Giorno per giorno – 31 Gennaio 2011

Carissimi,

“Gesù gli disse:  Va’ nella tua casa, dai tuoi, annunzia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ti ha usato. Egli se ne andò e si mise a proclamare per la Decapoli ciò che Gesù gli aveva fatto, e tutti ne erano meravigliati” (Mc 5, 19-20). Beh, qui da noi è facile, nei racconti di esorcismo come quello narrato dal Vangelo di oggi, scegliere di farne una lettura e un’applicazione letterale, considerata anche la diffusione di una certa pratica soprattutto nelle chiese pentecostali, o quel che è veicolato da cinema, stampa e televisione. Tuttavia, ciò che il racconto dell’indemoniato geraseno vuol dirci è, forse, altro. Attraverso il fatto eclatante, vuole segnalarci il carattere distruttivo e alienante che il male opera in noi. Le cui manifestazioni possono essere più prossime e quotidiane di quel che si arriva pensare. Noi, il brano, lo si era letto, qualche giorno fa, assieme agli amici della chácara di recupero e quando abbiamo chiesto loro di dare qualche nome a queste manifestazioni, in cui, dicono loro, sembra che sia un altro ad agire in te o su di te attraverso altri, hanno nominato ovviamente subito la droga e l’alcool,  la violenza inconsulta, i meccanismi scatenati dall’emulazione di gruppo, il vandalismo gratuito, gli stupri e le violenze, il machismo, il razzismo, il consumismo esasperato, l’intolleranza nei confronti del diverso, la dipendenza dal gioco, la sessualità esasperata e violenta, la smania di guadagno, i vari tipi di sfruttamento. Se volessimo aggiungere qualcosa, potremmo dire di un “clima ai limiti del demoniaco”, di “un’atmosfera greve che ti si appiccica addosso e da cui pare non ci si possa liberare più”, fatta di “volgarità, arroganza, menzogne”, che un’amica di lì ci diceva respirarsi lì da voi , di questi tempi.  Sì, il male ha tutti questi nomi, e molti altri ancora. È, come dice il Vangelo una legione. Però, non può nulla contro noi, da quando è apparso Lui. Solo a volerlo. Questo intende dirci il Vangelo. E se Ricoeur scriveva: “Io non so cosa sia Satana, chi sia, e neppure se sia Qualcuno. Comunque, se fosse qualcuno, sarebbe necessario intercedere per lui”, allora c’è solo da darci sotto. Chissà che un giorno o l’altro, ci ritroviamo “seduto, vestito e sano di mente, lui che era stato posseduto dalla Legione” (v. 15), anche se con duemila porci in meno nei nostri porcili; il che non sarà poi un costo così grande, solo qualche privilegio venutoci a mancare. E anche a lui, un qualsiasi lui, divenuto personaggio di una moderna parabola, Gesù potrà dire: Va’ nella tua casa, dai tuoi, annunzia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ti ha usato.

 

Tre sono le memorie che il calendario ci propone oggi: Giovanni Bosco, educatore e apostolo della gioventù; Menno Simons, riformatore della Chiesa; Camillo De Piaz, pendolare del Vangelo.

 

31_JO_O_BOSCO.JPGGiovanni Bosco nacque a Castelnuovo d’Asti il 16 Agosto 1815 e fu dalla madre, Margherita, educato alla fede e alla pratica coerente del Vangelo. Divenuto prete nel 1841, in una società che conosceva il dramma della miseria e dell’emarginazione sociale, iniziò il suo apostolato tra i giovani più poveri, fondando l’Oratorio, che mise sotto la protezione di san Francesco di Sales. E sará proprio tra loro che troverà in seguito i suoi migliori collaboratori. Fondò poi  la Società di S. Francesco di Sales (da cui il nome di Salesiani) e, più tardi, con Madre Maria Domenica Mazzarello, l’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Creò, infine, i Cooperatori Salesiani, laici, uomini e donne, che accoglievano la chiamata ad affiancare e sostenere la sua opera. Morì il 31 gennaio 1888. Ai suoi figli salesiani lasciò in eredità una forma di vita religiosa semplice, che volle basata sulle virtù cristiane, sintetizzate nel binomio “lavoro e temperanza”.


31 Menno.jpgMenno Simons nacque a Witmarsum, nella provincia olandese di Friesland nel 1496. Poco si sa della sua prima infanzia e dell’educazione ricevuta. Nel 1524, in ogni caso, fu ordinato prete della Chiesa cattolica. La morale del clero di allora generalmente non si distingueva da quella del mondo e Menno vi si era in qualche modo adeguato. Fu solo quando prese a leggere sistematicamente la Bibbia, che si rese conto che qualcosa non andava. Cominciò anche a nutrire qualche dubbio su alcune dottrine della chiesa di Roma; poi gli scritti di Lutero fecero il resto. Più radicale di questi e di Calvino, si identificò come anabattista. Gli anabattisti negano la validità del battesimo dei bambini e sostengono la necessità di (ri)battezzare solo adulti liberi e consapevoli della loro scelta. Lo stesso Menno volle essere così ribattezzato. Lo fece nel 1537. Nel frattempo la sua fama come scrittore e predicatore crebbe e presto gli anabattisti di quella regione lo riconobbero come loro leader, adottandone in seguito il nome per identificare la loro chiesa: si dissero infatti “mennoniti”. Suo merito fu quello di restaurare l’anabattismo nel suo carisma originario, dopo il bagno di sangue che aveva posto fine alla tragica esperienza di Münster (1535). Simons riunì i superstiti e quanti non avevano seguito gli estremisti nella loro avventura e riorientò il movimento su una pietà austera, aliena dai coinvolgimenti nella lotta per il potere. Da allora, i mennoniti  rifiutano il servizio militare, non giurano, si propongono di costruire comunità di “santi”, dotate di rigorosa disciplina. Istruiscono i loro figli nella dottrina cristiana, ma battezzano solo gli adulti che liberamente accolgano l’Evangelo e si impegnino a viverlo. Il loro concetto centrale è una teologia del discepolato, ispirata al Discorso della Montagna. Menno Simons morì il 31 gennaio 1561.

 

31 CAMILLO DE PIAZ BIS.jpgCamillo de Piaz era nato a Madonna di Tirano il 24 febbraio 1918, da Battista de Piaz e Ernesta Valori. Nel settembre 1929 entrò nello studentato dell’Ordine dei Servi di Maria, a Monte Berico, dove ebbe come compagno di studi David Maria Turoldo. Entrambi nel 1934 iniziarono il loro noviziato nel Convento di Isola Vicentina, e un anno più tardi pronunciarono i primi voti semplici. Dopo gli studi di filosofia e teologia furono ordinati preti nel 1941. Ancora insieme parteciparono attivamente alla Resistenza antifascista. Dopo la Guerra, i due frati, insieme ad altri amici intellettuali (cui si aggiunsero, in seguito, Lucia Pigni e Mario Cuminetti), diedero vita, a Milano, alla “Corsia dei Servi”, un’officina di cultura che, su molti temi, anticipò la svolta del Concilio Vaticano II e che sarebbe presto divenuta un importante punto di riferimento per il mondo cattolico e non. Negli anni Cinquanta, esiliato, per volere del Santo Ufficio, nella natia Madonna di Tirano, visse sempre lì, presso il suo Santuario, pendolare dell’Evangelo, fino alla morte.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Lettera agli Ebrei, cap.11, 32-40; Salmo 31; Vangelo di Marco, cap.5, 1-20.

 

La preghiera di questo lunedì è in comunione con i fedeli del Sangha buddhista.

 

È tutto. Noi ci si congeda, lasciandovi al brano di un’intervista a Camillo de Piaz, realizzata da Katia Alesiano, Stefano Mainoni, Francesco Papafava e apparsa col titolo “Il padrone del gregge”, in Una Città n.122/ 2004 Luglio-Agosto. Ci pare straordinariamente attuale ed è, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Bisogna sempre ricordare che il papa è il pastore di un gregge che non gli appartiene e pertanto deve ubbidire anche lui al supremo pastore che è Dio stesso. La Chiesa non appartiene ai preti, né ai vescovi e nemmeno al papa. Mi chiedete quando si può dire: “Obbedisco a Dio e non alla Chiesa”. Questa questione, che è stata fondamentale durante il Concilio, è stata animatamente dibattuta durante la prima Sessione, ma non ha avuto un esito compiuto. Siamo ancora lontani dalla conclusione del discorso. Tuttavia, dopo un grande dibattito, all’inizio della Costituzione sulla Chiesa, Lumen Gentium, è stata posta in primo piano la Chiesa come Popolo di Dio, mentre nei documenti preparatori della Curia veniva prima la gerarchia, l’episcopato, e poi i fedeli. La Chiesa allora è innanzitutto il popolo in unione con Dio, tutto il resto viene dopo e il papa è citato dopo i vescovi, successori degli Apostoli, tutti allo stesso grado pastori. Il papa, preposto ai vescovi, è indicato come principio e fondamento dell’unità della fede. Pertanto non è sbagliato sostenere che il papa dovrebbe svolgere una funzione di sussidiarietà. Nella Lumen Gentium, fin dalle prime righe, è specificato che la Chiesa è strumento dell’intima unione di tutto il genere umano con Dio, in latino instrumentum intimae cum Deo unionis tutiusque generis humani unitatis; più avanti si definisce il Popolo di Dio come tutti coloro che credono in Cristo; tutto il resto, l’organizzazione della Chiesa, segue. E’ diffusa invece l’opinione che la Chiesa si identifichi con la gerarchia ecclesiastica a cui i fedeli devono sottostare. E’ sbagliato. Come ho detto, si dovrebbe applicare anche alla Chiesa il principio di sussidiarietà, di cui da qualche tempo si parla tanto in politica, che è un concetto di derivazione cattolica. I vescovi sussidiari del popolo di cui sono pastori, il papa sussidiario dei vescovi. E’ un principio così caro alla gerarchia ecclesiastica quando si parla di politica! Scrivetelo questo, ci tengo: bisogna applicare anche alla Chiesa il principio della sussidiarietà. Durante il Concilio, Giovanni XXIII ha dato un esempio straordinario della funzione sussidiaria del papa quando, in occasione del dibattito sulle Fonti della Rivelazione, è intervenuto autoritariamente a favore della libertà dell’assemblea contro l’autoritarismo dell’alta gerarchia vaticana. (Camillo de Piaz, Il padrone del gregge).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 31 Gennaio 2011ultima modifica: 2011-01-31T22:00:00+01:00da fraternidade
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