Giorno per giorno – 26 Febbraio 2011

Carissimi,

“In quel tempo, presentavano a Gesù dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio” (Mc 10, 13-14). Fissiamocelo bene in testa: “a chi è come loro appartiene il regno di Dio”. Altrove, aveva detto che il regno di Dio è dei poveri. Che è la stessa cosa. I bambini, qui, infatti, rappresentano più che loro stessi. Sono tutti i senza voce in capitolo, senza diritti, senza autonomia, senza forza, senza potere, senza capacità contrattuale, né possibilità di imporsi. I più poveri tra i poveri, insomma. In tutto dipendenti dagli altri. Noi, stamattina, si pensava ai vecchi, ai malati, ai “diversamente abili” (spesso abili in quasi nulla, e questo la dice già lunga sui criteri di classificazione di una società dove comunque conta fare e saper fare), ai ricoverati dell’ospizio qui vicino, ai carcerati, e ancora, in molte situazioni del nostro Paese, agli indios, ai negri, alle donne. Beh, Dio e il suo Regno è “di loro”, a loro si destina. E noi, che ci diciamo sua chiesa, siamo davvero sacramento di questa Sua destinazione? O l’indignazione di Gesù è diretta, una volta di più, anche a noi?

 

Oggi è memoria di due vescovi: Antonio de Valdivieso, pastore e martire dell’Evangelo del Regno, in Nicaragua, e José Alberto Llaguno, “Pepe”, vescovo inculturato degli indigeni Tarahumara, in Messico.

 

26 ANTONIO VALDIVIESO.jpgNato a Villa Hermosa in Spagna, da Antonio de Valdivieso e Catalina Álvarez Calvente, attratto dalla vita religiosa, il giovane Antonio era entrato nel convento domenicano di San Paolo a Burgos, dove aveva studiato, emesso i voti religiosi ed era stato ordinato sacerdote. Inviato in America, passò qualche anno come missionario a Santo Domingo, poi fu inviato in Messico e assegnato alla provincia del Nicaragua, dove si distinse per l’azione in favore della libertà e dignità delle popolazioni indigene. Nominato vescovo di Leon, il 29 febbraio 1544, ricevette la consacrazione dalle mani del profetico Bartolomé de Las Casas,  il successivo 8 novembre.  Non sarebbe durato molto. Le esortazioni, le pubbliche denunce e le lettere inviate al re Carlo V per invitarlo a por fine agli arbitri e ai maltrattamenti crudeli  degli indigeni da parte dei conquistadores, gli attirarono ogni giorno di più l’odio dei connazionali. I più accaniti nemici del vescovo erano i fratelli Hernando e Pedro de Contreras, figli di Rodrigo de Contreras, già governatore del Nicaragua, il cui allontanamento dall’incarico essi addebitavano alle severe denunce di Valdivieso. Raggiunti da un provvedimento di scomunica, i due fratelli, dando ascolto ai suggerimenti di un mestatore, tal Juan Bermejo, ai consigli della loro stessa madre, dona Maria de Peñalosa, nonché di un frate apostata dell’Ordine, Pedro de Castañeda,  si recarono, accompagnati da alcuni soldati, alla residenza del vescovo. Trovatolo a colloquio con un frate  domenicano e un altro sacerdote, lo accerchiarono e, gettandoglisi addosso, lo pugnalarono a morte. Sopraggiunse la madre, richiamata dal clamore e prese il figlio morente tra le braccia. Antonio ebbe il tempo di recitare il Credo, poi additando il Crocifisso, disse: Affido la mia Chiesa a questo Signore: so che la governerà bene. Aggiunse qualche parola di perdono per i suoi assassini e spirò. Era il 26 febbraio 1550.  Gli aggressori saccheggiarono la casa, poi uscirono in piazza gridando: “Libertà” e “Viva il principe Contreras”, dando inizio ad un golpe che durò venti giorni e che finì con la morte dei sediziosi.

 

26 José Alberto Llaguno.jpgJosé Alberto Llaguno era nato a Monterrey (Nuevo Léon, Messico) il 7 agosto 1925. A 18 anni entrò nella Compagnia di Gesù. Durante la sua formazione trascorse due anni nella regione abitata dagli indigeni rarámuris (o tarahumaras), di cui in seguito sarebbe divenuto vescovo. Ordinato prete nel 1956 e conclusi i suoi studi a Roma, tornò a La Tarahumara, da cui non si sarebbe più allontanato. Lì, gli furono affidate diverse mansioni e ministeri, fino alla sua ordinazione episcopale nel 1975. Pepe”, come lo chiamavano, entrò nell’anima e nell’universo degli indigeni  e la sua preoccupazione maggiore fu da subito quella che esprimerà anche nella sua ultima lettera prima di morire: “Dobbiamo vivere più pienamente, con maggior generosità e dedizione la nostra opzione per i poveri, per le loro culture, per una Chiesa autoctona, in cui l’indigeno, l’emarginato sia davvero suo membro attivo”. Un’opzione che egli cercò di concretizzare incontrando sistematicamente tutte le comunità. Come presidente della Commissione Episcopale per gli Indigeni e come membro del Comitato di Difesa dei Diritti Umani, denunciò torture e omicidi di indigeni e contadini da parte della polizia. Sempre appoggiò un’evangelizzazione inculturata, a partire dalla realtà di La Tarahumara: “un altro mondo” geografico, culturale e ecclesiale, ma pur sempre nella prospettiva della Chiesa messicana e latinoamericana. La sua impronta pastorale e il suo pensiero trovarono ulteriore espressione a Puebla, durante la III Assemblea del CELAM, come responsabile della redazione finale del capitolo sulla “opzione preferenziale per i poveri”. Ammalatosi di cancro, quando seppe dello stato terminale della sua malattia, chiese di essere ricoverato e di morire nel piccolo ospedale di La Tarahumara, dove venivano ricoverati gli indigeni. Morì il 26 febbraio 1992.  I suoi funerali, all’aperto, nella splendida cornice delle cime innevate, furono accompagnati dalle danze e dai cori del rituale indigeno.

 

I testi che la liturgia propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Libro del Siracide, cap. 17, 1-13; Salmo 103; Vangelo di Marco, cap.10, 13-16.

 

La preghiera del Sabato è in comunione con le comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israel.

 

Si è accennato al ruolo che Mons. José Alberto Llaguno ebbe nella stesura dei capitoli sulla scelta preferenziale per i poveri del documento di Puebla e noi, nel congedarci, scegliamo di offrirvene uno stralcio come nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

La scelta preferenziale per i poveri ha come obiettivo l’annuncio di Cristo salvatore che li illuminerà sulla loro dignità, li aiuterà nei loro sforzi di liberazione da tutte le carenze e li porterà alla comunione con il Padre e con i fratelli mediante una vita di autentica povertà evangelica. Questa scelta, reclamata dalla realtà scandalosa degli squilibri economici dell’America Latina, deve portare a stabilire una convivenza umana degna e fraterna ed a costruire una società giusta e libera. La necessaria trasformazione delle ingiuste strutture sociali, politiche ed economiche non sarà vera e piena, se non sarà accompagnata dal cambiamento della mentalità personale e collettiva nei confronti dell’ideale di una vita umana degna e felice, che a sua volta dispone alla conversione. L’esigenza evangelica della povertà, come solidarietà con il povero e come rifiuto della situazione in cui vivono le masse del continente, libera il povero dalla tentazione di essere individualista nella sua vita e di essere attratto e sedotto dai falsi ideali di una società dei consumi. Nello stesso tempo, la testimonianza di una Chiesa povera può evangelizzare i ricchi che hanno il cuore troppo attaccato alle ricchezze, convertendoli e liberandoli da questa schiavitù dell’egoismo. Per vivere ed annunciare le esigenze della povertà cristiana, tutta la Chiesa deve rivedere le proprie strutture e la vita dei suoi membri, soprattutto degli operatori di pastorale, per giungere ad una effettiva conversione. Questa conversione comporta l’esigenza di uno stile di vita austero e di una totale fiducia nel Signore. Nell’opera di evangelizzazione, infatti, la Chiesa farà maggiore assegnamento su Dio e sul suo potere e la sua grazia, che sull’ “avere di più” e sul potere di questo mondo. Così la Chiesa presenterà un’immagine autenticamente povera, aperta a Dio ed ai suoi fratelli, sempre disponibile a far sì che i poveri abbiano una reale capacità di partecipazione e si vedano apprezzati nel loro giusto valore. (III Conferenza Generale del CELAM, L’evangelizzazione nel presente e nel futuro dell’America Latina, 1153-1158).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 26 Febbraio 2011ultima modifica: 2011-02-26T23:06:00+01:00da fraternidade
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