Giorno per giorno – 22 Aprile 2011

Carissimi,

“Come lo videro, i capi dei sacerdoti e le guardie gridarono: Crocifiggilo! Crocifiggilo!” (Gv 19, 6). Alle tre in punto noi si era nella chiesa del monastero. Il grande pannello della Trinità era velato, e così il Crocifisso risorto e la Vergine di Guadalupe. Come a dire che non c’è più nulla e nessuno su cui il mondo possa fare affidamento. L’altare spoglio, senza fiori e candele, e poi solo un grande silenzio. Il vecchio dom Tomás e Fernando, nelle loro tuniche bianche, sono distesi, proni, a terra, sulla nuda pietra. Noi altri in ginocchio. Si resta così qualche minuto, poi ci si rialza, e si comincia la memoria di quel giorno. Che è anche la memoria di ogni giorno. “Crocifiggilo, annegalo, sparagli, massacralo, impiccalo, annientalo, torturalo”: è il grido che nasce dentro per esorcizzare definitivamente il male dell’altro, il male che è l’altro, a volte espresso anche solo come desiderio: “che crepi, che gli venga un cancro, un accidente”, o come giudizio blasfemo, a sentenza compiuta (anche se nulla ci autorizza a pensare che si tratti di una sentenza) : “Se l’è meritato, Dio l’ha punito”.  Dio, dal canto suo, dato che è quello che è, non poteva far altro che coinvolgersi in tutto questo, sì, ma nel ruolo della vittima. Un vostro “scienziato cristiano” (che riesca a farsi passare per scienziato, tutto bene, ma cristiano proprio non ce lo vediamo), continua a voler far parlare di sé, attribuendo terremoti e catastrofi a improbabili castighi di Dio. E cita a sostegno delle sue tesi qualche santo, dimenticando che il paradiso è pieno di santi che hanno detto scemenze. E non sono stati dichiarati santi per queste. Beh, anche quello scienziato sta gridando il suo “crocifiggilo”. Un Dio crocifisso, e mai crocifissore, non fa comodo. Non è funzionale al potere, all’ordine, al progresso, al vittorioso affermarsi dei miti della civiltà, della nazione, della razza, della religione. È funzionale solo all’amore e alla libertà di tutti. Intorno a questa verità il Dio crocifisso ci convoca e ci sfida. Qui si gioca la nostra fedeltà o il nostro tradimento. Come chiesa, certo, in primo luogo. Chiesa chiamata ad annunciarlo, celebrarlo, testimoniarlo. Ma, a pensarci bene, anche solo come uomini e donne. Che si scelgono come civiltà altra: “Ecce homo!”, Ecco l’uomo. Quell’uomo ferito, deriso, spogliato di ogni parvenza di umanità, crocifisso, trafitto, è il nostro Dio.    

 

Crocifissione.jpg

Oggi è il Venerdì Santo o, anche, la Pasqua della Croce. I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

 

Profezia di Isaia, cap.52, 13 – 53, 12; Salmo 31; Lettera agli Ebrei, cap.4, 14-16; 5, 7-9; Vangelo di Giovanni, cap.18, 1 – 19,42.

 

La preghiera del Venerdì è in comunione con i fedeli dell’Umma islamica che professano l’unicità del Dio clemente e misericordioso.

 

Beh, un po’ sottovoce, ricorderemo che oggi il nostro calendario ecumenico  ci porta le memorie di Engelbert Mveng, teologo e poeta camerunense, e di Ramprasad Sen, mistico indiano.

 

22 ENGELBERT MVENG BIS.jpgEngelbert Mveng era nato, il 9 maggio 1930, a Enem Nkal, nei pressi di Yaoundé (Camerun), da una famiglia presbiteriana, ma fu battezzato nella chiesa cattolica. Segnalatosi per la sua intelligenza, fece i suoi studi nel pre-seminario di Efok, poi nel seminario minore di Akono e infine in quello maggiore di Yaoundé. Avrebbe desiderato divenire monaco trappista, ma il vescovo Mons. Graffin lo convinse a scegliere i gesuiti. Entrò, così, nel 1951, nel noviziato della Compagnia di Gesù, a Djuma, nell’allora Congo Belga, per poi continuare gli studi di filosofia e teologia in Belgio e in Francia, al termine dei quali fu, il 7 settembre 1963, ordinato prete, divenendo così il primo gesuita camerunense. Tornato in patria, insegnò storia  all’università di Yaoundé. Uomo di profonda fede e di  grande cultura, Padre Mveng diede il suo contributo ad elaborare una teologia della liberazione africana. In una situazione in cui, “con la tratta dei negri prima e con la colonizzazione poi, i neri d’Africa sono stati privati della loro propria identità, della loro storia, cultura, lingua”, la testimonianza cristiana è chiamata a proporsi come affermazione delle forze della vita contro le forze della morte, dell’amore sull’odio, della liberta sull’oppressione. In questo senso, il cristiano non può che essere costantemente profeta ed un eterno contestatore. Oltre a lavorare alacremente nel Movimento degli intellettuali cristiani Africani e nell’Associazione Ecumenica dei Teologi africani, Mveng fu anche co-fondaore di una congregazione religiosa d’ispirazione africana: Le Beatitudini. Fu assassinato nella sua abitazione, sembra su mandato di forze governative, il 23 aprile 1995.

 

22 RAMPRASAD SEN.jpgRamprasad Sen era nato nel 1723 a Kumarhatti (oggi Halisahar), un villaggio sulle rive del Gange, a circa 34 miglia a nord di Calcutta, nella famiglia di Ramram Sen, medico ayurvedico e studioso di sanscrito.  Particolarmente dotato e precoce, studiò e approfondì, oltre al sanscrito e al bengali, le lingue parsi e urdu, sotto la guida di un istitutore privato. Si sposò a ventidue anni con la giovane Sarvani che gli diede quattro figli. Per mantenere la famiglia, fu a lavorare come contabile nel negozio di un uomo d’affari a Calcutta. La tradizione dice che il suo datore di lavoro scoprì un giorno che scriveva poemi dedicati a Kali negli spazi bianchi dei libri contabili. Ammirato ed edificato dal loro contenuto, scelse di fare a meno di lui come semplice impiegato e lo lasciò a casa, garantendogli tuttavia un salario, affinché coltivasse la sua devozione alla Madre Divina e continuasse a scrivere poesie e canti in onore di colei che è, per lo shivaismo, la shakti di Shiva, l’energia divina attraverso cui il dio dispiega la sua protezione. Ma è anche rappresentazione della suprema realizzazione della verità, lo stato puro oltre ogni manifestazione, il simbolo del tempo eterno. Da allora il giovane Ramprasad si dedicò a tempo pieno alla meditazione e alla pratica spirituale. Visse con la sua famiglia una vita modesta e semplice, senza particolari agiatezze. Morì a ottant’anni, la mattina dopo aver offerto l’ultimo sacrificio alla Madre.   

 

È tutto per stasera, noi ci si congeda qui con una riflessione del Card. Carlo Maria Martini sul Venerdì santo. È tratto da Ritrovare se stessi – C’è un momento nell’anno per fermarsi e cercare” (Piemme), ed è, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Il messaggio di Gesù crocifisso è molto chiaro. Dio, che avrebbe potuto annientare il male annientando tutti i malvagi, preferisce entrare in esso con la carne del suo Figlio, in Gesù, proclamando il perdono e il ritorno e subendo su di sé le conseguenze del male per redimerlo nella propria carne crocifissa. È la legge della croce, il principio secondo cui il male non viene eliminato, ma trasformato in bene sull’ esempio e per la forza della morte di Cristo. In questo modo la croce diviene la suprema legge dell’amore e chi vuol far parte del cammino di rigenerazione inaugurato da Gesù deve entrare nel male del mondo per trarne il bene della fede, della speranza, della carità, dell’ amore per i nemici. La legge della croce è formidabile, ha un’efficacia sovrana nel regno dello spirito ed è applicabile a tutte le vicende umane; è il mistero del regno di Dio, è il mistero del Vangelo. Non è una legge accettabile dalla semplice intelligenza umana naturale, non la si può dimostrare prescindendo da Cristo. L’intelligenza umana naturale la rifiuta, non riesce a coglierla fino a quando non si è decisa per la fede. Tuttavia il Signore crocifisso è centro di attrazione per ogni uomo e donna che viene in questo mondo, centro di attrazione per la storia, centro di attrazione per tutte le religioni del mondo. Ogni religione trova in questa croce il suo punto di arrivo, il suo termine, la fine di un suo eventuale mandato provvisorio; perché tutto culmina nella regalità universale ed eterna di Cristo Gesù, nell’alleanza di Dio con l’umanità, per sempre. Nel cuore del crocifisso, tutto ciò che è “no” può diventare “sì” e dal tradimento può nascere l’amicizia, dal rinnegamento il perdono, dall’odio l’amore, dalla menzogna la verità. Questa è la forza di Gesù nella e dalla croce.  (Carlo Maria Martini, Ritrovare se stessi – C’è un momento nell’anno per fermarsi e cercare). 

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 22 Aprile 2011ultima modifica: 2011-04-22T22:22:00+02:00da fraternidade
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