Giorno per giorno – 20 Aprile 2011

Carissimi,

“Colui che ha messo con me la mano nel piatto, è quello che mi tradirà. Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!” (Mt 26, 23-24). Di nuovo il tradimento. E questo lamento su chi tradisce. Su chi tradisce il Figlio dell’uomo. Stamattina, ci si chiedeva com’è che noi, che ci pretendiamo suoi discepoli, sua chiesa, si possa ancor oggi tradire il Figlio dell’uomo. Può succedere con il tipo di annuncio che ne facciamo, o con il comportamento che assumiamo. Distorcendone, concretamente, il significato (che è per noi anche il significato di Dio, la Sua verità). Facendo, per esempio, del Padre generoso, paziente, accogliente, misericordioso, sollecito con i suoi figli e rispettoso della loro libertà, così perfettamente incarnato da Gesù (immagine, oltre che di Dio, anche della nuova umanità, e perciò progetto che si offre per la nostra vita), un idolo qualsiasi, egocentrico, narcisista, dispotico, bizzoso, incattivito e vendicativo, proiezione all’infinitesima potenza del peggiore e più meschino degli uomini (come può capitare a volte, magari nel nostro piccolo, anche a noi di essere). Ma, il lamento di Gesù non è solo su chi tradisce così il Figlio dell’uomo, ma si destina anche a chi tradisce ogni figlio di uomo (dietro cui, dentro cui, c’è nascosto sempre Lui), consegnandolo ad un destino (“sono forse io il custode di mio fratello?), che non è quello “benedetto”, che Dio ha da sempre pensato per tutti. Sì, meglio non fossimo mai nati, se la nostra indifferenza ne fa perdere anche solo uno! Del resto, se è vero l’antico adagio del Talmud “Chi salva un uomo, ha salvato l’umanità intera”, è vero anche il suo rovescio: “Chi perde anche solo un uomo, ha perduto l’intera umanità”. Prendiamolo come un richiamo un po’ forte, che vuole dirci l’importanza che Dio attribuisce ai suoi figli.  A cominciare dagli ultimi. Dai più piccoli e deboli. E vediamo se, a partire da questa Settimana santa, ci riuscirà di cambiare qualcosa.

 

Oggi è memoria di don Tonino Bello, pastore secondo il cuore di Dio e profeta di nonviolenza.

  

20 don Tonino Bello.jpgAntonio Bello era nato ad Alessano (Lecce) il 18 marzo 1935. Entrato da ragazzo nel seminario di Ugento, fu ordinato sacerdote l’8 dicembre 1957 e, nel 1982, divenne Vescovo di Molfetta, Ruvo, Giovinazzo e Terlizzi. Tutto il suo ministero episcopale fu al servizio dei poveri, dei senza-casa, dei disoccupati, degli immigrati e degli emarginati. Amò, annunciò e visse l’immagine della “Chiesa del grembiule”, condividendo con gli ultimi il sogno di un’umanità più giusta e fraterna e, più concretamente, lo stile di vita,  spesso l’abitazione e la congrua che riceveva.  Osteggiato o mal sopportato da quanti scambiano l’appartenenza alla Chiesa per un’opportunità di carriera o si legano ai potenti di turno attraverso la pratica di reciproci favori, seppe invece contagiare quanti incontrava con l’amore per la vita e per Cristo che in lui traspariva e con la coerenza e semplicità che testimoniava. Nominato nel 1985 Presidente nazionale di Pax Christi,  si fece pellegrino di pace, ovunque ne vedesse la necessità,  proclamando la Parola di Dio e compiendo gesti profetici di riconciliazione. L’ultimo fu quando, già visibilmente malato, partì con altri 500 pacifisti, di diverse nazioni, credenti e non credenti, il 7 Dicembre 1992, per Serajevo, ancora in guerra. Lì disse loro: “Vedete, noi siamo qui, allineati su questa grande idea, quella della nonviolenza attiva. […] Noi qui siamo venuti a portare un germe: un giorno fiorirà. […] Gli eserciti di domani saranno questi: uomini disarmati”. Don Tonino morì a Molfetta il 20 aprile 1993.

 

I testi che la liturgia propone oggi alla nostra riflessione sono tratti da:

Profezia di Isaia, cap.50, 4-9a; Salmo 69; Vangelo di Matteo, cap.26, 14-25.

 

La preghiera del mercoledì è in comunione con tutti gli operatori di pace, quale che ne sia il cammino spirituale o la filosofia di vita.

 

Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura il brano di una lettera in preparazione alla Pasqua 1987 di don Tonino Bello, dal titolo, “Uno per uno fa sempre uno. Verso la Pasqua, casa della Trinità”, tratta dal volume “Omelie e scritti quaresimali”, vol.II (Luce e Vita). Che è, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Colsi l’occasione per leggere al mio amico la paginetta che avevo scritto. Quando terminai, mi disse che con tutte quelle parole, la gente forse non avrebbe capito nulla. Poi aggiunse: “Io ai miei zingari sai come spiego il mistero di un solo Dio in tre Persone? Non parlo di uno più uno più uno: perché così fanno tre. Parlo di uno per uno per uno: e così fa sempre uno. In Dio, cioè, non c’è una Persona che si aggiunge all’altra e poi all’altra ancora. In Dio ogni Persona vive per l’altra. E sai come concludo? Dicendo che questo è una specie di marchio di famiglia. Una forma di ‘carattere ereditario’ così dominante in ‘casa Trinità’ che, anche quando è sceso sulla terra, il Figlio si è manifestato come l’uomo per gli altri”. Quando don Vincenzo ebbe finito di parlare, di fronte a così disarmante semplicità, ho lacerato i miei appunti. […] Cari fratelli, lo so che la Trinità è molto più che una formula esemplare per noi, e che non è lecito comprimerne la ricchezza alla semplice funzione di analogia. Ma se oggi c’è un insegnamento che dobbiamo apprendere con urgenza da questo mistero, è proprio quello della revisione dei nostri rapporti interpersonali. Altro che “relazioni”. L’acidità ci inquina. Stiamo diventando corazze. Più che luoghi d’incontro, siamo spesso piccoli centri di scomunica reciproca. Tendiamo a chiuderci. La trincea ci affascina più del crocicchio. L’isola sperduta, più dell’arcipelago. Il ripiegamento nel guscio, più della esposizione al sole della comunione e al vento della solidarietà. Sperimentiamo la persona più come solitario auto-possesso, che come momento di apertura al prossimo. E l’altro, lo vediamo più come limite del nostro essere, che come soglia dove cominciamo a esistere veramente. Coraggio. Irrompe la Pasqua!  È il giorno dei macigni che rotolano via dall’imboccatura dei sepolcri. E’ l’intreccio di annunci di liberazione, portati da donne ansimanti dopo lunghe corse sull’erba. E’ l’incontro di compagni trafelati sulla strada polverosa. È il tripudio di una notizia che si temeva non potesse giungere più e che corre di bocca in bocca ricreando rapporti nuovi tra vecchi amici. E’ la gioia delle apparizioni del Risorto che scatena abbracci nel cenacolo. È la festa degli ex-delusi della vita, nel cui cuore all’improvviso dilaga la speranza. Che sia anche la festa in cui il traboccamento della comunione venga a lambire le sponde della nostra isola solitaria. (Antonio Bello, Uno per uno fa sempre uno. Verso la Pasqua, casa della Trinità).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 20 Aprile 2011ultima modifica: 2011-04-20T23:17:00+02:00da fraternidade
Reposta per primo quest’articolo