Giorno per giorno – 18 Gennaio 2011

Carissimi,

“In giorno di sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli, mentre camminavano, si misero a cogliere le spighe. I farisei gli dicevano: Guarda! Perché fanno in giorno di sabato quello che non è lecito?” (Mc 2, 23-24). Stasera, a casa di dona Margarida, ci dicevamo che è fin troppo facile criticare la severità di quei religiosi del tempo di Gesù, – che a noi, tra l’altro, sembra inevitabilmente fuori luogo (cos’è infatti cogliere qualche spiga in giorno di sabato?). Tuttavia, il discorso, per la comunità di Marco, una comunità di origine pagana, non verte tanto sul rispetto del sabato, che evidentemente non la riguarda, ma più in generale sulla funzione della religione. Oggi potremmo anche aggiungere  della legge con le sue norme, e di ogni prodotto culturale, con i suoi significati, interpretazioni, applicazioni. Certo, allora, si trattava della religione, considerata il momento più alto dell’attività dell’uomo, quello in cui sono in questione i significati ultimi e il Vangelo propone ripetutamente l’esempio  del Sabato, che ne rappresenta forse l’apice, in quanto anticipazione del mondo futuro, il fine verso cui tende tutta la creazione, il riposo, la pace, l’allegria, la felicità, l’incontro tra l’essere umano e Dio, di cui il Shabbath è addirittura un nome. E tuttavia, è questo che vuole dirci Gesù, c’è qualcosa che vale più della santità del Sabato, che è la stessa santità del Santo (cioè, di Dio): ed è la vita – e la vita buona e bella – dell’essere umano. Ovviamente in un rapporto armonioso con gli altri esseri umani e con tutto il creato.  Gesù risponde alla critica dei farisei, mostrando come nella Bibbia ci sia di “peggio” ad autorizzarci a trasgredire la Legge [di Dio] quando è in gioco il benessere dei suoi figli. E cita il “sacrilego” banchetto, in cui, Davide e i suoi compagni, avendo fame, mangiarono i pani dell’offerta, rigorosamente riservati ai sacerdoti (1Sam 21, 2-7). Sarebbe un po’ come se oggi, non avendo di meglio, suggerissimo a qualche poveraccio che ha fame: andiamo là, in chiesa, a mangiare le ostie del tabernacolo! Roba da far accapponare la pelle agli eccellentissimi della Sacra congregazione per il Culto divino, a cui non resterebbe che prendersela con Gesù. Proprio come allora. D’altra parte, per molto meno, anche il nostro personalissimo censore interiore. quante volte critica, disapprova, offende, deride chi si rivela non all’altezza delle nostre attese? Solo perché magari incespica nelle letture, o dimentica qualcosa, o chiacchiera col vicino, o si assopisce durante la preghiera. Si racconta che alcuni anziani si recarono in visita da Abba Poemen e chiesero: “Secondo te, quando in chiesa sorprendianio i nostri fratelli a sonnecchiare, è opportuno pizzicarli per farli svegliare?”. Abba Poemen rispose: “Se vedessi un fratello sonnecchiare, gli appoggerei la testa sulle mie ginocchia e lo lascerei riposare”. Sì, “il sabato (e ogni altra legge, precetto, rito, istituzione, funzione, autorità), è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato! Perciò il Figlio dell’uomo (cioè, ogni uomo) è signore anche del sabato”. Sarebbe tempo di impararlo. Sono passati duemila anni.

 

Oggi, il nostro calendario ci porta la memoria di Sergio Berten e compagni, martiri della solidarietà in Guatemala, e di Mahmoud Mohamed Taha, il Gandhi sudanese.

 

18 SERGIO BERTEN.jpgSergio Berten era nato nel 1953 in Belgio ed era entrato ancor giovane nella Congregazione del Cuore Immacolato di Maria. Ventiduenne chiese ed ottenne di recarsi come missionario in Guatemala. Lavorava nella costa meridionale, animando le comunità di Puerto San José,  Santa Lucía Cotzumalguapa e Tiquisate. La sua opzione per i poveri fu subito chiara. Nella realtà di miseria e ingiustizia in cui vivevano i contadini, fu portato a scoprire sempre più nitidamente in ciascuno di loro il volto sofferente di Cristo. La Parola di Dio nella Bibbia divenne per lui sempre più trasparente, illuminandolo nel cammino e dandogli la forza per seguire ogni giorno più radicalmente Gesù. Condividendo la vita dei poveri, approfondì nel dialogo con essi la riflessione sui passi che la situazione di miseria e di oppressione esigeva in vista di un cambiamento reale. Cosciente del pericolo di morte che correva a causa del suo impegno, al fine anche di proteggere i suoi compagni di congregazione religiosa e i contadini più impegnati, Sergio decise di continuare il suo lavoro in clandestinità. Questo non impedì che, il 18 gennaio 1982, fosse sequestrato con altri otto giovani contadini in una strada di Città del Guatemala. Sparendo con loro nel nulla, martiri tutti della giustizia e della solidarietà.

 

18 Mahmoud Mohamed Taha bis.jpgMahmoud Taha era nato verso il 1911 a Rufa‘a, una cittadina sulla riva orientale del Nilo Azzurro, nel Sudan centrale. Rimasto orfano, aveva comunque potuto continuare gli studi, fino a laurearsi in Ingegneria nel 1936, dedicandosi successivamente alla libera professione. Fin da giovanissimo aveva partecipato alla lotta per l’indipendenza nazionale e nel 1945 fu tra i fondatori del Partito Repubblicano, una formazione islamica di orientamento modernista, che, negli anni successivi, si propose di rendere possibile nella società islamica, a partire dalla rivelazione coranica, l’effettiva partecipazione popolare alla vita politica, una completa libertà religiosa, la reale eguaglianza di diritti tra uomo e donna. Fedele alla sua coscienza religiosa, contrario ad ogni violenza, Taha fu ripetutamente arrestato e torturato, prima di essere impiccato a Khartoum, il 18 Gennaio 1985, in seguito alle pressioni dei “Fratelli musulmani” che giudicavano eretiche le sue tesi a favore di un Islam non-violento. Affrontò la morte con grande serenità, sorridendo alla folla che, venuta per assistere all’esecuzione,  circondava il patibolo, cantando canti religiosi. Subito dopo l’impiccagione, il corpo fu portato in elicottero nel deserto, dove venne sepolto in una località rimasta sconosciuta. Dopo la caduta del dittatore Nimery, nell’ottobre 1985, fu richiesta la revisione del processo. Con sentenza datata 18 novembre 1986, la Suprema Corte definì nulli il processo, i procedimenti di ratifica e l’esecuzione di Mahmoud Taha. Piuttosto tardivamente.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Lettera agli Ebrei, cap. 6, 10-20;  Salmo 111; Vangelo di Marco, cap. 2, 23-28.

 

La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali dell’Africa Nera.

 

18 ECUMENISMO.JPGOggi, nell’emisfero Nord, si apre l’Ottavario di preghiere per l’unità dei Cristiani. Esso ebbe origine per iniziativa di due ministri anglicani: l’inglese Spencer Jones e l’americano Paul James Francis Wattson (che sarebbe poi divenuto cattolico). Nel 1907, Jones suggerì l’istituzione di una giornata di preghiera,  il 29 giugno di ogni anno, per il ritorno di tutti i cristiani all’unità con la chiesa di Roma. L’anno dopo, Wattson propose un’ottava di preghiere (dal 18 al 25 gennaio) col fine di ottenere da Dio “il ritorno di tutte le altre pecore all’ovile di Pietro, l’unico pastore”. Più rispettoso dell’identità delle singole chiese, il prete cattolico Paul-Irénée Couturier, nel 1935, trasformò questa manifestazione nella “Settimana universale di preghiera per l’unità dei cristiani”, che aveva come finalità quella di pregare per la santificazione di tutti i battezzati e per la realizzazione dell’unità  “con i mezzi che Dio vorrà e nel modo che Egli vorrà”. Dal 1966 il tema e i testi per la Settimana sono decisi e preparati insieme da una speciale commissione del Consiglio Ecumenico delle Chiese e dal Segretariato (in seguito, Pontificio Consiglio) per l’unità dei cristiani.

 

Per stasera è tutto. Noi ci si congeda qui, lasciandovi alla lettura di un testo di Mahmoud Mohamed Taha, tratto dal suo “Il secondo messaggio dell’Islam” (EMI). Che è, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Noi scegliamo noi stessi invece di Dio per ignoranza; ma questa ignoranza non è permanente, e noi dobbiamo uscirne, per entrare in maggior conoscenza in ogni momento. Se ci chiediamo perché non siamo stati creati sapienti in modo da evitare le conseguenze dell’ignoranza e dell’abuso della libertà, la risposta è che la punizione è il prezzo che paghiamo per la libertà, che è responsabilità, cioè impegno personale ad accettare le conseguenze delle azioni, sia giuste che sbagliate. Dio creò alcune creature sapienti e incapaci di commettere errori, ma esse non erano libere e dunque erano inperfette: gli angeli. Dio preferì loro gli esseri umani a causa della capacità di questi ultimi di comportarsi in modo giusto o sbagliato. In altri termini, per la loro capacità di imparare. È a questo che si riferisce il Profeta: “Se non commetti errori, e poi ti penti, Dio ti sostituirà con altri che commettono errori e poi si pentono, per la qual cosa essi sono perdonati”. Così è come se i peccatori che si pentono fossero il punto focale della prospettiva che Dio ha dell’universo, poiché in questo modo essi diventano liberi, assolutamente liberi, e l’assoluta libertà è attributo di Dio l’Altissimo. Ogni essere limitato è tenuto a diventare non solo libero, ma addirittura assolutamente libero, ed ogni essere ignorante è tenuto a diventare non solo sapiente, ma assolutamente sapiente. Dio dice: “O uomo! Tu che tanto pieno di desiderio ti protendi verso il Signore, ebbene, allora Lo incontrerai” (Corano, 84,6), e anche: “Credevate voi che Noi vi avessimo creati per scherzo e che non sareste stati richiamati a Noi?” (Corano, 23, 115). Incontrare Dio e ritornare a Lui non avviene coprendo distanze, ma piuttosto portando le qualità della creatura più vicine a quelle del Signore. […] Ci sarà un tempo in cui l’ignoranza avrà fine, per grazia del Signore , nel determinismo (tasyîr). […] Quando diminuisce l’ignoranza e aumenta la sapienza, il male diminuirà, e la punizione, per chi dev’essere punito, sarà sospesa, in questo ambito che cade nella conoscenza.  La punizione non è la regola nella religione, ma solo una necessità transitoria che accompagna un’attività umana imperfetta, e che la sospinge sulla scala dell’evoluzione. Quando impariamo abbastanza da fare a meno della punizione, essa sarà rimossa e l’animo emergerà in tutta la sua potenza. (Mahmoud Mohamed Taha, Il secondo messaggio dell’Islam).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 18 Gennaio 2011ultima modifica: 2011-01-18T23:27:00+01:00da fraternidade
Reposta per primo quest’articolo