Giorno per giorno – 29 Gennaio 2011

Carissimi,

“Si destò, minacciò il vento e disse al mare: Taci, càlmati! Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: Perché avete paura? Non avete ancora fede?” (Mc 4, 39-40). No, a dire il vero, adesso, ce l’avevano di nuovo. Sicura, salda, incrollabile. Almeno fino alla prossima tempesta. Quella barca, nel racconto di Marco, sta a significare presumibilmente la chiesa. Ma c’erano anche altre barche, quella notte, nel mare in tempesta (v.36). E ciascuno avrà reagito a modo suo. Disperandosi, maledicendo i tempi, affidandosi agli dèi, aspettando semplicemente il peggio. O, invece, trovando il modo di sfidare il vento, di dominare le onde. Chissà, quel sonno di Gesù forse era un po’ la prova generale della sua morte. Come reagiamo noi di fronte al sonno, all’apparente assenza di Dio? All’improvviso venir meno  nella nostra vita o in quella della nostra famiglia, comunità, chiesa, paese, o che altro, del suo significato – un significato che fino a ieri, quando tutto era calmo e tranquillo, ci sembrava assolutamente scontato, da potere persino fare a meno di prenderlo in considerazione. Cos’è che fa diversa la nostra barca dalle altre? Solo la fede, che qualcuno potrebbe tradurre con un fondato “pessimismo della ragione e ottimismo della volontà”. Quella che ci porta a dire: sì la situazione è grigia, ma Lui è qui, anche se non dà segni di vita. Vive nella nostra determinazione, nelle nostre lotte, nella serenità e nell’ottimismo che ci preoccupiamo di trasmettere ai nostri figli e figlie, fratelli e sorelle. Che abbiamo appreso, a nostra volta, dai popoli martiri, dalla resistenza dei poveri, dalla testimonianza dei santi, per lo più anonimi, che attraversano le nostre vite e incrociano le nostre strade, di fronte all’esperienza dei quali, ciò che viviamo noi pare spesso ridursi davvero a tempeste in un bicchiere d’acqua. Aver paura, dunque? Di che? Noi abbiamo fede.      

 

Oggi il calendario ci porta la memoria di P. Egidio Biscaro, missionario comboniano, martire in Uganda.

 

29 P. EGIDIO BISCARO.jpgEgidio Biscaro, era nato a Foresto di Cona (Venezia) il 22 settembre 1928, ultimo di sei figli di Antonio e Palmira Costa. Desideroso di essere missionario, nel luglio 1947, entrò come fratello laico nel noviziato dei Comboniani, emettendo i suoi voti religiosi il 15 agosto 1949. In previsione del suo invio in Uganda, trascorse un tempo in Inghilterra per apprendere l’inglese, frequentando nel contempo un corso di meccanica. A fine febbraio 1950 partiva pieno di giovanile entusiasmo per l’Africa, con destinazione Gulu, una missione fondata nel 1911, dove cominciò a lavorare in una grande officina di riparazioe di auto. Dopo tre anni si trasferì a Laybi, dove al lavoro in officina aggiunse l’insegnamento tecnico e l’attività di catechista nei fine settimana. Nel 1971, la Congregazione ritenne di poter accogliere il suo antico desiderio di essere prete. Si trasferì così a Roma, dove studiò per tre anni teologia e fu infine ordinato prete il 6 aprile 1974 a Milano. Ritornato in Uganda, visse, accanto alla sua gente, gli anni difficili della sanguinosa dittatura di Idi Amin Dada e quelli della successiva guerra civile, come anche il lungo tempo di instabilità e disordine che le seguirono. Il 29 gennaio 1990, padre Biscaro si trovava nella missione di Pajule (diocesi di Gulu), quando si rese necessario trasportare una donna bisognosa di ricovero urgente nell’ospedale di Kitgum. Pur consapevole del pericolo che il trasporto comportava a causa della presenza di numerosi banditi in quella regione, decise che era necessario tentare. Con l’inferma e con un altro missionario, si avviò in macchina verso la città, ma percorsi pochi chilometri alcune raffiche di mitra uccisero la donna e ferirono i due missionari, p. Egidio morì prima dell’arrivo dei soccorsi. L’altro sopravvisse. I resti del missionario  riposano nel cimitero di Kitgum, vicino alla statua della Madonna, che aveva ripetutamente invocato prima di morire. Tra la sua gente.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Lettera agli Ebrei, cap.11, 1-2.8-19; Salmo (da Lc 1, 69-75); Vangelo di Marco, cap.4, 35-41.

 

La preghiera del Sabato è in comunione con le Comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israel.

 

Vincere la paura: l’abbiamo visto nelle scorse settimane in Tunisia, in questi giorni in Egitto, e forse non è ancora finita. Certo, sono pur sempre minoranze. Altri, come succede ovunque (lo sapete bene anche voi!), si lasceranno vivere dagli eventi, anzi, non vivranno affatto, al chiuso delle loro case e delle loro coscienze, vittime della loro ignavia, neghittosità, indifferenza, se non addirittura di una complicità che già non sa esprimersi più con la stessa baldanza di prima, dato che ancora non si prevede come andrà a finire. Beh, questo non può essere comunque l’atteggiamento di cristiani che si vogliano tali. Ce lo dice bene Dietrich Bonhoeffer in questa predica del 15 gennaio 1933, II Domenica dell’Epifania, che troviamo nel suo libro, edito in Italia con il titolo “Memoria e libertà” (Qiqajon).Che è, per oggi, il nostro  

 

PENSIERO DEL GIORNO

La Bibbia, l’evangelo, Cristo, la chiesa, la fede, sono un grido di guerra contro la paura. La paura: è il nemico originario. Essa si istalla nel cuore dell’uomo, lo scava, sino a che improvvisamente egli si trova privo di resistenza, senza forza, e crolla. Furtivamente essa corrode tutti i fili che congiungono l’uomo a Dio e agli altri, e quando l’uomo, dall’abisso della propria indigenza, tenta di aggrapparvisi, quelli si strappano, ed egli impotente sprofonda ricadendo su di sé, fra gli sghignazzi dell’inferno. E allora la paura lo guarda dritto in faccia con un sogghigno e dice: “Adesso siamo soli, tu e io, adesso ti mostro il mio vero volto”. Chi ha visto la paura svelarsi così, nella sua nudità, chi è stato da essa ridotto in orrida solitudine – dalla paura dinanzi a una grande decisione, dinanzi a un duro destino, a una difficoltà professionale, a una malattia; dalla paura della vergogna, dalla paura dell’altro, dalla paura della morte – chi ha provato questa sa che la paura altro non è se non la maschera del male, sotto il quale il mondo ostile cerca di aggredirlo. Ma l’uomo non deve avere paura! Questo è ciò che distingue l’uomo da tutte le altre creature: nella mancanza di ogni via di scampo, nella confusione e nella colpa egli conosce una speranza. E questa speranza si chiama: “Sia fatta la tua volontà”; anzi: “La tua volontà è fatta”. “Tutto passa, solo Dio resta e non vacilla; i suoi pensieri, la sua parola, la sua volontà han fondamento per l’eternità”. E chiederete: come lo sai? E allora pronunceremo il Nome di colui dinanzi al quale il male si ritrae, dinanzi al quale paura e angoscia sono costrette ad aver paura, al cui cospetto tremano e fuggono; il Nome di colui che, solo, ha sgominato la paura, l’ha trascinata in catene nel corteo trionfale; l’ha inchiodata alla croce e l’ha sottomessa alla vanità; il Nome di colui che è il grido di vittoria dell’umanità liberata dalla paura: Gesù Cristo, il crocifisso, il vivente. Egli è il Signore della paura, ed essa, che lo sa suo Signore, di fronte a lui retrocede. Nella vostra paura, dunque, guardate a lui, pensate a lui, ponetelo davanti ai vostri occhi, invocatelo, pregatelo, credete che egli ora è presso di voi e vi aiuta. Allora la paura impallidirà e indietreggerà, e voi sarete liberi nella fede in Gesù Cristo, il redentore forte e vivente. (Dietrich Bonhoeffer, Il grido contro la paura).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 29 Gennaio 2011ultima modifica: 2011-01-29T23:00:00+01:00da fraternidade
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