Giorno per giorno – 24 Aprile 2011

Carissimi,

Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro” (Gv 20, 1). Stanotte, durante la Veglia pasquale, Matteo l’aveva raccontata diversamente: Maria di Magdala era con un’altra Maria (Mt 28, 1); entrambe videro un angelo rotolare la pietra e udirono da lui l’annuncio della risurrezione, poi, sulla via del ritorno, videro lo stesso Gesù. Marco, nel suo racconto, aggiunge una terza donna, Salome (Mc 16, 1). Menziona il giovane, l’annuncio, ma non fa cenno di Gesù.  Luca dice che la terza donna era in realtà Giovanna (Lc 24, 10). Ma, poi si salva in corner, perché parla di altre donne presenti, senza farne il nome, e Salome poteva essere tra loro. Matteo, poi, dice che per la gioia corsero a dare il lieto annuncio ai discepoli (Mt 28, 8); Luca, piu sobrio, si limita a dire che “annunciarono questo agli Undici” (Lc 24, 9), senza essere credute; Marco sostiene invece che scapparono per la paura e non dissero niente a nessuno (Mc 16, 8). Potremmo aggiungere le altre apparizioni ai discepoli, narrate dai Vangeli, negli Atti degli Apostoli  e, prima ancora, da Paolo, nella lettera ai Corinzi (1Cor 15, 5-7), che curiosamente non menziona le donne. Beh, c’è proprio posto per tutti, in ogni tempo, ad ogni ora. Quando ancora è buio (come spesso è buio) o quando splende il giorno; fuori o in casa; a Gerusalemme o in Galilea. E c’è spazio per ogni sentimento: dolore, tristezza, delusione, diffidenza, dubbio, paura, attesa, speranza, allegria, fede, certezza. Come ancora oggi nella chiesa. Come ancora oggi nell’umanità.  Pietro diceva stamattina: “Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che si manifestasse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti” (At 10, 40-41). Testimoni prescelti, noi che celebriamo l’eucaristia, da tempo immemorabile, dopo la sua risurrezione dai morti. Ma, noi, abbiamo davvero fatto l’esperienza di quella tomba vuota e dell’incontro con il Vivente? Abbiamo, cioè, visto rivivere quel significato di Dio che avevamo accettato fosse seppellito nella nostra vita o nella storia del mondo che ci circonda? O ci siamo accontentati di raccontarcelo in chiesa, per la durata di una messa? Abbiamo contribuito a rimuovere i massi che gli impediscono di ripresentarsi sulla scena del mondo?  Abbiamo scoperchiato le tombe del nostro tempo, o non le abbiamo piuttosto moltiplicate? La risurrezione Sua e, perciò,  nostra, e anche del mondo si gioca su queste cose.

 

Pasqua di Risurrezione.jpg

I testi che la liturgia di questa Pasqua di Risurrezione propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Atti degli Apostoli, cap.10,34a.37-43; Salmo 118; Lettera ai Corinzi, cap.5, 6-8; Vangelo di Giovanni, cap.20, 1-9. 

 

La preghiera della Domenica è in comunione con tutte le comunità e chiese cristiane.

 

Più che con la Pasqua che celebriamo oggi, ha a che vedere con un tragico Venerdì santo. Il 24 aprile gli armeni  ricordano Metz Yeghern (il Grande Male), che designa lo Sterminio di un milione e mezzo di civili armeni, deciso dal  governo dei “giovani turchi” durante la prima guerra mondiale.

 

24 armen.jpgIl 24 aprile 1915, con l’arresto e la deportazione dell’intera élite armena di Costantinopoli – ecclesiastici, politici, letterati, avvocati e giornalisti -, prese il via l’eliminazione sistematica del popolo armeno sul territorio ottomano. Nella sola primavera del 1915 circa 600 mila armeni furono massacrati dall’esercito turco.  Gran parte dei massacri avvenne il 24 aprile. Il Partito di governo “Unione e Progresso”, laicista e antireligioso, pretese di giustificare il genocidio con la volontà di “salvare la madrepatria dalle ambizioni di questa razza maledetta e di prendersi carico sulle proprie spalle patriottiche della macchia che oscura la storia ottomana. La Jemiet (= l’Assemblea), incapace di dimenticare tutti i colpi e le vecchie amarezze, ha deciso di annientare tutti gli armeni viventi in Turchia, senza lasciarne vivo nemmeno uno e a questo riguardo è stato dato al governo ampia libertà d’azione…”. Il decreto provvisorio di deportazione, datato maggio 1915, e quello di confisca dei beni non furono mai ratificati dal parlamento. Tra le prime vittime, ci furono  i maschi adulti, chiamati a prestare servizio militare, e passati per le armi. Seguì la fase dei massacri e delle violenze indiscriminate sulla popolazione civile. Per ultimo, i superstiti furono costretti ad una terribile marcia nel deserto, con destinazione Deir es-Zor, in Mesopotamia. Lungo il cammino, i prigionieri, lasciati senza cibo, acqua e scorta, morirono a migliaia. I sopravvissuti furono gettati in caverne e bruciati vivi, altri annegati nel fiume Eufrate e nel Mar Nero. Pochissimi  furono coloro che, per salvare la vita, rinnegarono la fede dei padri.

 

Per stasera è tutto. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura un brano dell’omelia pronunciata da Mons. Oscar Arnulfo Romero, nella festa di Pasqua, il 26 marzo 1978. È, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

“Cristo, – dice la Costituzione sulla Chiesa nel mondo contemporaneo – “accettando di morire per noi tutti peccatori, ci insegna con il suo esempio che è necessario anche portare quella croce che dalla carne e dal mondo viene messa sulle spalle di quanti cercano la pace e la giustizia. Con la sua risurrezione costituito Signore, egli, il Cristo cui è stato dato ogni potere in cielo e in terra, agisce ora nel cuore degli uomini con la virtù del suo Spirito; non solo suscita il desiderio del mondo futuro, ma con ciò stesso ispira anche, purifica e fortifica quei generosi propositi con i quali la famiglia degli uomini cerca di rendere più umana la propria vita e di sottomettere a questo fine tutta la terra” (Gaudium et Spes, n.38). Questo significa che la risurrezione è un messaggio di liberazione anche delle cose della terra. Perciò, fratelli, la Chiesa non può restare sorda né muta davanti al clamore di milioni di esseri umani che, oppressi da mille schiavitù, reclamamano la loro liberazione; ma dice loro qual è la vera libertà che bisogna cercare: quella che Cristo ha già inaugurato su questa terra risuscitando e spezzando le catene del peccato, della morte e dell’inferno. Essere, come Cristo, liberi dal peccato,  è essere veramente liberi della vera liberazione. E colui che con questa fede nel risorto, lavora per un mondo più giusto, reclama contro le ingiustizie del sistema attuale, contro le violenze di un’autorità abusiva, contro i disordini rappresentati dallo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, tutti coloro che lottano a partire dalla risurrezione del grande liberatore, solo costui è un autentico cristiano. Per questo, bisogna che la risurrezione comunichi all’uomo coraggio e forza d’animo. Alieno ad ogni viltà, il cristiano dev’essere disposto come Cristo ad affrontare Ponzio Pilato, Erode, i vari persecutori; e, con la serenità di un agnello portato al macello, attendere nel sepolcro del suo martirio l’ora in cui Dio glorifica. Che non è l’ora che decidono gli uomini, ma è l’ora di un Dio che è l’unico che ci può salvare. Sperare in Lui, appoggiandosi a Cristo, è il segreto della vera liberazione. (Oscar Arnulfo Romero, Cristo ha resucitado!, Cristo vive!).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 24 Aprile 2011ultima modifica: 2011-04-24T23:17:00+02:00da fraternidade
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