Giorno per giorno – 28 Giugno 2011

Carissimi,

“Essendo poi Gesù salito sulla barca, i suoi discepoli lo seguirono. Ed ecco, avvenne nel mare un grande sconvolgimento, tanto che la barca era coperta dalle onde; ma egli dormiva. Allora si accostarono a lui e lo svegliarono, dicendo: Salvaci, Signore, siamo perduti!” (Mt 8, 23-25). Il problema si pone ai discepoli, che hanno deciso di seguirlo sulla barca. Se ne fossero stati a casa, o in una barca senza di Lui, tempesta o no, tutto sarebbe rientrato nel prevedibile ordine delle cose. Da che mondo è mondo, si susseguono tempeste e bonacce. Quella, però, è la tempesta che si riversa sulla barca che porta Lui e quelli al suo seguito. E Lui è la rivelazione del Padre. E come è che si mette a dormire, proprio quando se ne ha bisogno? È scandaloso questo sonno di Gesù. Lo è giá nei piccoli ma pur sempre drammatici eventi della vita delle nostre famiglie, figuriamoci quanto lo è nelle tragedie su vasta scala! Lo è di fronte a una morte naturale, e quanto di più lo è nel caso di decine, centinaia, migliaia di morti violente. Quando sembra di avere tutti contro, le potenze umane (il mare) e quelle divine (i cieli). E l’Abba dov’è? Valdecí, stasera, ci diceva: cosa sarebbe della mia vita, se non ci fosse la comunità? È lei che mi ha messo la Bibbia tra le mani. Ed è così che so come Dio agisce in mezzo a noi e attraverso noi. E dona Dominga, la madre di Ditinha,  aggiungeva: come potrei andare avanti se non ci fosse Lui? Certo Lui può sembrare che dorma, non se ne sta lì, pronto con la bacchetta magica, non ci offre soluzioni miracolistiche, non risuscita i morti, nè necessariamente guarisce i malati, o, ad altri livelli, non fa venire meno odi, violenze e persecuzioni, ma sapere che Lui è lì è ciò che ci permette di andare avanti, fino a raggiungere ogni volta la riva. Preoccupante non è il suo sonno, è invece il nostro. Di questo Gesù rimprovererà i discepoli, nell’imminenza del suo arresto: “Non siete stati capaci di vegliare un’ora sola con me?” (Mt 26, 40). E si rivolge a una chiesa incapace di vegliare, con Lui, sui suoi figli crocifissi. Non gli importa di morire lui come persona, come non dovrebbe importare alla chiesa di essere perseguitata, se questo può salvare gli altri. Anzi, è questa l’unica liturgia che gli interessa, una liturgia laica, lontano dalle troppo facili, estetizzanti, spesso alienanti liturgie che si consumano nelle chiese: un’interminabile veglia nei Getsemani della terra, per impedire che la verità di Dio sia soffocata e uccisa.

 

Oggi è memoria di Ireneo di Lione, pastore e martire, padre della Chiesa.

 

28 IRENEO.jpgIreneo nacque a Smirne (nell’attuale Turchia), nell’anno 130 circa, e fu discepolo di san Policarpo, che aveva conosciuto personalmente l’apostolo Giovanni e altri testimoni oculari di Gesù. Missionario in Gallia, fu fatto vescovo della comunità cristiana di Lione e divenne il più importante tra gli scrittori cristiani del II secolo. Fu il primo che cercò di fare una sintesi del pensiero cristiano. Si schierò risolutamente a favore della preservazione della pace e dell’unita della Chiesa, mettendo in guardia contro i pericoli della gnosi. Uomo equilibrato e capace di discernimento seppe consigliare il papa Vittore ad evitare ogni atteggiamento men che rispettoso nei confronti delle chiese orientali in un momento di crisi e tensione. Sua è la celebre affermazione che “la gloria di Dio è l’uomo vivente, e la vita dell’uomo è la manifestazione di Dio”. Ireneo morì probabilmente martire durante la persecuzione di Settimio Severo nell’anno 202.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Libro di Genesi, cap.19, 15-29; Salmo 26; Vangelo di Matteo, cap.8, 23-27.

 

La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali del Continente africano.

 

Un’amica di Milano ci esprimeva nei giorni scorsi qualche preoccupazione circa l’imminente nomina del nuovo vescovo della sua città, avvenuta oggi. Noi le avevamo risposto che analoghe preoccupazioni doveva probabilmente nutrire, come sempre accade, anche l’altra parte. E comunque ci sembrava di poter condividere con lei un atteggiamento che sintetizzavamo così: Cercherò di ricordarmi che, secondo il Concilio, la Chiesa è il popolo di Dio e non la sua gerarchia. Cercherò di capire che non sempre i disegni dello Spirito corrispondono ai miei. Cercherò di convincermi che lo Spirito comunque non si fa abbindolare da chicchessia. Cercherò di credere che Lui ci riserva sempre delle sorprese (a breve, medio, lungo periodo). Cercherò di pregare perché lo Spirito assista chi comunque è stato scelto come pastore. Cercherò di chiedere la mia conversione e  quella della Chiesa. Cercherò di non preoccuparmi troppo delle responsabilità altrui. Cercherò di operare responsabilmente, come se la vita della Chiesa e del mondo dipendesse da me e non dal vescovo, o dal papa, o dal Presidente del Consiglio o da quello degli Stati Uniti. Cercherò di essere sacramento di solidarietà con gli ultimi, e a partire da questo, di unità nella Chiesa, tra le chiese, tra le religioni e le diverse culture. Cercherò di avere un granellino di fede, un seme di speranza, un mare di carità. Con la Sua Grazia.

 

Bene, è tutto per stasera. Noi ci si congeda qui, cedendo la parola a Ireneo di Lione, con un testo tratto dalla sua “Esposizione della predicazione apostolica”, che è, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Tutte le cose create necessariamente derivano da una causa prima il fondamento della loro esistenza: il principio di tutto è Dio. Egli infatti non è stato creato da nessuno, ma da lui tutte le cose sono state create. Perciò è necessario riconoscere in primo luogo che vi è un solo Dio, Padre, che ha creato e formato tutto l’universo, che fa esistere ciò che prima non esisteva e che, contenendo tutto, da nessuna cosa può essere contenuto. Ora, in quest’universo rientra anche il nostro mondo, e nel mondo l’uomo: dunque anche questo nostro mondo quaggiù è stato formato da Dio. Ecco come si espone la presente dottrina: vi è un solo Dio Padre, increato, invisibile, creatore dell’universo; al di sopra di lui non vi è altro Dio, e dopo lui non vi è altro Dio; Dio, inoltre, è intelligente, perciò la creazione di tutte le cose fu opera di intelligenza. Dio è spirito, perciò con lo Spirito tutto ha disposto, come dice il profeta: Con la Parola (Verbo) del Signore furono creati i cieli, e col suo Spirito, tutta la loro potenza (Sal 32,6). Dunque, poiché il Verbo crea, cioè opera nella carne e dona gratuitamente l’esistenza, mentre lo Spirito plasma e forma le varie potenze angeliche; a buon diritto, perciò, il Verbo è chiamato Figlio e lo Spirito Santo, Sapienza di Dio. Così Paolo, suo apostolo, dice rettamente: Un solo Dio Padre, il quale è sopra tutti, e tra tutti e in tutti noi (Ef 4,6). Infatti al di sopra di tutte le cose c’è il Padre, tra tutte le cose c’è il Verbo, poiché per mezzo di lui il Padre ha creato ogni cosa; e in noi vi è lo Spirito che grida: Abbà, Padre (Gal 4,6), e modella l’uomo a somiglianza di Dio. In conclusione lo Spirito rivela il Verbo, ed è per questo che i profeti annunciarono il Figlio di Dio; ma il Verbo spinge ad operare lo Spirito: è lui che parla ai profeti, e innalza l’uomo fino al Padre. (Ireneo di Lione, Esposizione della predicazione apostolica).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro

Giorno per giorno – 28 Giugno 2011ultima modifica: 2011-06-28T22:20:00+02:00da fraternidade
Reposta per primo quest’articolo