Giorno per giorno – 16 Gennaio 2011

Carissimi,

“Il giorno dopo, Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me” (Gv 1, 29-30). Noi non sappiamo bene cosa Giovanni intendesse pronunciando queste parole su Gesù, né forse lo sapeva bene lui, come deve succedere ad ogni profeta che parla parole non sue. E interpretare le parole del profeta e la Parola di Dio è compito e fatica di tutti coloro che l’ascoltano. Dai tempi della prima comunità cristiana, così come della nostra, e dell’ultima, quando sarà venuto il suo  tempo. Noi, giovedì sera, quando l’abbiamo meditato a casa di , abbiamo prestato attenzione soprattutto all’immagine dell’agnello, che richiama da vicino la figura del “servo sofferente” di cui Isaia dice: “Egli è stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità. Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca. Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo; chi si affligge per la sua sorte? Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi, per l’iniquità del mio popolo fu percosso a morte” (Is 53, 5a.7-8). E, più avanti: “Egli ha consegnato se stesso alla morte ed è stato annoverato tra gli empi, mentre egli portava il peccato di molti e intercedeva per i peccatori” (Is 53, 12). Ci siamo chiesti chi sia, ancor oggi, questo agnello condannato a ‘portare’ le conseguenze del peccato del mondo, cioè a soffrire e a morire per l’ingiustizia del mondo. E la risposta è venuta abbastanza spontanea: sono i popoli dei Continenti della fame e delle malattie, dei Paesi della guerra, sono le vittime della miseria, dell’oppressione, della violenza, dell’intolleranza, frutto dell’egoismo, dell’ambizione, della rapina di minoranze ricche che si vogliono sempre più ricche. Ma com’è che noi possiamo dire che Lui, Gesù, l’agnello, è nello stesso tempo anche “loro”? Non è forzare il senso del Vangelo? No, perché è Gesù stesso che si interpreta così, quando dice “Tutto ciò che avrete fatto  a questi piccoli (gli ultimi, gli esclusi), l’avrete fatto a me” (Mt 25, 40). E subito prima aveva esemplificato questi piccoli in tutta una serie di categorie: gli affamati, gli assetati, gli immigrati, gli ignudi, i malati, i carcerati. Sì, va bene, lui “porta” il peccato del mondo, ma Giovanni dice anche che lo toglie. E lui forse immaginava lo togliesse con metodi spicci. Com’è che lo tolgono, sempre che lo tolgano, loro, gli agnelli di oggi, in cui Lui si identifica? Che lo tolgano, dipende anche da noi, dalla nostra capacità a lasciarci convertire da loro/Lui. Cioè, dalla nostra capacitá di dire, nei fatti,  il nostro “basta”, non è giusto, non può, non possiamo continuare così. Se manca questa nostra risposta, sarà vero per noi ciò che Gesù dice per i fratelli del ricco epulone: neppure un risorto dai morti potrà nulla. Neppure, quindi, il Figlio di Dio. L’agnello continuerà a morire e nessuno ci toglierà il nostro peccato. Di mandanti, esecutori, o complici.        

 

I testi che la liturgia di questa 2ª Domenica del Tempo Comune propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Profezia di Isaia, cap.49, 3.5-6; Salmo 40; 1ª Lettera ai Corinzi, cap.1, 1-3; Vangelo di Giovanni, cap.1,29-34.

 

La preghiera della Domenica è in comunione con tutte le comunità e chiese cristiane.

 

Oggi il calendario ci porta le memorie di Roberto de Nobili,  missionario e sannyasi gesuita, e di Achaan Chah, monaco e maestro buddhista.

 

16 DE NOBILI.jpgRoberto de Nobili era nato nel 1577 a Montepulciano, in Toscana, ed era entrato ventenne nella Compagnia di Gesù, a Napoli. Terminati gli studi, nell’ottobre 1604, partì come missionario alla volta dell’India, sbarcando nella città di Goa, il 20 maggio 1605. Ben presto, il missionario si rese conto della diffidenza e dell’ostilità che circondava l’azione dei missionari europei, sommariamente identificati come agenti della penetrazione coloniale. Sulla falsariga di quanto aveva compiuto, in Cina, il suo confratello Matteo Ricci (1552-1610), de Nobili fece sua la sfida dell’inculturazione del messaggio cristiano. Recatosi nella citta di Madurai, studiò le lingue tamil, telugu e sanscrito, fino a dominarle completamente e prese poi ad approfondire la cultura e la religione hindu, guadagnandosi via via il rispetto e la considerazione dei bramini locali. Col permesso dei superiori, lasciò la tonaca nera per vestire la tunica rosso-ocra dei santoni hindu; prese ad abitare in una semplice capanna e adottò la dieta semplice e vegetariana, caratteristica del luogo. Ma, più ancora,  smise di ricorrere a concetti e terminologia mutuati dalla filosofia greca, per assumere quelli della filosofia e religione indiane. Questo non mancò di procurargli qualche fastidio e perfino qualche fulmine ecclesiastico di troppo. Ma, tutto è bene quel che finisce bene, e il nostro con ostinazione profetica, non si lasciò intimorire. Appellatosi a Roma, si vide resa giustizia dal papa Gregorio XV, nel 1621. Scrisse numerosi trattati in tamil, telegu e sanscrito.  Dopo una vita spesa nella preghiera, nello studio e nel dialogo,  de Nobili morì quasi cieco, a Mylapore, il 16 gennaio 1656. Tre anni dopo la sua morte, l’ufficio di Propaganda Fide richiamava in qualche modo l’esperienza del gesuita, affermando senza ambiguità che i missionari europei non dovevano portarsi appresso i bagagli culturali di Francia, Spagna o Italia o di qualsivoglia altra parte d’Europa, ma solo la Fede, che non rifiuta, né intende pregiudicare, riti e costumi delle popolazioni evangelizzate.

 

16 ACHAAN CHAH.jpgAchaan Chah nacque il 17 giugno 1918, in una famiglia agiata di un villaggio agricolo, nella Tailandia nordorientale. Novizio all’età di nove anni, ricevette l’ordinazione monastica a vent’anni, decidendo così di seguire l’austera vita dei monaci della foresta, nell’ambito della tradizione buddhista therevada. Un influsso indelebile ebbe sulla sua vocazione la figura di Achaan Mun, che lo guidò sulla via della meditazione. Divenuto lui stesso maestro di meditazione, nel 1954 si stabilì in un bosco nei pressi della città natale, dove diede vita al Wat Pah Pong, il primo monastero della foresta, da cui sarebbero sorti negli anni successivi altri ottanta monasteri simili, sparsi in tutta la Tailandia. Spese la vita nella povertà, insegnando a combattere l’avidità, l’avversione, l’illusione, con pazienza e perseveranza. Achaan Chah morì il 16 gennaio 1992 in seguito ad una lunga malattia.

 

Giornata Mondiale rifugiato 0.jpgDal 1914, la Chiesa cattolica celebra in questa domenica la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, che è così giunta alla sua novantasettesima edizione. Il tema proposto dal papa per quest’anno è “Una sola famiglia umana”. “Tutti, dunque, fanno parte di una sola famiglia, migranti e popolazioni locali che li accolgono, e tutti hanno lo stesso diritto ad usufruire dei beni della terra, la cui destinazione è universale, come insegna la dottrina sociale della Chiesa. Qui trovano fondamento la solidarietà e la condivisione”, lo scrive Benedetto XVI nel messaggio scritto per questa occasione. Forse ci sbagliamo, ma ci pare che questa celebrazione, nonostante l’attualità e l’urgenza dei temi sollevati, abbia da sempre piuttosto scarsa risonanza in ambito ecclesiale. Bisognerebbe forse impegnarsi di più per riuscire a forare il muro di diffidenza o di indifferenza, che, soprattutto nel vostro mondo, xenofobia e rinascente provincialismo hanno contribuito ad erigere. Persino tra quelli che si dicono cristiani.  

 

Per stasera è tutto. Noi ci si congeda qui con una breve citazione di Achaan Chah, tratta dal suo libro “I maestri della foresta” (Ubaldini). Che, è per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Osservare gli altri è una cattiva pratica. Non discriminate. Vi arrabbiate con un alberello della foresta perché non è alto e diritto come gli altri? Non giudicate gli altri; ve ne sono di tutti i tipi, non c’è proprio bisogno di assumersi l’onere di cambiarli tutti. Dovete imparare il valore del dare e della devozione. Siate pazienti; praticate la moralità; vivete con semplicità e naturalezza; osservate la mente. Questa pratica vi condurrà al non egoismo e alla pace. (Achaan Chah, I maestri della foresta).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 16 Gennaio 2011ultima modifica: 2011-01-16T22:41:00+01:00da fraternidade
Reposta per primo quest’articolo