Giorno per giorno – 19 Marzo 2011

Carissimi,

“Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati” (Mt 1, 20-21). Se la domanda posta da quel tal rabbino ai suoi alunni, di cui ci raccontava una settimana fa Carlos Mesters, su chi fosse il personaggio più importante del Primo Testamento, volessimo riferirla al Nuovo, seguendo la logica della sua risposta, potremmo forse dire: Giuseppe. Non avesse infatti ubbidito, il falegname di Nazareth, ai suoi sogni, chissà, Maria sarebbe forse finita lapidata, o il bambino ucciso anzitempo a Betlemme per ordine di Erode e, allora addio Gesù adulto e i suoi insegnamenti, i segni, la passione e la morte, la risurrezione, e gli apostoli e le prime comunità. Insomma, addio al Nuovo Testamento. Ma, il Nuovo Testamento, e neppure il Primo, a dire il vero, sono mai finiti. E il Gesù Dio-salva, o l’Emanuele, il Dio-con-noi, rappresentano una possibilità reale per ogni tempo. Che cerca le sue Maria da ingravidare, per essere partorito nella storia. E cerca perciò anche i suoi Giuseppe che lo custodiscano (nel suo significato), lo aiutino a crescere nelle Nazareth in cui si svolge la vita di ognuno e di noi tutti insieme (e non sono i centri del potere, neppure religioso, sono le nostre case, i nostri quartieri, i luoghi di lavoro, i partiti, i sindacati, e le nostre comunità, sempre che siano davvero tali). I Giuseppe che sappiano capire quando la Sua vita in mezzo a noi è messa a repentaglio e indovinare le mosse per metterla in salvo. Insomma, forse, potremmo dire che Giuseppe è la dimensione laica della vita (lo studio, il lavoro, la professione, le scelte politiche, ecc.), in cui la fede (Maria), cioè, l’apertura fiduciosa alla laicissima verità di Dio (che riguarda in primo luogo noi, più che Lui: “che tutti abbiano vita e vita in abbondanza!”), è posta ogni volta nelle condizioni di generarla e tradurla in comportamenti concreti, a immagine di Gesù (vita al servizio di tutti e dono gratuito di sé). Sapendo, certo, che questo comporta poi il ricercare le opportune mediazioni e l’operare in vista di un più ampio consenso, ma mai ripiegando su posizioni di retroguardia, di conformismo e di accomodamento. Che sarebbe come soffocare il bambino Gesù nella culla.     

 

Se la liturgia ci ha proposto questo Vangelo è perché, oggi, la Chiesa celebra la festa di Giuseppe di Nazareth, sposo di Maria, padre di Gesù secondo la legge.

 

19 Joseph le juste.jpgLe notizie dei Vangeli su Giuseppe sono molto scarne. Matteo e Luca ce ne offrono due diverse genealogie, che si ritiene rispondano più a finalità teologiche che storico-biografiche. Entrambi comunque concordano nel dirlo discendente di Davide. È detto uomo giusto, abitante a Nazaret, dove esercitava il mestiere di carpentiere. Fidanzato a Maria, nell’apprendere della sua gravidanza, pensò di rimandarla ai suoi in segreto, evitando così di denunciarla (Mt 1, 19), ma un sogno gli rivelò il progetto di Dio sul bambino che doveva nascere. A partire da quel momento Giuseppe assunse a tutti gli effettti gli obblighi della paternità nei confronti di Gesù. Il Vangelo lo descrive presente alla nascita, e lo vede recarsi con Maria e il bambino al tempio di Gerusalemme,  per compiervi le pratiche prescritte dopo i quaranta giorni del parto. Dopo di che, secondo Luca, la famiglia fece ritorno a Nazaret. Matteo inserisce invece il racconto del massacro dei bambini ordinato da Erode e la conseguente fuga in Egitto. Giuseppe è colui che “pone in salvo” il Salvatore. Tornata in patria, alla morte di Erode, la famiglia si stabilì nuovamente a Nazaret. Luca menziona ancora la presenza di Giuseppe durante un pellegrinaggio a Gerusalemme con Maria e Gesù, ormai adolescente (Lc 2, 41-50). Aggiunge poi che al ritorno a Nazaret, egli “stava loro sottomesso” (Lc 2, 51). Poi più nulla. Quando Gesù, intorno ai trent’anni, darà inizio alla sua vita pubblica, si presume che Giuseppe fosse già  morto, assistito nel trapasso, come vuole la tradizione, da Maria e da suo Figlio. Il che lo farà patrono della buona morte. Oltre che della famiglia, della chiesa, dei lavoratori.

 

I testi che la liturgia propone alla nostra riflessione sono propri della festività odierna e sono tratti da:

2° Libro di Samuele, cap.7, 4-5s.12-14a.16; Salmo 89; Lettera ai Romani, cap.4, 13. 16-18.22; Vangelo di Matteo, cap.1, 16. 18-21.

 

La preghiera del Sabato è in comunione con le comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israel.

 

Noi facciamo oggi memoria anche di don Giuseppe Diana, martire della giustizia, nella lotta alla camorra.

 

19 peppe DIANA.jpgGiuseppe Diana era nato a Casal di Principe (Caserta) il 4 luglio 1958. Dopo gli studi di filosofia e teologia, in seminario, fu ordinato sacerdote, nel 1982. Entrato a far parte dell’Agesci, assimilò da subito lo spirito e gli ideali del movimento scoutista, ricoprendo in esso, durante gli anni, diversi incarichi. Nel settembre 1989 divenne parroco di San Nicola di Bari a Casal di Principe, dove rimase fino alla morte e dove seppe coinvolgere un gran numero di giovani nella lotta contro ogni forma di sfruttamento, di violenza e di esclusione, e a favore di una società basata sulla giustizia, l’accoglienza, la solidarietà e il dialogo, soprattutto nei confronti di disabili e immigrati. Questo significò la denuncia delle attività criminose della camorra e la ribellione al clima di violenza instaurato sul territorio dai clan della zona. Il 19 marzo 1994, giorno del suo onomastico, Don Giuseppe Diana fu ucciso con quattro colpi di arma da fuoco, nei locali della sua parrocchia, mentre si recava a celebrare messa.

 

Anche per stasera è tutto e noi ci congediamo qui, offrendovi in lettura la “Preghiera di un pellegrino” che Carlos Mesters pone a chiusura di un suo libro, apparso trent’anni fa, Flor sem defesa. Uma explicação da Bíblia a partir do povo” (Vozes). Il povero di cui dice la preghiera ci ha ricordato un po’ Giuseppe, dato che, come lui, cresce e alimenta Gesù nella sua casa. Anche senza saperlo. È questo, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Signore Dio, ho attraversato la vita alla ricerca di te. Ho chiesto il tuo nome e il tuo indirizzo. Voglio sapere il luogo dove abiti. Voglio incontrarti e conversare con te. Ma mi hanno dato tanti nomi e tanti indirizzi, che mi sono perso. Mio Dio, dove abiti? Alcuni mi indicavano i grandi templi e le chiese. Dicevano: “Il suo nome è Dio Supremo!”. Sono stato là, ma non ti ho trovato. Ho trovato solo delle belle pietre e persone soddisfatte che dicevano di sapere tutto di te. Per quanto volessi, non sono riuscito a credergli. Il mio cuore mi diceva: “Dio non è così!”. Inoltre, loro volevano solo insegnare cose e mettermi in testa le loro idee, come se io fossi ignorante di tutto. Fra loro non ho trovato né giustizia né amore. Altri mi indicavano i gruppi ribelli che vivono nell’ombra. Dicevano: “Il suo nome è Dio vendicatore e giustiziere!”. Sono stato là, ma il dubbio è continuato. Ho trovato brava gente, ma non ho trovato umiltà. Anche loro volevano solo insegnare cose e mettermi in testa le loro idee, come se io fossi ignorante di tutto! Non ho trovato in loro la libertà di cui parlano tanto. Ho continuato a cercare la tua casa e la tua presenza. Stanco e sudato per il tanto camminare, mi sono fermato a casa di un povero. Se ne stava seduto sul marciapiedi davanti alla sua casupola. Approfittava della brezza della sera. Ho chiesto a lui il tuo indirizzo e il tuo nome. E lui mi ha risposto: “Amico mio, perdona la mia ignoranza. Io mi chiamo Severino. Non so informarti di nulla. Ma entra qui e riposa un poco. Hai l’aspetto di chi è stanco. Finché starai con me, la casa è tua!”. Sono entrato e sto là fino ad oggi, mio Dio! Non so se tu abiti nella casa di Severino. Lui mi dice che non ti conosce. Ma, assieme a lui, ho trovato  pace, umiltà, condivisione, perdono, solidarietà e lotta per la giustizia, ho trovato la piena libertà. Rispondi alla mia domanda, o Dio: “È nella casa di questo povero che ti nascondi?” . Può essere solo così!, perché lui non si presenta come professore, e già mi ha insegnato tanto! Non ha niente, e mi ha dato tutto ciò di cui avevo bisogno! Si dice ignorante, ma sa molto più di me! È debole e senza forze, ma fino ad oggi nessuno è riuscito a sconfiggerlo nella sua lotta per la giustizia! Vive pieno di sofferenze, ma non ho mai trovato tanta allegrai! Vive lottando, e comunica solo pace! Se questa non è casa tua, Signore, io non so dove cercare ancora. Qui trovo e ricevo ciò che cercavo. E qui resto con riconoscenza, finché tu non mi indicherai un indirizzo migliore. Aspetto solo che, un giorno, mi riveli il tuo nome. Amen! (Carlos Mesters, Flor sem defesa).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro 

Giorno per giorno – 19 Marzo 2011ultima modifica: 2011-03-19T23:19:00+01:00da fraternidade
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