Giorno per giorno – 28 Aprile 2011

Carissimi,

“Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni” (Lc 24, 45-47). Noi, Lui, non lo si è mai visto, però i racconti di apparizione dei Vangeli ci presentano alcuni segni che ci rendono possibile riconoscerne la presenza viva e operante in mezzo a noi. Anche se il segno coincide con un fallimento. Anzi possiamo dire che questo è il più grande dei segni, quello che li riassume tutti. Com’è la croce. Che rappresenta l’incapacità di Dio di far intendere il suo amore. E di vederlo accolto e poi praticato e vissuto. Se, infatti, l’avessero capito, mica l’avrebbero crocifisso. Né continueremmo a crocifiggerlo, negandoci ad esso. Noi, questo Vangelo, e gli altri di questi giorni di Pasqua, li abbiamo meditati alla chácara di recupero, dove ci siamo recati nel pomerigio con una coppia di amici italiani, Anna e Giorgio, giunti qui da Pisa con Emilio, un modenese trapiantato in Brasile. Il mistero della morte-risurrezione, nella prospettiva dei nostri amici che stanno cercando di uscire dal tunnel dell’alcol e della droga (anche se, a dire il vero, tunnel piccoli o grandi li attraversiamo tutti), ha un significato più immediatamente percepibile, vissuto com’è nella loro concreta, più recente, esperienza. E così anche l’azione della grazia si disegna più visibilmente sui loro volti ed emerge più chiaramente dalle loro testimonianze di quanto spesso avviene con chi, come dire?, non ha mai lasciato la casa del Padre, o almeno ne è convinto. Confondendo questa con lo spazio contrassegnato da certo perbenismo, da un grigio conformismo e, peggio di tutto, non sia mai, dall’oppio dell’indifferenza. José Valdir (ma anche gli altri che lo seguono  a ruota) sa bene che Gesù Cristo ha patito in lui (per le sue scelte),  e con lui (per le scelte che un certo Sistema opera a spese degli individui e delle comunità). E capisce che per lui e per i suoi compagni è arrivato il terzo giorno, quello che radicalizza il processo di liberazione dalla schiavitù, di cui narra la Bibbia, e che ci permette di cominciare a vivere da risorti. Secondo il Suo progetto. E cita liberamente il Deuteronomio: Ho posto davanti a te il cammino della vita e della morte, della schiavitù e della liberazione, della benedizione e della maledizione, della salute e della malattia. Scegli di essere, per te e per gli altri, vita, liberazione, benedizione, salute. Questo è l’inizio della risurrezione. E su questo deve vertere il predicare la conversione e il perdono dei peccati. Cominciando da Gerusalemme. Che oggi, per noi, qui, è la chácara Paraíso.

 

Oggi è il Quinto Giorno della Festa di Pasqua. I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Atti degli Apostoli, cap.3, 11-26; Salmo 8; Vangelo di Luca, cap.24, 35-48.

 

La preghiera del giovedì è in comunione con le religioni tradizionali  indigene.

 

Oggi è memoria di Jacques Maritain, filosofo, mistico, piccolo fratello di Gesù.  

 

28 Maritain Jacques.jpgJacques Maritain era nato a Parigi, il 18 novembre 1882, da Geneviève Favre, figlia dello statista francese Jules Favre, e di Paul Maritain, un avvocato di fama. Educato nel protestantesimo liberale, Jacques aveva studiato al Liceo Enrico IV e poi Filosofia e Scienze Naturali alla Sorbona. È qui che il giovane incontrò Raissa Oumançoff, ebrea di origine russa, naturalizzata francese, con cui si sentì subito in sintonia per interessi, ideali e tormenti interiori. Fu una conferenza di Henri Bergson, professore al College de France, che rivelò loro il senso dell’assoluto e li spinse a voler vivere l’avventura della vita. L’incontro, poi, con lo scrittore Leon Bloy  li portò a contatto del cattolicesimo e delle sue storie di santità e di grazia e li indusse, nel 1906, a chiedere il battesimo. Poco dopo, insieme, pur nella scelta irrevocabile della devozione e dell’amore reciproco, promisero di vivere il celibato del regno, facendo voto di castità. Con la sorella di Raissa, Vera, avviarono un sodalizio spirituale, che durerà tutta la vita. Convinti che la contemplazione chiede non di lasciare i chiostri e i conventi, ma di uscire e di espandersi fuori, di scendere nelle strade del mondo, si fecero apostoli  della chiamata universale alla vita mistica, come via alla perfezione della carità. In quegli stessi anni Maritain abbandonò definitivamente la filosofia bergsoniana, identificandosi sempre più nell’opera di Tommaso d’Aquino, che caratterizzerà tutta la sua produzione successiva. Durante la Seconda Guerra Mondiale, i Maritain si trasferirono negli Stati Uniti, dove Jacques continuò la sua attivita di pubblicista e di professore di filosofia, insegnando, a New York, nelle università di Princeton e della Columbia, e tenendo conferenze in numerose città americane. Dal 1944 al 1948 fu inviato a Roma quale ambasciatore di Francia presso la Santa Sede. Dal 1948 al 1960 i Maritain si trasferirono nuovamente negli USA. Nel 1960, durante uno dei periodici viaggi in patria, Raissa morì, il 4 novembre,  a Parigi. Tenendo fede ad una promessa che si erano fatta, Maritain scelse di vivere l’ultimo tratto della sua vita in una comunità religiosa, quella dei Piccoli fratelli di Gesù, a Tolosa. Durante il Concilio ecumenico Vaticano II, Paolo VI lo interpellerà spesso sulle questioni più dibattute.  Nel 1970, a ottantotto anni, Maritain cominciò il suo anno di noviziato per entrar a far parte a pieno titolo della famiglia di Charles de Foucauld.  Morì, novantunenne, il 28 aprile 1973.

 

I poveri, che, il più delle volte, non hanno “cose” da dare, sanno però, più facilmente, degli altri, offrire ciò che tutti abbiamo: un sorriso, una parola amica, uno sguardo affettuoso, una stretta di mano, un abbraccio, una maniera di prestare ascolto. Sanno che gli esseri umani, prima ancora che di pane, hanno bisogno di essere amati, accolti, rispettati per quello che sono, con la loro particolare maniera di essere, la loro cultura  e i loro valori (che non sono necessariamente i nostri e che non valgono meno di questi). Quei piccoli  “segni”, in una riflessione del 1974,  avente come titolo “La vocazione dei piccoli fratelli di Gesù” (che, probabilmente, è ciò che dovremmo essere noi tutti cristiani), Jacques Maritain, li chiama “microsegni”, e ne offre una sua lettura nel contesto generale del discorso che svolge. Di esso, nel congedarci, vi offriamo un brano che è, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

L’essenziale della vocazione dei Piccoli Fratelli, e il modo in cui devono rendere presente agli uomini l’amore evangelico, è qualcosa di nascosto, totalmente nascosto in Dio. L’amicizia con le persone, quando avviene (piuttosto raramente, credo) che si sviluppi, è solo un sovrappiù, una grazia data in aggiunta. Vediamo talora nei loro diari l’una o l’altra fraternità rallegrarsi di godere l’amicizia d’un quartiere, dei vicini, di molte famiglie. Questo è un bene, certo, ma in sovrappiù, un sorriso di Dio, un incoraggiamento, ma che può mancare e non fa parte dell’essenziale della vocazione. Dobbiamo qui ricordare che i microsegni di cui ho parlato, questi effetti propri d’una vita contemplativa d’amore fraterno in seno al mondo, che rendono un pochino visibile agli uomini la testimonianza d’un tale amore, per l’inconscio degli uomini sono visibili, raggiungono l’inconscio, e attraverso l’’inconscio si esercita la loro rara forza di penetrazione. Normalmente, la coscienza degli uomini non ne sa nulla. E bisogna anche dire che l’anima, che senza saperlo emette questi microsegni, neppure lei neanche lontanamente sa se o come sono ricevuti dagli altri. Su questo, essa è nella notte completa. L’azione delle microparticole del mondo fisico, lo scienziato la penetra indirettamente attraverso i suoi strumenti; ma l’azione dei microsegni dell’amore fraterno è la fede sola, la fede pura e nuda che ce ne dice qualcosa. E la fede non ci fa affatto penetrare, non scopre in alcun modo, se o come tale azione si produce in questo o quel momento; la fede ci dà solo l’assicurazione, in modo generico, dell’esistenza di tale azione. Qui è manifesto fino a qual punto la vocazione dei Piccoli Fratelli è una vocazione di abnegazione. Non solo essi hanno rinunciato in anticipo a conseguire un qualsiasi risultato, una cosa fatta, che metta loro in mano una prova dell’efficacia della loro vita, ma, anche per quanto riguarda la stessa testimonianza d’amore ch’essi portano in mezzo a noi, niente fa loro vedere se questa testimonianza è stata veramente ricevuta. Devono restare fino alla fine nella notte della fede. “ Nox illuminatio mea” (Jacques Maritain, La vocazione dei piccoli fratelli di Gesù).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 28 Aprile 2011ultima modifica: 2011-04-28T23:24:00+02:00da fraternidade
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