Giorno per giorno – 17 Febbraio 2011

Carissimi,

Ed egli domandava loro: Ma voi, chi dite che io sia? Pietro gli rispose: Tu sei il Cristo. E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno” (Mc 8, 29-30). Fu così che Pietro si mise e ci mise nei guai. Perché avrebbe potuto limitarsi a ripetere ciò che di Gesù pensava (e, spesso, pensa ancora) un certo numero di persone: un profeta, Giovanni Battista redivivo, un terapeuta, un filosofo, un rivoluzionario, un maestro, o anche solo, un amico, un grande amico. Persone che, prima o poi, finiscono. Anche se è triste che finiscano. E invece gli butta lì: sei il Cristo. Sei il Messia. E, con un certo Messia, ci sarebbe andata ancora bene. Noi, suoi amici, ci avrebbe fatto tutti ricchi e potenti, con un posto garantito per tutti. E gli altri, a morire d’invidia. E, invece, cosa ti è andato a scovare Gesù nella Bibbia, per dirsi come Cristo? Qualche versetto della profezia di Isaia, la figura del servo sofferente. Ma come servo, il messia deve regnare, se no che razza di messia è? “E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere” (Mc 8, 31). Beh, bisogna riconoscere che Pietro ce l’ha messa tutta per togliere quest’idea balzana dalla testa del Maestro, che minava alla radice e squalificava ogni futuro tentativo di fare della compagnia di Gesù – quella che poi si sarebbe chiamata chiesa – qualcosa di diverso dall’essere figura del pane che si dona per la vita del mondo. Segno di una logica diversa che il potere politico (gli “anziani”), le gerarchie religiose (i “capi dei sacerdoti”) e i loro intellettuali organici  (gli “scribi”) temono come la peste. Il che spiega perché, da allora, facciano coerentemente di tutto per eliminarla dall’orizzonte della storia. A Pietro è andata male, quella volta, al punto che è  toccato a lui il primo  e più vero esorcismo pronunciato da Gesù nella cerchia dei suoi discepoli. Destinato, necessariamente, a proiettarsi nel tempo e a risuonare perciò anche per noi, come individui e come chiesa. Quello che identifica la presenza di Satana in ogni forma di collusione (anche solo con il silenzio o l’indifferenza) con il sistema del dominio, che è naturalmente sempre a fin di bene (almeno del bene di qualcuno), ma si traduce sempre, chissà poi perché, in oppressione, asservimento, manipolazione, esclusione dell’altro. “Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini” (v.33). Sì, c’è proprio bisogno che Gesù lo ripeta ancora, per le sue Chiese, oggi.      

 

Il nostro calendario, prendendo spunto dall’anniversario della morte di Giordano Bruno, ci porta oggi la memoria di tutti i Martiri dell’Inquisizione (non importa se cristiani o no, santi o peccatori, ortodossi o eretici, beghine o streghe). Essa richiama la nostra attenzione sul fatto che l’unica verità da affermare (a cui ogni altro dogma rimanda), a partire almeno dall’annuncio di Gesù,  era ed è che Dio è Amore incondizionato per tutti. Il che comporta, come inevitabile corollario, che ci si debba impegnare, come cristiani, perché tutti (non solo alcuni, i nostri, o i buoni, ma tutti, compresi i suoi nemici o negatori)  abbiano vita e vita in abbondanza.

 

17 GIORDANO BRUNO.jpgIl nome di battesimo di Giordano Bruno, nato a Nola, nel 1548, era in realtà Filippo. Egli lo cambiò in Giordano, quando, a diciassette anni, entrò in convento dai domenicani. Il suo temperamento vivace e anticonformista, l’intelligenza fervida e un certo eclettismo di interessi che lo portava ad interessarsi delle nuove scoperte scientifiche, non meno che di studi esoterici e pratiche magiche, lo misero presto nei pasticci. Sicché, sospettato di eresia, dovette nel 1576 fuggire dal convento, cominciando un lungo periodo di peregrinazioni, da una città all’altra, prima nel nord d’Italia e poi altrove. Fu in Francia, poi in Svizzera, a Ginevra, dove aderì al calvinismo, ma fu per poco tempo, perché l’istituzione gli stava stretta. Fece ritorno in Francia, dove insegnò qualche tempo a Parigi, poi, passò in Inghilterra e quindi in Germania. Invitato a Venezia dal doge Mocenigo, fu da questi tradito e denunciato. Trasferito a Roma, nel febbraio del 1593, per essere sottoposto al giudizio dell’Inquisizione, rimase rinchiuso sette anni nelle prigioni di Castel Sant’Angelo, dove venne spesso sottoposto a tortura. Lo studio meticoloso delle sue opere da parte di una commissione presieduta dal card. Bellarmino, portò, nel gennaio 1599  all’individuazione di otto capi d’accusa. Nel settembre dello stesso anno fu richiesto al Bruno di abiurare sinceramente e definitivamente dai suoi errori. Dopo lunghe notti insonni, l’ex-frate domenicano che, inutilmente aveva chiesto di poter parlare direttamente al papa, dichiarò di non aver nulla da abiurare. Il 20 gennaio 1600, Clemente VIII ordinava di consegnarlo al braccio secolare per l’esecuzione della condanna a morte. Bruno fu bruciato vivo in Campo dei Fiori, il 17 febbraio 1600.   

 

Oggi noi ricordiamo anche  Jiddu Krishnamurti, [non-]maestro del nostro tempo.

 

17_KRISHNAMURTI.JPGKrishnamurti era nato l’11 maggio 1895 a Madanapalle, un piccolo paese vicino Madras, nell’India Meridionale, ottavo di una famiglia di dieci figli. La sua infanzia non presentò tratti particolarmente distintivi rispetto a quella degli altri bambini. La famiglia viveva in condizioni miserevoli, gli insegnanti lo ritenevano un caso problematico per le accentuate difficoltà di apprendimento. In compenso rivelava  già da allora quello straordinario altruismo che lo caratterizzerà sempre. Avvicinato dai dirigenti della Società Teosofica (un movimento religioso che credeva nell’avvento imminente di un nuovo messia), Krishnamurti fu inviato in Inghilterra per completare la sua formazione ed essere iniziato alle dottrine esoteriche della Teosofia. Negli anni successivi, tuttavia, egli prese sempre più le distanze dai metodi teosofici, preferendo proseguire il suo cammino da solo. Affermò che la “verità è una terra senza sentieri” e ad essa “non si perviene per un processo evolutivo, ma per una mutazione, un improvviso cambiamento”. Diceva anche: “Voi siete esseri umani, non una nazione o un’istituzione; come esseri umani dovete combattere il potere in voi stessi. Potete infatti ribellarvi contro il potere, e poi esercitarlo sugli altri. Cominciate da voi stessi, diventate responsabili di voi stessi, cercate di scoprire se state usando un potere psicologico con le vostre idee e istituzioni. […] Domandatevi anche se vi sentite legati ad una patria, a un certo colore sulle carte geografiche. Tutte queste cose sono disumane, e, se sono in voi, non raggiungerete la libertà e la verità”. Per quasi sessant’anni Krishnamurti andò per il mondo, per trasmettere, con assoluta semplicità,  il suo insegnamento liberatorio. Morì il  17 febbraio 1986 ad Ojai, in California.

 

I testi che la liturgia propone oggi alla nostra riflessione sono tratti da:

Libro di Genesi, cap.9, 1-13; Salmo 33; Vangelo di Marco, cap.8, 27-33.

 

La preghiera del giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene.

 

Il libro “Al di là della violenza” (Ubaldini) raccoglie alcune conversazioni e discussioni tenute da Jiddu Krishnamurti. In una di esse, svoltasi all’Univerità Statale di San Diego, l’8 aprile 1970, l’autore rispondeva ad una sua interlocutrice con le osservazioni, che nel congedarci, vi proponiamo qui di seguito come nostro  

  

PENSIERO DEL GIORNO

Vi siete mai chiesta perché siete frustrata? E per rispondere a questo interrogativo vi siete mai chiesta: Che cos’è la soddisfazione? – perché mai voler essere soddisfatti? Esiste la soddisfazione? Che cos’è che si soddisfa? – il ‘me’, il ‘me’ che è violento, il ‘me’ che separa, il ‘me’ che dice: “Sono più grande di te”, che persegue l’ambizione, la fama, la notorietà? Siccome mira al successo, è frustrato quando non riesce a raggiungerlo; perciò diventa amaro. Vedete che c’è un ‘me’ che vuole espandersi, che, quando non si espande, si sente frustrato e quindi amaro? – quell’amarezza, quel desiderio di espandersi, è violenza. Ora, quando vedete la verità di ciò, allora non c’è desiderio di soddisfazione, quindi non c’è frustrazione. […] Attenzione a ciò che sto per dire: gli esseri umani si distruggono l’un l’altro con la violenza: il marito distrugge la moglie e la moglie distrugge il marito. Sebbene dormano insieme, passeggino insieme, ciascuno vive isolato con i propri problemi, con le proprie angosce; e questo isolamento è violenza. Ora, quando vedete tutto ciò di fronte a voi così chiaro e distinto – dico vedere, non pensare – quando ne vedete il pericolo, voi agite, no? Quando vedete un animale pericoloso, voi agite; non ci sono esitazioni, non ci sono discussioni fra voi e l’animale – voi agite, voi fuggite o fate qualcosa. Invece qui discutiamo perché non vedete il pericolo della violenza. Se realmente, con il vostro cuore, vedete la natura della violenza, ne vedete il pericolo, avete chiuso con essa. Ora, come si può farne vedere il pericolo, se non volete vedere? (Jiddu Krishnamurti, Al di là della violenza).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 17 Febbraio 2011ultima modifica: 2011-02-17T23:37:00+01:00da fraternidade
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