Giorno per giorno – 25 Aprile 2011

Carissimi,

“Mentre esse erano in cammino, ecco, alcune guardie giunsero in città e annunciarono ai capi dei sacerdoti tutto quanto era accaduto. Questi allora si riunirono con gli anziani e, dopo essersi consultati, diedero una buona somma di denaro ai soldati, dicendo: Dite così: I suoi discepoli sono venuti di notte e l’hanno rubato, mentre noi dormivamo” (Mt 28, 11-13). Ciò che quelle guardie furono ad annunciare ai sommi sacerdoti era il terremoto che c’era stato e l’angelo che aveva rotolato la pietra del sepolcro e l’annuncio da lui dato alle donne, ma forse questo non l’avevano sentito, dato che erano rimaste tremanti e tramortite “per lo spavento” (v.4). Il terremoto voleva dire la fine di un mondo, di un sistema. Quello del dominio, dell’oppressione, della menzogna, della violenza e della morte. E questo, perché Dio si era specchiato nell’agire, nel patire e nel morire di quell’omino di Galilea, che aveva speso la sua vita facendo del bene, ed era morto per troppo amore di tutti, amici e nemici. Per questo l’aveva risuscitato. Ora, se tutti si mettessero a credere che la verità di Dio è questa, che la verità di Dio è Lui, per ogni sistema di potere sarebbe la fine. Avverrebbe ciò che aveva profetizzato Maria, la madre di quel ragazzo: “Ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato a mani vuote i ricchi” (Lc 1, 51-53). Quante volte l’aveva ninnato al suono di questa canzone, quand’era bambino. E Lui aveva finito per prenderla sul serio, per farne il suo manifesto, lo sguardo della sua fede sul mondo. È questo il segreto della sua risurrezione. Di ogni risurrezione. E ogni risurrezione è di per sé sovversiva. Un terremoto, dice il Vangelo. Perciò bisogna negarla a tutti i costi, se si sta dall’altra parte. O darle un significato diverso. Che lasci i potenti sui loro troni e i poveri dove stanno, senza importunare troppo. Secondo un ordine stabilito nei secoli dei secoli. Ora, noi preferiamo credere all’annuncio portato dalle donne o alla versione delle guardie, pagate dal Sistema del potere e dai loro sacerdoti?

 

Oggi è il Secondo Giorno dell’Ottava Pasquale;  i testi che la liturgia propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Atti degli Apostoli, cap. 2,14.22-32; Salmo 16; Vangelo di Matteo, cap. 28,8-15.

 

La preghiera di questo lunedì è in comunione con le religioni del subcontinente indiano: Vishnuismo, Shivaismo, Shaktismo.

 

Il calendario ci porta oggi le memorie di  Marco Evangelista e di Ernesto Balducci, profeta di dialogo, pace e nonviolenza dei nostri tempi.

 

25_MARCOS.JPGMarco, identificato con Giovanni Marco, di cui si fa menzione più volte nel Nuovo Testamento, era figlio di Maria che abitava a Gerusalemme e cugino di Barnaba.  Accompagnò questi e Paolo nel primo viaggio missionario, fino a Perge, in Panfilia, quando, per un dissidio non meglio precisato, li lasciò, facendo ritorno a Gerusalemme. In seguito dovette comunque riconciliarsi con Paolo, dato che questi ne parla come di suo collaboratore e accenna alla sua presenza a Roma, durante la prigionia. L’attribuzione a lui del secondo Vangelo risale al vescovo Papia nel 130 d.C., che cita a sua volta Giovanni il presbitero, affermando che Marco non conobbe il Signore, ma che mise per iscritto ciò che aveva udito da Pietro.  Una tradizione tardiva lo vuole martire ad Alessandria in questa data.   

 

25 BALDUCCI.jpgErnesto Balducci era nato il 6 agosto 1922 a Santa Fiora, un paesino di minatori sul Monte Amiata, in provincia di Grosseto. Entrato nel seminario dei padri Scolopi, fu ordinato nel 1945 e inviato a Firenze. Dall’incontro con Giorgio La Pira nacque il suo interesse per le tematiche sociali e politico-culturali che sfociò in numerose iniziative, con lo scopo di dar vita ad un cattolicesimo, fondato su valori di testimonianza, di pace e di dialogo tra le diverse culture. Confinato per un certo tempo a Frascati e poi a Roma, potè seguire a distanza ravvicinata il grande evento del Concilio Vaticano II. Nel 1965 fece ritorno alla Badia Fiesolana, deluso per il ritardo con cui procedeva il rinnovamento ecclesiale. L’amore per la Chiesa non gli impedì di percepire i limiti di una istituzione che gli appariva sempre più ripiegata su se stessa, in una visione ecclesiocentrica che nulla riusciva ad intaccare. E dovrebbe essere  l’esatto contrario. Negli ultimi anni i suoi studi e interventi si concentrarono sui temi della pace e della guerra, della non-violenza, e dell’incontro con la diversità. Il 25 aprile 1992 questo “profeta scomodo”,  voce di tanti poveri del mondo, anche, e forse soprattutto, di questa America Latina, cui volle dirigere l’ultimo gesto e parola solidale, morì in un tragico incidente stradale.

 

25 aprile.jpgOggi, però, è anche, nel vostro Paese, la Festa della Liberazione. Che celebra il riproporsi, nella vostra storia più recente, dell’antico evento dell’esodo, con il faticoso cammino da una situazione di oppressione e di schiavitù, al regno – sempre in costruzione – della libertà e della giustizia. E che ha, perciò, anche a che vedere con la risurrezione. Si è trattato, infatti, del ridestarsi di una coscienza collettiva, del risorgere di un popolo. Anche se  a partire dall’azione di una minoranza, che ne ha rappresentato tuttavia l’espressione migliore, la vocazione alla partecipazione e alla responsabilità, e perciò alla dignità. Là dove l’indifferenza ne rappresenta, invece, l’aspetto più spregevole. Ciò che anche Dio detesta: “Poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca” (Ap 3, 16). E che un vostro grande del secolo scorso denunciava con queste parole: “L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?” (Antonio Gramsci, Odio gli indifferenti). Beh, a quest’ora della notte,  la festa è già finita. La liberazione, però, continua. Auguri!  


Per stasera è tutto. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura un brano di Ernesto Balducci, tratto dal volume “Gli ultimi tempi” (Borla), che ne raccoglie i commenti alla Parola. È, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

C’è un versante di attese che custodiamo dentro noi stessi con la sicurezza che non troveranno mai dove mettere i piedi in terra. È l’umanità nascosta che è in noi, è l’uomo nascosto. Ciascuno di noi è un mistero a se stesso perché possiamo presentarci, perfino a noi stessi, se siamo banali o superficiali, secondo l’immagine pubblica che abbiamo, possiamo davvero identificarci totalmente con ciò che facciamo e siamo nell’insieme delle relazioni che abbiamo stabilito, tutte sottoposte alla corruzione. Ma se scendiamo in noi stessi, sappiamo che ci sono in noi possibilità che vanno oltre ciò che siamo. Mi domando: questo tesoro che è in ogni uomo, anche nel più abietto, questi germi che sono nella natura umana, anche quando essa è deturpata nel comportamento immorale, sono destinati a scomparire? Questa energia nascosta nell’uomo sarà senza sbocchi? E una domanda di fronte alla quale io fisso i miei occhi nell’ evento della resurrezione di Gesù, di un uomo come gli altri uomini – così apparve – che però a differenza di tutti gli uomini ha osato enunciare speranze indicibili, ha osato capovolgere la scena di questo mondo mettendo i potenti all’ultimo posto ed i poveri al primo posto, ha osato guardare con pietà e compassione, senza nessun timore, in faccia al Sinedrio ed all’Impero, perché secondo la sua parola il dominio del mondo è riservato ai miti ed ai pacifici. Ha quindi capovolto la cultura degli uomini negando il valore della cultura dominante e benedicendo ciò che nell’uomo è nascosto e segreto. Tutti noi saremmo felici che il mondo fosse in mano ai poveri, ai miti, ai pacifici ma non abbiamo il coraggio di dirlo fino in fondo, frustrati come siamo da una esperienza storica che ci dice che in realtà il mondo è sempre in mano agli stessi. Cambiano i nomi e le forme ma chi è ricco e potente ci governa, ci domina, condiziona la nostra vita. Gesù osò dire queste parole e perciò fu condannato. La resurrezione è la risposta di Dio, è la sfida di Dio a questa ostinazione dell’uomo. Dove il mondo domina, perché infligge la morte a chi osa condannarlo, Dio risponde sollevando quest’uomo, Gesù, ad essere il Signore di tutte le cose. È il capovolgimento della creazione. (Ernesto Balducci, Gli ultimi tempi).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

 

Giorno per giorno – 25 Aprile 2011ultima modifica: 2011-04-25T23:47:00+02:00da fraternidade
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