Giorno per giorno – 27 Aprile 2011

Carissimi,

“Allora Pietro fissò lo sguardo su di lui insieme a Giovanni e disse: Guarda verso di noi. Ed egli si volse a guardarli, sperando di ricevere da loro qualche cosa. Pietro gli disse: Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, àlzati e cammina!” (At 3, 4-6). La prima lettura della liturgia di oggi, tratta dagli Atti degli Apostoli, è quella che racconta la guarigione dello storpio dalla nascita, ad opera di Pietro e Giovanni. Un episodio che intende testimoniare che la risurrezione funziona. Se il Potere aveva pensato di eliminare Gesù, ecco che i due discepoli dimostrano di aver imparato, almeno loro, ad operare come Gesù: rimettere in piedi, far camminare, ridandogli così dignità, chi il Sistema (un certo Sistema) aveva, per così dire, rottamato, emarginato, costretto a mendicare. Questo è ciò che dovrebbero fare i cristiani. Noi, questa lettura, abbiamo scelto di meditarla per il congedo di seu Nelson, che se ne andava proprio oggi dalla chácara di recupero, dopo i nove mesi di trattamento. E lui, sempre così restio a parlare, ha detto che questa storia è la sua storia. Perché, quando è arrivato alla chácara, non stava neppure in piedi, e ce ne ha messo del tempo per restituire alle gambe la forza di andare. Ora, senza pretendere di emulare il paralitico della Porta Bella di Gerusalemme, che entrò nel Tempio saltando (At 3, 7), poteva però muoversi, sereno, sorridente e tranquillo,  senza più appoggiarsi al bastone, lasciando anche lui tutti “meravigliati e stupiti per quello che gli era accaduto” (v. 9).

 

Questo è il Quarto Giorno della Festa di Pasqua. I testi che la liturgia  propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Atti degli Apostoli, cap. 3, 1-11; Salmo 105; Vangelo di Luca, cap.24, 13-35.

 

La preghiera del mercoledì è in comunione con quanti, lungo i cammini più diversi, perseguono un mondo di giustizia, fraternità e pace.

 

Oggi il calendario ci porta le memoria di Mechitar, monaco e testimone di dialogo, e di Rodolfo Escamilla, presbitero e martire per la giustizia in Messico.

 

27 MECHITAR.jpgPietro Manuk (questo il suo nome di battesimo) era nato a Sebaste, in Armenia, il 7 febbraio 1676. Nel 1691 era entrato nel monastero di Surp Nshan, assumendo il nome di Mechitar (= Consolatore). Fu ordinato sacerdote, a soli venti anni, in un’epoca in cui l’Armenia era attraversata da divisioni e controversie religiose, retaggio del millennio precedente. Crebbe allora in lui l’idea di dar vita a un centro monastico, i cui membri, radicati nella preghiera e nello studio delle Scritture e della tradizione, si disponessero a vivere i valori del dialogo e della mansuetudine evangelica. Il suo sogno si concretizzò in pochi anni, tanto che nel 1700 fondò la Congregazione che, alla sua morte, sarà chiamata Mechitarista. L’ostilità del patriarcato al dialogo con Roma, costrinse presto Mechitar a trasferirsi con i suoi compagni a Modone, sotto dominio veneziano, dove edificò un monastero. Nel 1705 presentò un’istanza al papa Clemente XI, volta ad ottenere il riconoscimento della nuova famiglia religiosa come Ordine monastico armeno riformato di S. Antonio Abate. Nel 1715, l’avanzata ottomana nella Morea, spinse i monaci a trasferirsi a Venezia, dove, due anni più tardi, fu assegnata loro l’isola di San Lazzaro. Lì cominciarono subito a lavorare alacremente alla ristrutturazione della chiesa e degli altri edifici esistenti, dedicandosi nel contempo alla traduzione, redazione e pubblicazione di testi spirituali. Mechitar morì il 27 aprile 1749 e fu sepolto nel presbiterio di San Lazzaro.

 

27 Rodolfo Escamilla..jpgPrete messicano, Rodolfo Escamilla, era nato nel 1920. Semplice, di carattere allegro ed estroverso, era, secondo le parole del Martirologio Latinoamericano, “un pellegrino della geografia del suo paese, che percorreva in lungo e in largo, alla ricerca di fratelli oppressi, silenziati, miserabili, per far sì che prendessero coscienza dei loro diritti”.  Nel 1947, a Tialpujahua, nel Michoacán, organizzò i minatori perché continuassero a sfruttare in proprio la miniera chiusa dalla Compagnia. Nel 1952 fondò la Gioventù Operaia Cattolica (JOC) che si diffuse presto in tutto il paese e da cui nacque in seguito la Gioventù Agraria Cristiana (JAC), con la stessa mistica e la stessa metodologia. Fondò scuole di abilitazione operaia, cooperative di consumo, di produzione e di abitazione e promosse la formazione di sindacati. Ma soprattutto ridestò tante coscienze assopite, tanto tra i suoi compagni presbiteri, come tra i poveri, che servì anche attraverso il suo ministero nella diocesi di Michoacán. Venne assassinato a colpi d’arma da fuoco nell’ufficio del Segretariato Sociale Messicano, di cui era membro da 15 anni.  Durante i suoi funerali, uno dei celebranti si espresse così: “Padre Rodolfo Escamilla, assassinato per la sua dedizione al popolo, risorge ogni volta che il popolo avanza verso la sua liberazione; risorge nel prete che si impegna, nell’operaio che eleva la sua coscienza, nei contadini che si uniscono per rendere più fertile la terra per cui lottarono”.

 

Ieri, nel primo pomeriggio, è morta a Goânia dona Lenir, vedova di seu Maurilio e mamma di Célia e di Marcos, che era stato per alcuni anni monaco nel monastero dell’Annunciazione. Noi mettiamo il dolore di questi nostri amici e dei loro famigliari nella nostra e nella vostra preghiera. Lui, poi, farà il resto.  

 

Per stasera è tutto. Noi ci congediamo qui con un brano di Carlo Molari, che ci aiuta ad approfondire uno degli aspetti del mistero pasquale. Che vuol essere anche un augurio per il nostro amico Nelson e per noi tutti. Tratto da “La vita del credente” (Editrice Elledici), è, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Per i credenti in Cristo celebrare la risurrezione significa ritenere e sperimentare che la fede offre una reale possibilità di una vita nuova e piena di amore. In questo senso la risurrezione è un evento salvifico: fa rivivere l’esperienza dell’azione di Dio come amore creatore, stimola la vita in modo inedito e fa scoprire che la nostra esistenza è attraversata da una energia creatrice e rinnovatrice. L’insegnamento della fede nella risurrezione, in rapporto ai credenti, quindi, non si riferisce tanto alla vita dopo la morte, cui non possiamo dare alcun contenuto mentale, quanto invece alla possibilità di vivere in modo positivo ogni situazione storica, anche la più negativa, e la certezza che l’amore incondizionato di una creatura, quando è fedele a Dio, è in grado di introdurre modalità nuove di esistenza e di salvare i peccatori dal male. Emblematico è il fatto che la prima espressione del dono della fede in Cristo risorto sia stata la pace, riflesso del perdono dei peccati (cf Gv 20, 19-23). Come la morte, anche il peccato diventa positivo quando è avvolto nella misericordia, che è la forza dell’amore nella sua dimensione gratuita e creatrice. Fare memoria della risurrezione di Cristo, quindi, è evocare la croce come possibile luogo di vita, e il perdono dei peccati come recupero radicale del passato, reso possibile dall’amore. (Carlo Molari, La vita del credente).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

 

Giorno per giorno – 27 Aprile 2011ultima modifica: 2011-04-27T23:34:00+02:00da fraternidade
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