Giorno per giorno – 25 Luglio 2011

Carissimi,

“Voi sapete che i governanti delle nazioni dóminano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” (Mt 20, 25-28). È la risposta di Gesù alla richiesta di due dei discepoli della prima ora, coloro che gli erano più vicini, Giacomo e Giovanni (del primo di essi celebriamo oggi la memoria). La richiesta giungeva alla fine di un lungo periodo di ammaestramento, quando ormai già si profilava la fine, addirittura subito dopo l’annuncio che Gesù fa del suo arresto e della sua morte imminente. Sordi, dovevano essere sordi. Ammaliati dalla possibilità di un altro finale della storia. Quello della conquista del potere. Ed è questo, un po’ di potere, che chiedono. Senza magari neppure porsi il problema dei suoi contenuti, in cosa potrà consistere il suo esercizio. Loro sono gente semplice e ingenua, senza malvagità e inganno. Forse si accontentano del potere nella sua forma più infantile: quella della sua esibizione, che travesta la loro povertà. Capace di celare ai propri occhi, prima ancora che a quegli degli altri, la nudità, la vergogna della propria origine. Come una divisa e le stellette, o una tonaca, un saio, o, meglio ancora, qualche paramento dorato, un piviale, una mitria, un anello. O, chissà, un vestito da sposa. Fosse solo per un giorno. Loro se lo vedevano, Gesù, che pure era figlio di operai, insediato al potere, in trono, bello e sfolgorante come un imperatore. Del resto, era o no, il messia? E cosa potevano desiderare due poveri pescatori come loro, se non anche solo due scranni, uno alla sua destra e l’altro alla sua sinistra, e la loro madre, giù di sotto, tra la folla, a dar di gomito alla vicina e vantarsi tutta e dire: sa, sono i  miei figli! Gesù capisce queste umili ambizioni, ma non può concedere nulla neanche su questo piano. Lui e il regno sono un’altra cosa. Ed è su quest’altra cosa che non cessa di convocarci: servire, ma per davvero. Senza darlo a vedere. E, se occorre, dare la vita. Ma, noi si preferisce continuare a pensare che sia solo per dire.    

 

Oggi, il calendario ci porta le memorie di Giacomo figlio di Zebedeo, apostolo; di Tommaso da Kempis, maestro spirituale; e di Jose Othmaro Caceres e 13 compagni, martiri in El Salvador.

 

25 San Giacomo.jpgGiacomo, figlio di Zebedeo e di Salomè, fratello di Giovanni, fu chiamato con quest’ultimo al seguito di Gesù, mentre stavano nella barca da pesca con il padre. Si deve forse al carattere impulsivo dei due fratelli il soprannome che si guadagnarono di “figli del tuono”. E questo contribuisce a renderceli simpatici! Lui, Giovanni e Simon Pietro formavano il gruppo degli amici più stretti di Gesù, presenti nei momenti cruciali del suo ministero (Mt 17,1; 26,37; Mc 5, 37; 13, 33). Come e forse più degli altri discepoli, anche Giacomo e Giovanni non avevano capito bene la missione di Gesù, e il Vangelo ci testimonia qualche loro ambizione di troppo (cf Mc 10, 35 ss), che il Maestro fu costretto a  censurare. Ma, devono aver appreso la lezione. Giacomo sarà il primo degli apostoli a subire il martirio, sotto Erode Agrippa, nel 42 d.C. (cf At 12,2). Giovanni, secondo la tradizione, sarà invece l’ultimo a morire, sul finire del I secolo.

 

25 Thomas_Kempis.jpgThomas Hammerken (più noto come Tommaso da Kempis) nacque, verso il 1380, a Kempen, cittadina situata tra Krefeld and Venlo, sul confine tedesco-olandese, secondogenito del fabbroferraio Johann Hemerken e di Gertrud Kuyt. Educato nella scuola dei Fratelli della Vita comune, entrò, nel 1399, nel monastero agostiniano di Agnetenberg, nei pressi di Zwolle (Olanda), da poco fondato e di cui era priore il fratello maggiore, Johann. Nel 1406 cominciò il suo noviziato e il 12 aprile 1412 fu ordinato sacerdote. Salvo un breve periodo, tra il 1429 e 1432 (in cui l’intera comunità dovette trasferirsi), Thomas non lasciò mai il convento, dove si dedicò alla stesura di testi spirituali, che avrebbero segnato la sua epoca e quelle successive, e dove morì, più che novantenne, il 25 luglio 1471.

 

25 JOSE OTHMARO CACERES.jpgJosé Othmaro era seminarista ed era appena tornato da Guadalajara, in Messico, dove studiava. Aspettava il giorno della sua ordinazione sacerdotale. La mattina del 25 luglio 1980 si riunì con alcuni amici nella cappella in costruzione nel cantón Platanares di Suchitoto, dipartimento di Cuscatlán, a 47 chilometri da San Salvador. Volevano mostrargli lo stato di avanzamento dei lavori. In quel momento giunsero sul posto quattro camion carichi di guardie nazionali, di soldati e di integranti della “difesa civile”. Furono tutti assassinati a colpi di arma da fuoco. Al cadavere di Othmaro staccarono la testa a colpi di machete.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono propri della memoria dell’Apostolo Giacomo  e sono tratti da:

2ª Lettera ai Corinzi, cap.4, 7-15; Salmo 126; Vangelo di Matteo, cap.20, 20-28.

 

La preghiera di questo lunedì è in comunione con le grandi religioni dell’India, Vishnuismo, Shivaismo, Shaktismo.

 

Anche, quest’anno, come sempre, nell’anniversario della fondazione della città, Goiás torna ad essere, per tre giorni, la capitale del nostro Stato, com’era prima del 1937, quando passò la staffetta a Goiânia, creata ad hoc quattro anni prima. Beh, crediamo di aver proprio bisogno di auguri. Che ci portino fuori da questa interminabile stagnazione economica e dall’immobilismo politico che la esprime bene.

 

Per stasera è tutto. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura il brano di un’omelia di Beda il Venerabile (VII sec.), sulla festività odierna. Che è, per oggi, il nostro

 

Pensiero del giorno

La semplicità tinta d’affetto e di fiducia, con cui i figli di Zebedeo chiedono di sedere accanto al Signore nel suo Regno, è certo degna di lode. Tuttavia sarebbe stato meglio che, coscienti della loro fragilità, essi avessero avuto la saggia umiltà di dire: Per me stare sulla soglia della casa del mio Dio è meglio che abitare nelle tende degli empi (Sal 83, 11). Non sanno quello che chiedono nel reclamare dal Signore l’eccellenza del premio prima di aver fornito la perfezione delle opere. Ma il divino Maestro insinua loro ciò che va cercato in priorità, rammentando che la strada della fatica è l’unico percorso che sfocia nel relativo compenso. Egli dice loro: Potete bere il calice che io sto per bere ? (Mt 20,22). Il calice simboleggia le amarezze della passione. I giusti d’ogni tempo possono condividere le sofferenze del Signore, perché queste continuamente riaffiorano nella crudeltà dei miscredenti. Ogni uomo che le accetti con umiltà, con pazienza, persino con gioia a causa di Cristo, regnerà in alto con lui. Anche noi, cari fratelli, possiamo ricevere il calice di salvezza e ottenere la palma del martirio, pur senza soffrire catene, supplizi, carcere e persecuzione per la giustizia. Basterà trattare duramente il nostro corpo e tenerlo sottomesso, pregare Dio con cuore umile e pentito; basterà sopportare serenamente le offese del prossimo, amare chi non ci vuol bene, mostrarsi buoni con chi ci tratta male, impegnandoci a pregare per la loro vita e la loro salvezza. In una parola, rivestiamoci di pazienza e orniamoci del frutto di buone opere. Seguiamo il consigio dell’Apostolo che ci esorta a offrire i nostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio ( Rm 12.1 ) Se vivremo cosi, Dio ci ricompenserà, elargendoci la gloria riservata a coloro che per Cristo consegnarono le proprie membra al martirio. Allora la nostra vita sarà preziosa agli occhi del Signore quanto la morte dei martiri. E quando i legami della carne si scioglieranno, meriteremo di entrare nelle dimore della Gerusalemme celeste. Là, insieme con i cori dei beati, renderemo grazie al nostro Redentore che vive e regna con il Padre, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen. (Beda il Venerabile, In Natale sancti lacobi apostoli, Lib.II, hom.18).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 25 Luglio 2011ultima modifica: 2011-07-25T22:29:00+02:00da fraternidade
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