i contatti con le antiche figlie spirituali, secondo quanto ci è testimoniato dalle numerose lettere a loro indirizzate. Di lei ci restano anche numerose poesie e descrizioni di visioni. In ogni suo testo risalta e si evidenzia la centralità dell’amore di Dio.

 

22 NERVARDO FERNANDEZ.jpgNervardo e Luz Stella erano giovani militanti cristiani, artisti di teatro e della canzone popolare. Vivevano a Neiva, nel dipartimento di Huila (Colombia). Carlos e Salvador erano leader della Comunità indigena Caguán Dujos. La vita di Nervardo fu segnata dalla ricerca appassionata di Dio e del servizio disinteressato e generoso ai fratelli più poveri. Avrebbe voluto essere frate francescano, ma le condizioni di salute glielo avevano impedito. Fu ugualmente francescano tra la gente, vivendo in semplicità, dispensando allegria, offrendo le sue canzoni e il suo repertorio teatrale. Luz Stella aveva due passioni: il teatro e l’organizzazione popolare. Carlos e Salvador erano invece impegnati, assieme alle venticinque famiglie della loro Comunità, nella difesa della loro terra, su cui avevano messo gli occhi i Lara Perdomo, una famiglia di latifondisti della regione. Che aveva addirittura già imposto una data per lo sgombero: il 15 gennaio successivo. Per evitare di arrivarci impreparati, la comunità aveva delegato i quattro a prendere contatto con altre comunità della regione che affrontavano conflitti analoghi. La mattina del 22 ottobre 1988 si erano incontrati a Campoalegre, da cui avrebbero dovuto proseguire in autobus fino a Rosales. La fermata dell’autobus si trovava a mezzo isolato dal posto di polizia. I quattro non presero mai l’autobus, né arrivarono a Rosales. Quando gli indigeni si recarono al posto di polizia a chiedere notizie degli scomparsi, si sentirono rispondere che c’era nessuna segnalazione al riguardo. Solo la domenica 26, un contadino ne scoprì i corpi in un fossato. Tutti presentavano ustioni da acido e fori di proiettili. A Luz Stella erano stati tagliati i piedi.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Lettera agli Efesini, cap.2, 1-10; Salmo 100; Vangelo di Luca, cap.12, 13-21.

 

La preghiera di questo lunedì è in comunione con le grandi religioni  dell’India: Vishnuismo, Shivaismo, Shaktismo.

 

Per stasera, è tutto. Noi ci si congeda qui, lasciandovi ad una citazione si Hadewijch, tratta dalle sue “Lettres spirituelles”. Che è, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Ricordati di quello che dice il profeta Abdia: La casa di Giacobbe sarà un fuoco e la casa di Giuseppe una fiamma, la casa di Esaú sarà come paglia (Abd 18). Giacobbe rappresenta qualsiasi amante vincitore; in virtù dell’amore egli riporta vittoria su Dio e gli strappa la grazia di essere considerato come il vinto. Dopo aver cosi conquistato la sua disfatta, l’amante riceve la benedizione. Può allora aiutare altre anime a lasciarsi vincere da Dio. Ma occorre che esse non si tengano saldamente sui loro due piedi, altrimenti non saranno abbastanza vulnerabili per lasciarsi vincere da Dio. Giacobbe fu infatti ferito nella lotta con Dio e divenne sciancato; grazie a quella sconfitta che lo rese infermo, egli costrinse l’angelo a benedirlo. Chiunque vuole lottare con Dio, deve ottenere di essere vinto da lui, deve accettare di rimanere leso da una parte; questo lato zoppicante rappresenta la perdita del nostro attaccamento a tutto quello che non è Dio. Chiunque non ama Dio sopra ogni cosa e non è unito a lui nell’unica benedizione, cammina ancora su due piedi, non è vinto e non può gustare la grazia di questa sconfitta. Occorre che tu sappia rinunciarti cosi totalmente e semplicemente da ardere d’un fuoco purissimo nel tuo fondo. Questo fuoco deve invadere il tuo essere e il tuo agire al punto che il niente sia per te davvero niente e Dio solo ti importi; né piacere, né pena, né favore, né fatica abbiano più interesse per te. Pervenuto a questo stato costante, sarai il fuoco della casa di Giacobbe, di cui parla Abdia. Il testo del profeta continua dicendo che la casa di Giuseppe deve essere una fiamma. Come Giuseppe fu salvatore e giudice dei suoi fratelli, cosi tutte le anime, identificate con Giuseppe, devono proteggere e guidare chi ancora conduce una vita segnata da stenti e pene estranee all’amore. Quando il fuoco di una vita unificata arderà in te, infiammerai le anime dei tuoi fratelli e le illuminerai con il fuoco di un’ardente carità. La casa di Esaù designa quelli che sono ancora estranei a Dio. Essi sono paglia e prendono fuoco in un batter d’occhio. Perciò, appena tu avvamperai, l’incendio si propagherà negli altri. Ti spetta il compito d’incendiare questa paglia mediante il tuo esempio, il tuo modo di essere, i tuoi ordini, i tuoi consigli, le tue interdizioni. L’amore fervente che ti anima deve guidare i passi dei tuoi fratelli, perché essi amino Dio in Dio, e pratichino per Dio solo opere buone e autentiche virtù. Pensa a quello che dice san Paolo: “Vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo” (Tt 2,12). (Hadewijch, Lettres spirituelles, XII).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 22 Ottobre 2012ultima modifica: 2012-10-22T23:39:00+02:00da fraternidade
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