Giorno per giorno – 23 Gennaio 2011

Carissimi,

“Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta” (Mt 4, 16). È la profezia di Isaia (Is 8, 23-9,1) che Matteo applica a Gesù, che decide di stabilirsi a Cafarnao, presso il mare, nel territorio identificato con i nomi di Zabulon e Neftali, le tribù che l’abitavano un tempo. È il territorio dove, di volta in volta, si può abitare noi, o voi, o altri ancora. Dove non ci sono fondati motivi per continuare a credere o a sperare e, perciò, neppure ad amare. E, invece, arriva la luce. Che non è una dottrina nuova, ma, appunto, una persona, che fa un invito rivolto a tutti: convertitevi! Non tanto da una religione a un’altra, ma da un modo di pensare, di guardare alle cose, alle persone, alle relazioni tra loro, alla storia del mondo. Sì, ma a quale altro modo? A quello che vige nel regno di Dio, cioè a quello proprio di Dio. Quello di cui Giovanni, senza conoscere ancora bene i contenuti che avrebbe assunto, aveva comunque detto: si sta avvicinando, tra poco lo potrete vedere. E Gesù riprende questo annuncio: il regno di Dio è vicino, a portata di mano; non arriva a dire: sono io. Ma, giorno per giorno, ce ne mostrerà la logica interna nei suoi gesti, nei suoi insegnamenti e, alla fine, inconfutabilmente, nella sua passione e morte: Dio regna nel prendersi cura dell’uomo. A partire dagli ultimi, gli infimi, insignificanti, esclusi, scomunicati. Già, convertitevi a questo. E noi si ha voglia di protestare: non è uno scherzo, non ci riusciremo mai! Né a sentirci davvero raggiunti da questo Dio (così diverso da quello che continuano ad insegnarci), e perciò, meno ancora, a farci carico di questo suo modo d’essere nei confronti degli altri. Eppure, Lui insisterà: Tutto è possibile a Dio. I quattro di cui dice il Vangelo di oggi si sono fidati. Senza che nessun segno esteriore lasciasse ancora intravedere una qualche straordinarietà del personaggio che aveva detto loro: seguitemi, vi faro pescatori di uomini. E cosa diamine intendesse, l’avrebbero scoperto poi. Ora, quella stessa parola è diretta anche a noi. Seguirlo? Ma dove? Dove Lui vorrà. Incontro alla vita. Anche se sembrerà regnare la morte. Anzi, a maggior ragione. Cocciuti, senza necessariamente capire qualcosa. Lo capiremo dopo.    

 

I testi che la liturgia di questa 3ª Domenica del Tempo Comune propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Profezia di Isaia, cap.8, 23b-9,3; Salmo 27; 1ª Lettera ai Corinzi, cap.1, 10-13. 17; Vangelo di Matteo, cap.4, 12-23.

 

La preghiera della Domenica è in comunione con tutte le comunità e chiese cristiane.

 

Il calendario ci porta la memoria di Benedetta Bianchi Porro e di Pierre Lyonnet, gesuita, entrambi testimoni seri e gioiosi sull’altare della sofferenza. 

 

23 BENEDETTA BIANCHI PORRO.jpgBenedetta Bianchi Porro era nata l’ 8 agosto 1936, a Dovadola, in provincia di Forlì, secondogenita della famiglia di Guido Bianchi Porro e di Elsa Giammarchi. Colpita a pochi mesi da poliomielite, che le lascerà una gamba un po’ più corta dell’altra, Benedetta visse la sua infanzia, allegramente e senza complessi, “bambina sensibile e delicata, intelligente e volitiva”, studiando prima a Forlì e, successivamente a Desenzano, quando la famiglia, nel 1951 si trasferì a Sirmione. Nel frattempo si erano però manifestati i primi sintomi di una sordità progressiva, che non gli impedirono tuttavia di dedicarsi brillantemente agli studi, ma anche agli interessi e svaghi della sua età: il pianoforte, le nuotate nel lago, le gite in barca, i giochi e gli scherzi. Nel 1953, terminata il secondo liceo, sostenne e superò gli esami di maturità, iscrivendosi così, a soli diciassette anni, alla facoltà di medicina dell’Università di Milano.  Già l’anno successivo, tuttavia,  cominciarono a manifestarsi i sintomi della malattia che, diagnosticata nel 1957 come neurofibromatosi diffusa, l’avrebbe portata alla morte, lungo “un calvario indicibile, in cui […] si alternarono momenti di sconforto e straordinari slanci di entusiasmo di fronte ai doni dell’amicizia, alle bellezze del creato, alla percezione sempre più intensa della vicinanza di Dio”. A partire dal 1963, sorda, paralizzata e cieca, Benedetta potè comunicare con gli altri solo attraverso un filo di voce e le dita della mano destra, che gli venivano premute sul corpo e sul volto secondo un alfabeto muto convenzionale. E le sue comunicazioni erano spesso messaggi di conforto e di speranza dirette a coloro di cui veniva a conoscere dolore, sofferenza, disperazione. La mattina del 23 gennaio 1964, Benedetta chiese alla madre che le leggesse l’ultima pagina della Storia di un’Anima di Teresa di Lisieux. E  lei gliela lesse “attraverso le dita”.  Più tardi, stringendo la mano alla madre e all’infermiera, disse: “Grazie”.  E si spense.

 

23 Pierre Lyonnet.jpgDel gesuita Pierre Lyonnet, nato in Francia nel 1906, sappiamo davvero poche cose. Ma ci bastano.  Gravemente malato fin dagli anni del suo noviziato, fu ordinato prete nel 1937. Alternò a lunghi soggiorni in clinica il suo servizio presso lo studentato di Fourvière e nel 1939 presso il collegio di Saint Etienne, dove morì il 23 gennaio 1949. Conserviamo di lui testi di intensa spiritualità. Come questo, davanti al Crocifisso: “Ora, Signore, non prego più: ti invito ad ammirarmi. No, mio Dio, non vi sono ricchezze in me che tu non ve le abbia poste, nessuna virtù che non sia dalla tua grazia. Custodiscimi umile e forse allora saprò pregare anche nel momento della grande tentazione che è la sofferenza”.

 

Bene, noi ci si congeda qui, lasciandovi ad una preghiera di   Pierre Lyonnet, “Seigneur, je veux être un saint”, tratta dai suoi “Ecrits Spirituels” (Editions de l’Epi). Che è, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Signore, cedo le armi e mi abbandono a te. Per amarti, non so più come fare, e certo ciò che mi frena di più nel mio slancio è di volermi aprire da solo la strada e di affidarmi ai miei mezzi. Tu hai un bello sconvolgere i miei piani e mandare all’aria in un soffio le mie costruzioni, su questo mantengo un’ostinazione irriducibile: sarò il santo che ho previsto e ho già fatto il mio ritratto anticipatamente; non temere, Signore, ho controllato tutto per bene, perfino gli atteggiamenti e le circostanze in cui si svilupperà la mia splendida virtù. Ma alla lunga, a forza di vedere crollare tanti sogni, dopo tante decisioni mancate, progetti abortiti, esiti così diversi da quelli previsti e programmati, devo proprio cedere le armi e dirti: Signore, voglio amarti, essere santo, ma quello che tu vorrai e per i sentieri che sceglierai. Io rinuncio ai progetti vanitosi di plasmare il mio proprio modello. Ed ecco che ho trovato una pace serena, poichè per me non ci sono piú disillusioni. Per chi ti ama senza condizioni, Signore, non ci sono più delusioni, né niente d’inatteso, e nessuno di indesiderabile, ma, ovunque, solo la tua Volontà, così adorabile. Ecco perchè saluto mia sorella malattia con un sorriso gioioso e voglio cantare un Alleluia ! Perchè per venire a te, Signore, è l’unico mezzo che non avevo previsto, l’unico cammino che non avrei mai scelto. Signore, perchè tutti i miei piani sono sconvolti e perché io non posso più ragionare. Io posso soltanto tenderti le braccia, ed è proprio ciò che tu aspettavi”. (Pierre Lyonnet, Ecrits Spirituels).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.      

Giorno per giorno – 23 Gennaio 2011ultima modifica: 2011-01-23T23:59:00+01:00da fraternidade
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