Giorno per giorno – 04 Aprile 2011

Carissimi,

“Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafàrnao. Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e gli chiedeva di scendere a guarire suo figlio, perché stava per morire” (Gv 4, 46-47). Gesù, come gli è successo qualche altra volta, sembra rispondergli male: “Se non vedete segni e prodigi, voi non credete!” (v. 48). E, forse, non ha tutti i torti. Dio, nel nostro immaginario, continua ad essere colui che agisce in una linea e secondo una logica di potere. Di cui i miracoli sono il linguaggio in qualche modo necessario. Ma quel funzionario del re, un pagano per giunta, non lo segue: no, non perdiamo tempo a discutere di fede, di religione, ti posso, se vuoi, dar ragione su tutto, adesso l’urgenza è un’altra: mio figlio, mio figlio, capisci?, sta morendo. Vieni, dunque, chiunque tu sia, figlio di dio o semplice uomo. Colpito e affondato. Perché, per Gesù (e dunque anche per Dio) è questa la fede, questo non voler sentirne neppure parlare, perché c’è qualcuno – come c’è sempre qualcuno – che sta male e muore. E bisognerà pure far qualcosa. Dopo, ma solo dopo, se ci resterà tempo per un caffè, potremo anche discutere di quello e di molte altre cose ancora. “Tuo figlio vive!” è la prova che il Dio di Gesù esiste. Se no, è un colossale inganno. “Tuo figlio vive!”, assunto come nostro impegno, ripetuto ai genitori di cento, duecento, mille, duemila, tremila profughi che, sfidando la morte approdano sulle vostre coste in questi giorni. O dei milioni che cercano scampo altrove. Se invece li lasciamo morire o, peggio, li facciamo morire, è già morto anche Lui, morto e sepolto duemila anni fa. E ne hanno solo trafugato il cadavere, per farci credere che era risuscitato.  E con Lui è morto suo Padre. E ogni pietà, ogni compassione.

 

Oggi il calendario ci porta numerose memorie. Quelle di Martin Luther King, pastore e martire nella lotta per i diritti civili, di Benedetto il negro, amico e consigliere del popolo, di Aloisio Kamau, martire in Kenya, e di  don Raffaele Bensi, maestro di spiritualità.      

 

04_MARTIN_LUTHER_KING_III.jpgMartin Luther King Jr. era nato ad Atlanta, nello Stato della Georgia, il 15 gennaio 1929, secondogenito di Alberta Williams King e del pastore battista Martin Luther King.  Dopo gli studi teologici, il giovane King frequentò fino al 1953 l’Università di Boston, dove conobbe Coretta Scott, che diventerà sua moglie. Dal loro matrimonio nasceranno due figli e due figlie. Nel 1954, King divenne pastore della Chiesa Battista a Montgomery, in Alabama. Nel 1955 accadde l’episodio che diede il via alla prima grande mobilitazione negra contro la segregazione, che sarà ricordata come il “boicottaggio degli autobus”. La lotta durò 382 giorni, fino a quando il 21 dicembre 1956, la Corte Suprema degli Stati Uniti dichiarò incostituzionale la legge che imponeva la separazione tra neri e bianchi sui mezzi pubblici. King, che era diventato uno dei leader della protesta, fu arrestato e malmenato ripetutamente. Nel 1957 fu eletto presidente della Southern Christian Leadership Conference, un’organizzazione per la formazione di quadri dirigenti del movimento per i diritti civili, il cui ideale affondava le sue radici nel cristianesimo, ma anche nella teoria e pratica nonviolenta di Gandhi.  Il 3 aprile 1963 King organizzò una delle proteste più dure a Birmingham, in Alabama, roccaforte dell’America razzista. Nuovamente arrestato, in cella d’isolamento, scrisse di getto quello che diventerà il manifesto della rivoluzione negra: la “Lettera dal Carcere di Birmingham”. Il 28 agosto di quello stesso anno, tutte le organizzazioni nonviolente confluirono a Washington in una straordinaria marcia pacifica che si concluse con il discorso più famoso di King: “I have a dream” (Ho un sogno).  Il 10 dicembre, a Oslo, King ricevette il Premio Nobel per la Pace, il cui ammontare destinò al Movimento per i dirittti civili.  Alla fine del 1965, la famiglia King si trasferì a Chicago, scegliendo di vivere in uno dei quartieri più poveri, per condividere le condizioni dei meno fortunati tra la popolazione negra. All’inizio di aprile 1968, King era  a Memphis,  nel Tennessee, per partecipare alle manifestazioni in appoggio ai netturbini in lotta per migliori salari. Il 4 aprile, uscì sul terrazzino dell’albergo dov’era ospitato. Il tempo di scambiare qualche parola con il pastore Ralph Abernaty e un colpo mortale sparato dalla casa di fronte lo colpì alla gola. 

 

04 BENEDETTO NEGRO.jpgBenedetto il Moro era nato nel 1526 a San Fratello, nei pressi di Messina. I suoi antenati erano stati forzatamente portati in Sicilia, vittime della tratta di schiavi. Da giovane, Benedetto lavorò per molti anni come pastore di greggi e con il suo magro salario trovava il modo non solo di sopravvivere, ma anche  di aiutare altri, più poveri di lui. A 21 anni si unì ad un gruppo di eremiti francescani. Quando, nel 1564, papa Pio IV ordinò la chiusura dell’eremiterio, Benedetto scelse di vivere come fratello laico nel convento dei frati minori di S. Maria del Gesù, a Palermo, dove per molto tempo svolse la funzione di cuoco. Quando il convento aderì alla riforma dei Cappuccini, che sostenevano un’interpretazione più rigida della regola francescana, Benedetto, benché laico e per giunta analfabeta,  fu eletto superiore. Presto si diede a conoscere per la sua dedizione ai più bisognosi, la sua umanità e il dono della chiaroveggenza. Sicché un gran numero di persone di ogni ceto accorrevano per vederlo, parlargli, ascoltarne il consiglio. Negli ultimi anni di vita, volle tornare a fare il cuoco, come un tempo. Morì il 4 aprile 1589.

 

04 African martyr.jpgDi Aloisio Kamau, maestro keniota, sappiamo soltanto che era nato nel 1929 ed era stato educato nella scuola di Tuthu, nella regione del monte Kenya, tenuta dai missionari della Consolata.  Battezzato il 6 gennaio 1945, terminati gli studi era passato a insegnare in quella stessa scuola.  Durante la rivolta anticoloniale che divampò nel Paese all’inizio degli anni cinquanta, quando il villaggio venne occupato dai ribelli, Aloisio si rifiutò di piegarsi alla violenza e di rinnegare la sua fede. Fu ucciso il 4 aprile 1953.

 

04 RAFFAELE BENSI.jpgRaffaele Bensi, nato a Scandicci l’11 febbraio 1896, fu ordinato sacerdote il 6 aprile 1919 e poco dopo fu inviato come curato a San Michele Visdomini, diventando da quel momento il padre spirituale di migliaia di giovani. A partire dal 1926, per quarant’anni, fu anche insegnante di religione. Poté così presentare e testimoniare a intere generazioni di studenti il significato che per lui aveva la fede fondata sul Vangelo di Gesù. Molte figure autorevoli ebbero in lui un importante punto di riferimento: il cardinal Dalla Costa, don Facibeni, Giorgio La Pira e tanti altri, ma soprattutto don Milani, di cui fu direttore spirituale fino alla morte. Di questi, in un’intervista, don Bensi ricorderà “la sua capacità di annullarsi fra i poveri, fra i ragazzi e fra la gente senza nome e senza importanza. A lui è sempre bastato amare, sino alla fine, pochi ragazzi: non ha mai preteso di amare l’umanità, e lo ha scritto chiaro tante volte. Ricordo un giorno che capitai a Barbiana senza preavviso, verso sera, quand’era già attaccato dal cancro. Lo trovai, come al solito, nella stanza che serviva da scuola. Era steso nel buio su un pagliericcio. Accanto aveva una donna, la vecchia scema del paese, e i ragazzi meno intelligenti. Erano lì tutti in silenzio, con gli occhi fissi su di me, come se stessero assaporando sino in fondo la loro sofferenza, la loro solitudine, la loro sconfitta umana. E lui era uno di loro, non diverso, non migliore: ed era già condannato a morte. Mi vennero i brividi. Capii allora, più che in qualunque altro momento, il prezzo della sua vocazione, l’abisso del suo amore per quelli che aveva scelto e che lo avevano accettato”. Don Bensi morì il 4 aprile 1985, un Giovedì santo.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Profezia di Isaia, cap.65,17-21; Salmo 30; Vangelo di Giovanni, cap.4, 43-54.

 

La preghiera di questo lunedì è in comunione con i fedeli del Sangha buddhista.

 

È tutto, per stasera. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura una citazione di Martin Luther King, che troviamo nel libro “Il sogno della nonviolenza” (Feltrinelli) e che è, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Il mondo è colmo di frustrazione perché ci siamo affidati alle divinità invece che a Dio. Ci siamo genuflessi davanti al dio della scienza, solo per scoprire che ci ha regalato la bomba atomica, suscitando paure e ansie che la scienza non potrà mai mitigare. Abbiamo venerato il dio del piacere, solo per accorgerci che il brivido svanisce e le sensazioni sono di breve durata. Ci siamo inchinati al dio del denaro, solo per apprendere che esistono cose come l’amore e l’amicizia che il denaro non può comprare e che in un mondo di crisi economiche, di crolli del mercato azionario e di investimenti sbagliati, il denaro è una divinità piuttosto precaria. Queste effimere divinità non possono salvare o portare felicità al cuore umano. Solo Dio può farlo. È la fede in Lui che dobbiamo riscoprire. (Martin Luther King, Il sogno della nonviolenza).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della  Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 04 Aprile 2011ultima modifica: 2011-04-04T21:05:00+02:00da fraternidade
Reposta per primo quest’articolo