Giorno per giorno – 25 Marzo 2011

Carissimi,

“Maria disse: Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola” (Lc 1, 38). Rabbi Isaac Meir Alter (1799-1866), il Rebbe di Ger, fondatore di una delle maggiori dinastie chassidiche dell’ebraismo ortodosso, diceva che “il dono della Torah è avvenuto in un’epoca ben determinata, ma la sua ricezione è possibile in ogni tempo, in ogni generazione”. Così, potremmo anche dire del concepimento di Gesù (che, poi, per la fede cristiana, è il significato più vero della stessa Torah). L’incarnazione del Verbo è avvenuta, del tutto singolarmente, quel giorno di cui dice il Vangelo. Ma è anche vero che ognuno(a) di noi può ripetere l’avventura di Maria, ripetere il suo “sì”, inverare la parola di Dio nella nostra storia e in quella del mondo che ci circonda. Certo, sempre e soltanto, sotto l’azione del Spirito, senza del quale, come ama ripetere la nostra Maria Ferreira, siamo capaci di niente. O solo di pasticci. Nella riflessione che stiamo facendo nelle comunità di base, in preparazione all’Assemblea diocesana (l’equivalente del vostro Sinodo, o, in piccolo, di un Concilio) che si terrà nel prossimo mese di novembre, è emersa l’esigenza di chiarirci e approfondire cosa significhi e in cosa debba tradursi l’opzione per i poveri che la nostra Chiesa ha fatto sua in questa camminata che dura ormai da decenni. Perché il Vangelo, “buona notizia per i poveri”, non resti lettera morta o confinata negli edifici delle chiese. Senza che nulla differenzi la vita e le scelte di chi si dice cristiano da quelle degli altri, se non una pratica religiosa, che creerebbe a questo punto più di un grattacapo per il buon Dio, quando non proprio un’indisposizione, del tipo: ma questi, che cosa vogliono da me? La domanda è, in definitiva: in che modo (e perciò con quali proposte)  noi, le nostre comunità, e le altre espressioni che, nella società civile  (anche nella loro proiezione politica), su questo convergano, sappiamo dar spazio e attuazione al “principio misericordia”? Quello che Carlos Mesters chiamava qualche giorno fa il “volto tenero” – o anche materno – di Dio. Le risposte verranno. Forse, anche da voi, c’è chi se lo chiede e cerca di cominciare a delineare le possibili, serie e serene, risposte alle “emergenze umanitarie”,  che, qualche volta, capita arrivino sino alla porta di casa. E sarebbe bene differenziarsi dagli isterismi di chi grida a vuoto, ma interessatamente, contro buonismi, di cui per altro non si vede traccia, dall’inettitudine di chi sa che da questa potrà comunque trarre vantaggio, dall’egoismo e dall’indifferenza di chi vuol “tenersene fuori” e che comunque non riuscirà mica per molto.  Si tratti della guerra e della pace, di dittature o democrazie, di diritti umani o di patrie galere, di immigrati, clandestini, profughi, rifugiati e quant’altro. Cosa diceva quel Tale a quell’altro? “Caino, dov’è Abele,  tuo fratello?”. Cosa ne hai fatto? Beh, il cristiano o, semplicemente, l’uomo, è colui che può rispondere: me ne sono preso cura. E Gesù, la parola della cura, prende nuovamente carne nel mondo.    

      

Le chiese d’oriente e d’occidente celebrano oggi l’Annunciazione del Signore.

 

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La solennità vuole celebrare l’annuncio recato dall’angelo a Maria di Nazaret, che con il suo sì, accoglie e genere nella storia la Parola da cui tutto ha avuto origine. Maria è insieme figura dell’attesa di Israele e immagine di ogni credente, della Chiesa o dell’umanità, capace di incarnare il sogno di Dio. 

 

 

 

 

I testi che la liturgia di questa Festa dell’Annunciazione del Signore propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Profezia di Isaia, cap.7, 10-14; 8, 10; Salmo 40; Lettera agli Ebrei, cap.10, 4-10; Vangelo di Luca, cap.1, 26-38.

 

La preghiera del Venerdì è in comunione con i fedeli dell’Umma islamica, che confessano l’unicità del Dio clemente e misericordioso. 

 

Il calendario ci porta oggi anche la memoria del martirio di Margareth Clitherow, testimone della fede, ma ancor più dell’amore compassionevole di Dio. 

 

25 Margareth Clitherow.jpgMargareth era nata nel 1553 in una famiglia evangelica di York, in Inghilterra. Sposata al commerciante John Clitherow, dopo tre anni si era convertita al cattolicesimo, colpita dalle sofferenze patite dai cattolici a causa delle leggi repressive del tempo. Il marito non condivise la scelta della moglie, ma neppure le frappose ostacoli. Il 10 marzo 1586, Margareth fu arrestata sotto l’accusa di aver nascosto alcuni preti cattolici e di aver illegalmente favorito celebrazioni eucaristiche nella sua casa. A sua difesa dichiarò soltanto: “Sono totalmente convinta di tutto ciò che riguarda la mia fede. Credo solo in Gesù Cristo. Credo che solo lui mi salva. Anche se un angelo venisse dal cielo a predicarmi un’altra dottrina, come dice l’apostolo, non l’accetterei”. Durante il processo non le permisero di vedere i figli, potè incontrare solo una volta il marito, alla presenza di una guardia. Quando John udì la sentenza, disse piangendo: “Voi uccidete la moglie più buona del regno e la migliore cattolica”. Margareth trascorse la sua ultima notte in preghiera, in compagnia della moglie del suo carceriere. La mattina del 25 marzo 1586, fu portata sul luogo dell’esecuzione. Richiesta di chiedere perdono alla regina e al marito, rispose: Se l’avessi mai offeso, gli chiedo perdono dal più profondo del cuore. Poi fu fatta distendere su una pietra acuminata, e su di lei collocarono una grande tavola di legno, sulla quale via via aggiungevano grosse pietre. Il supplizio durò circa quindici minuti, fino a quando si udì il rumore delle ossa che si spezzavano sotto il  gran peso. Le ultime parole di Margareth furono: “Gesù, Gesù, Gesù, abbi misericordia di me”. Il corpo fu lasciato esposto alla vista di tutti i curiosi  dalle nove del mattino fino alle tre del pomeriggio. Si deve presumere, a pubblica edificazione. 

 

Per stasera è tutto. Noi ci si congeda qui, lasciandovi a una citazione del teologo ortodosso Olivier Clément, tratta dal suo “La mère de Dieu, un éclairage orthodoxe” in Jean Comby (ed), “Théologie, histoire et piété mariale. Actes du colloque de la faculté de théologie de Lyon, 1-3 octobre 1996” (Lyon, Profac). Che noi, però, abbiamo trovato nel sito Marie de Nazareth. E che è, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Accettare, accogliere il miracolo dell’Incarnazione, è accettare che Maria sia realmente la ‘Madre di Dio’ e ‘Madre Vergine’; niente qui contro la sessualità, contro l’amore umano. Il senso è tutt’altro. Noi sappiamo bene che la vita che diamo, che trasmettiamo, è una vita per la morte. Occorreva un intervento di Dio, ci voleva che la catena delle nascite per morte fosse spezzata perché sorgesse con Gesù un vivente totalmente vivo, un vivente che non sarebbe più all’interno della morte come noi, ma si sarebbe volontariamente lasciato afferrare da essa per distruggerla. La verginità feconda di Maria (le tre stelle sull’icona), così come le apparizioni del risorto tutte a porte chiuse, segnalano questa vita più vivente della nostra, una materialità trasfigurata.  (Olivier Clément, La mère de Dieu, un éclairage orthodoxe).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 25 Marzo 2011ultima modifica: 2011-03-25T23:54:00+01:00da fraternidade
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