Giorno per giorno – 19 Dicembre 2010

Carissimi,

“Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa” (Mt 1, 24). Nel sogno, l’angelo gli aveva detto di non avere paura a prendere Maria con sé. Stamattina, durante l’Eucaristia, nella chiesa del Monastero, ci chiedevamo chi potesse rappresentare Giuseppe per noi. E ci siamo detti che, oggi, è il cristiano adulto e consapevole, che accetta di aprirsi all’inedito e di incamminarsi per un sentiero ancora (e ogni volta) ignoto, come è proprio della vita; mosso, in questo, da un’ispirazione che lo spinge oltre il dato scontato e ripetitivo di una tradizione, sapendo però che ciò che accade in Maria è da Dio. E ciò che accade in Maria ha due nomi: “Gesù”, ovvero “Dio-salva”, e Emanuele, cioè, “Dio-con-noi”. E che sia “da” Dio e Dio-con-noi, è attestato dall’agire che è implicito nel suo nome. Egli, difatti, salva, si prende cura, guarisce, libera, riscatta, redime. Il concepito di Maria è il contenuto (il “solo” contenuto) della nostra fede. Che noi siamo chiamati a custodire. E, perciò, anche ad annunciare, celebrare e, soprattutto, testimoniare. Così come Giuseppe fu chiamato a custodire Maria (la fede) e il Bambino. Divenendo lui stesso annuncio, celebrazione nei gesti sacri della quotidianità, e testimonianza. Lui salvezza per il Dio-che-salva: meraviglioso paradosso! Se la nostra fede ha altri contenuti, rispetto a quelli significati dal nome di Gesù, possiamo star certi che essa non è da Dio, né é opera del Suo Spirito. È solo farina, piuttosto interessata, del nostro sacco.

 

I testi che la liturgia di questa 4ª Domenica di Avvento propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Profezia di Isaia, cap.7, 10-14; Salmo 24; Lettera ai Romani, cap.1, 1-7; Vangelo di Matteo, cap.1, 18-24.

 

La preghiera della Domenica è in comunione con tutte le comunità e chiese cristiane. 

 

Oggi il nostro calendario ecumenico ci porta la memoria di Abū Hāmid al-Ġazālī, mistico islamico.

 

19 GHAZALI.jpgAbū Hāmid Muhammad ben Muhammad al-Ġazālī era nato a Tus (nell’attuale Iran) nel 1058 Fu professore di filosofia, teologia e diritto a Baghdad. A trentasette anni, nonostante il successo e la stima conquistata negli ambienti accademici, conobbe una profonda crisi spirituale, che descrisse in questi termini: “Ho esaminato le motivazioni che mi guidavano nel mio insegnamento e ho capito che non si trattava di un semplice desiderio delle cose di Dio, ma che l’impulso che mi muoveva era il desiderio di conquistare una posizione influente e il riconoscimento pubblico”. Questa presa di coscienza lo spinse ad abbandonare il mondo per diventare un sufi pellegrino. Dopo undici anni passati in meditazione e in ritiro, si lasciò convincere  dal Sultano dell’epoca a tornare ad insegnare nella città di Baghdad.  Ma solo per poco tempo. Ben presto decise infatti di ritirarsi nella città natale, dove visse gli ultimi tempi della sua vita con pochi discepoli in un convento sufi, dove morì il 19 dicembre 1111 (15 Jumaada Thaani 505). Le sue numerose opere, tra cui la più famosa è Il Ravvivamento delle Scienze della religione,  sono notevoli per vigore e sottigliezza dottrinale, nonché per il grande spirito di tolleranza.

 

O radice di Jesse, stendardo  ben alto sollevato, un segno per tutte le nazioni, davanti a te tacciono i potenti della terra, grida il popolo e vuole solo essere ascoltato. Vieni, Signore, a liberare lo schiavizzato. Non tardare, ascolta le preghiere. Vieni, o Figlio di Maria, vieni degli afflitti allegria. Quanta sete, quanta attesa, quando viene, quando viene quel giorno?”.  Stasera la novena è stata a casa di seu Zequinha, lui pure con i postumi di un’emorragia cerebrale e con pesanti tragedie famigliari. Ripensando all’antifona di oggi, ci dicevamo che la Chiesa (noi) dovrebbe essere una sorta di porta vessillo – di “quel” vessillo, la croce (non, per carità, nella blasfema versione costantiniana!) – che riunisse quanti, per la coerenza della loro testimonianza (e solo per quella), giungessero a far tacere potenti e prepotenti, dando voce alla protesta di popoli e individui oppressi, diventando insieme strumenti della liberazione che Lui è venuto a portare.

 

Per stasera è tutto, noi ci si congeda con una citazione di Abū Hāmid al-Ġazālī, tratta dal suo  L’amore di Dio” (EMI). Che è, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Un uomo dotto disse: “Per Dio, l’amante di Dio non sarà guarito dall’obbedienza, anche se gli fosse permesso da potenti mezzi”.  Tutto questo ed altri esempi simili esistono nelle testimonianze spirituali. Così, in effetti, l’amante appassionato non trova gravoso lo sforzo per soddisfare il desiderio amoroso del suo innamorato, e nel suo cuore trova piacere a servirlo; anche se è faticoso per il suo corpo. Quando il suo corpo si indebolisce, la cosa che desidera di più è recuperare la capacità e abbandonare la debolezza affinché possa occuparsi di lui. Così accade per l’amore di Dio: ogni amore che è diventato predominante sottomette, senza alcun dubbio, ciò che gli è inferiore. Chi ama il suo amato più della pigrizia lascia la pigrizia per servirlo, e se ama il suo amato più dei beni lascia i beni per amor suo. A un amante di Dio che aveva già offerto se stesso e i propri beni, così che non gli restava più niente, fu chiesto: “Qual è la causa che ti ha fatto agire così verso l’amore per Dio?”. Rispose: “Ho sentito un giorno un amante che si era isolato con il suo amato dire: ‘Io, per Dio, ti amo con tutto il cuore e tu allontani da me il tuo volto completamente!’ e ‘Se tu mi ami, cosa sei pronto a dare per me?’. L’amante rispose: ‘Oh signore, ti darei tutto ciò che possiedo, ti darei il mio spirito fino a morire!’. Dissi a me stesso: ‘Questo lo fa una creatura per un’altra creatura e un servitore per un altro servitore! Come possono non farlo i servi per Colui che è da adorare?’”. (Abū Hāmid al-Ġazālī, L’amore di Dio).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 19 Dicembre 2010ultima modifica: 2010-12-19T23:15:00+01:00da fraternidade
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