Giorno per giorno – 25 Gennaio 2011

Carissimi,

“Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno” (Mc 16, 17-18). La memoria della conversione dell’apostolo Paolo – l’unica conversione che si sia meritata una festa liturgica – ci proponeva oggi come brano evangelico su cui meditare questa appendice al Vangelo di Marco, che racconta l’ultima apparizione del Risorto e la missione da lui affidata agli Undici. Quanti eravamo anche noi stasera, a casa di dona Dominga, contando però  anche Ditinha, che dormiva nella stanza accanto, sotto l’effeto delle medicine che sta prendendo. Quello che la lettura tralascia è il rimprovero mosso da Gesù ai suoi, che veniva subito prima: “Alla fine apparve agli undici, mentre stavano a mensa, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risuscitato” (v.14). Eppure, questa frase è importante, perché parla di noi, un giorno sì e un giorno no. E l’altra, citata in apertura ci offre la verifica di quando noi crediamo per davvero. A scacciare i “demòni” sono, qui da noi, soprattutto i “crentes”, i credenti, come vengono chiamati gli evangelici. Questo avviene spesso durante i culti, o i ritiri che organizzano, o nelle case dove li chiamano. E tutto bene, se questo aiuta le persone a ritrovare un loro equilibrio e a sentirsi in pace. Comunque, il Vangelo si riferiva forse a qualcosa che agisce più in profondità e più in sordina di questi rumorosi inquilini che qualcuno si ritrova dentro. Ed è ciò che semina divisione nella società, nella chiesa, in famiglia e, certo, dentro noi stessi. Il diavolo, aveva detto Gesù, parlando ai farisei, è “omicida fin dal principio, menzognero e padre della menzogna” (Gv 8, 44). È, allora, tutto ciò che attenta alla vita dell’uomo e, perciò, alla verità di Dio. Che vuole, invece, per l’essere umano, ogni essere umano, vita piena e abbondante. Scacciare i demòni significherà allora, soprattutto, lottare per una società che si prenda cura della vita in tutte le sue dimensioni. Anche “parlare lingue nuove”, con tutto il rispetto per i fenomeni di glossolalia, che caratterizzano i movimenti carismatici, più che limitarsi a ripetere di tanto in tanto un qualche shabadabadabadabadah, il che non mancava di preoccupare anche il nostro Paolo, consiste, forse di più, nel sapere trovare il linguaggio adatto a comunicare in ogni situazione  il contenuto della Buona Notizia. Per dirla con le parole di Paolo: “Mi sono fatto Giudeo con i Giudei, per guadagnare i Giudei; con coloro che sono sotto la legge sono diventato come uno che è sotto la legge, pur non essendo sotto la legge, allo scopo di guadagnare coloro che sono sotto la legge. Con coloro che non hanno legge sono diventato come uno che è senza legge, pur non essendo senza la legge di Dio, per guadagnare coloro che sono senza legge. Mi sono fatto debole con i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno. Tutto io faccio per il vangelo, per diventarne partecipe con loro (1Cor 9, 20-23). Partecipi della Buona Notizia, che non significa volerli convertire alla mia religione o alla mia chiesa. E poi, ancora, se davvero “crediamo”, se assumiamo Gesù come nostra vita, saremo capaci di renderci immuni ad ogni veleno, ad ogni tentativo che miri a snaturare la nostra testimonianza, e sapremo guarire molti mali della società, a partire da noi stessi. Se questo non accade ancora, ha ragione Gesù a sgridarci: siamo ancora fondamentalmente increduli. È, perciò, tempo di conversione.   

 

25 La conversione di San Paolo.jpgE, oggi, come si accennava, è la Festa della Conversione di Paolo Apostolo. Una conversione che cambiò la storia della Chiesa. E a cui la Chiesa, ogni Chiesa, è continuamente rinviata. Non è un caso che questa festa chiuda, nell’emisfero Nord, l’Ottavario di preghiere per l’Unità dei cristiani, una maniera per affermare che solo a partire da una resa incondizionata a Gesù Cristo e da una radicale conversione al suo Vangelo è possibile ritrovare il cammino dell’unità. 

 

Il calendario ci porta anche la memoria di Enrico Suso, mistico domenicano, e dei Martiri Ebrei di Rufach, in Alsazia.

 

25_ENRIQUE_SUSO.JPGNato a Costanza il 21 marzo del 1293 (?), Enrico Suso entrò nell’Ordine dei Predicatori ed ebbe, a soli 18 anni, la visione della Sapienza eterna,  di cui da allora divenne fervente apostolo, iniziando una vita di preghiera, ascesi e unione con Dio. Discepolo del santo maestro Eckhart, dovette come questi discolparsi delle accuse di eresia nel processo intentato dai vertici dell’Ordine, ad Anversa nel 1327. Nel 1330, lasciato l’isolamento, cominciò a mettere per iscritto la sua dottrina e le sue esperienze spirituali. Fu in Svizzera, in Renania e in Alsazia. Suso è  considerato il più amabile dei mistici. Affermava che il più alto grado della vita spirituale consiste nell’unione con Dio in visione, amore e gaudio inesprimibile, e riassumeva in questi termini il cammino che conduce a Dio: deporre la forma creata, conformarsi a Cristo, trasformarsi in Dio. Scrisse il “Libriccino della verità”, il “Libriccino della Sapienza eterna”, l’ “Horologium sapientae”, il “Libro delle lettere” con 11 epistole e altre opere ascetiche e religiose. Morì il 25 gennaio 1366.

 

25 Massacro di Rufach.jpgNella prima metà del secolo XIV, numerose comunità di ebrei furono sterminate in Franconia e in Alsazia. Noi le ricordiamo tutte in questa data, in cui avvenne uno dei massacri più efferati, ad opera dei famigerati Armleder, bande di bravacci, così chiamati perché al posto delle normali armature, indossavano pezzi di cuoio. Il 25 gennaio 1338, armati di seghe, di pale e di mazze, al seguito del loro emblema e di una croce, condussero l’intera popolazione fuori della città e la trucidarono in un prato che ancora oggi è chiamato Judenmatt, “prato degli ebrei”. Quarant’anni prima, il 13 gennaio 1298, la popolazione ebraica di Rufach aveva già conosciuto un eccidio di eguali proporzioni. Il 29 dicembre 1348, gli ebrei di Colmar, altra località della regione, vennero arsi vivi; il 14 febbraio 1349, sarebbe toccato alla comunità di Strasburgo subire la stessa sorte, 2000 persone, uomini, donne e bambini.

 

Le letture proposte dalla liturgia odierna  sono proprie della festa della Conversione di san Paolo e sono tratte da:

Atti degli Apostoli, cap.22, 3-16; Salmo117; Vangelo di Marco, cap.16, 15-18.

                                               

La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali africane.

 

24 SAMUEL RUIZ.JPGCi ha raggiunto poco fa, la notizia della scomparsa, avvenuta ieri mattina, in un ospedale di Città del Messico, di Mons. Samuel Ruiz García, il profetico vescovo del Chiapas, già da tempo malato. Nato il 3 Novembre 1924, a Irapuato, nello stato di Guanajuato (Messico), era stato ordinato sacerdote il 2 aprile 1949. Alla fine del 1959, quando aveva solo trentacinque anni, Giovanni XXIII lo nominò vescovo del Chiapas, una diocesi vastissima, caratterizzata per la sua estrema povertà e per il fatto di avere una popolazione a maggioranza indigena. Dai poveri della sua diocesi, tatic Samuel, anche sull’onda dello spirito più vero del Concilio Vaticano II, si lasciò convertire e al loro servizio ininterrottamente si pose sino al compimento dei settantacinque anni di età, alla fine del 1999, quando, presentate le canoniche dimissioni (ansiosamente attese da alcune alte gerarchie),  si ritirò a Queretaro, dove visse gli ultimi anni della sua vita. Fino a ieri, vigilia della sua consacrazione episcopale, cinquantuno anni fa, come oggi.

 

Di Mons. Samuel Ruiz García, vi offriamo nel congedarci, uno stralcio della lettera pastorale “Una nuova ora di grazia”, datata 25 gennaio 2004. Che è, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Lottare per la pace significa non solo opporsi alla guerra o prendere una semplice posizione pacifista; senza prendere una posizione integrale che, passando dal mettere in questione il sistema capitalista neoliberale, ci interpelli anche sulla giustificazione della violenza, come se fosse questa l’unica via per affrontare l’ingiustizia. Riflettendo seriamente sulla posizione dello stesso Cristo, che proclamò il suo comandamento nuovo di amare il prossimo come egli ci amò e di amare persino i nostri nemici (Mt 4,38-48; Lc 6,27-35) si conclude che è la nonviolenza attiva, la reale alternativa per costruire una società dove convivano tutti, senza che si debba sacrificare nessuno per conservare la pace e l’ordine. Gli umili e i semplici sono i più aperti a questo messaggio, poiché essi hanno vissuto nella propria carne la violenza che si esercita attraverso la guerra e l’ingiustizia. La non violenza che ci invita a stare a fianco delle vittime generate da qualsiasi sistema, governo società o comunità. Gesù ci chiama ad essere loro difensori sebbene per fare ciò dobbiamo ripercorrere il suo stesso cammino: quello della croce. La domanda che Dio ci farà alla fine della nostra esistenza sarà: da che parte siamo stati, chi abbiamo difeso, per chi abbiamo optato. Domande che nessuno, nemmeno i potenti, potranno eludere alla fine della loro vita (Mt 25,31-46). (Mons. Samuel Ruiz García, Una nuova ora di grazia).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 25 Gennaio 2011ultima modifica: 2011-01-25T23:15:00+01:00da fraternidade
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