Giorno per giorno – 08 Dicembre 2010

Carissimi,

“Nel sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te” (Lc 1, 26-28). E così, nel sesto mese, com’era stato nel “sesto giorno” (Gen 1, 26), Dio scese per ri-creare l’uomo. Com’era da sempre nella sua mente: figlio. Cioè, la sua stessa Parola, il suo agire, nella carne, nella storia di un uomo. E chiese il consenso di una donna, poco più di una ragazzina, agli occhi dei più, piccola e insignificante, di una sconosciuta famiglia, di un oscuro villaggio della periferica e disprezzata Galilea delle genti. Eppure, ai suoi occhi, ricolma di grazia. Stamattina ci dicevamo che, se il Vangelo ci offre certi particolari, non lo fa perché intenda indulgere al dettaglio biografico o, all’altro estremo, ceda al linguaggio delle fiabe, lo fa per indicarci le condizioni del darsi – l’apparire, il nascere, il crescere – della Sua parola. E queste condizioni hanno un nome: Maria. Questa, poi, difficilmente ha qualcosa in comune con un fin troppo facile devozionismo, che, con una fretta sospetta, tenda a strapparla all’ultimo posto, che condivide con suo Figlio, per confinarla, come una sorta di dea,  in quell’Olimpo, del quale, tutto sommato, fin dai tempi di Adamo, non dispiacerebbe a molti di poter far parte. Di qui o di là. Anzi, già qui, come immagine e anticipazione dell’aldilà. Riservato a pochi, per giunta. E, invece, no. Maria è figura comunitaria, che abbraccia nelle intenzioni il tutto; espressione dei poveri, degli oppressi, degli umiliati, che confidano nella promessa che Dio continua a seminare dentro di loro, e ne ascoltano la Parola, cioè le obbediscono (ob auditu), e la generano nella loro vita e al mondo. Perché i poveri, poi? Già, perché Maria e non la regina di Saba, o Cleopatra, o Salomè? Gusti di Dio! La storia dell’immacolata concezione non si riferisce al concepimento di Gesù, come ormai dovremmo sapere tutti, ma a come Dio concepì, pensò Maria, che doveva divenire sua madre: povertà, semplicità, verginità, turbamento, vuoto assoluto, perché Lui potesse dirsi appieno, come forza dell’amore. E lei ne fosse ricolmata: piena di grazia. Ora, noi possiamo capire perché non siamo ancora in grado di generare Gesù al mondo, lontani come siamo milioni di anni luce dal mistero che la liturgia celebra oggi.            

 

Oggi è la Festa di Maria, amata da Dio. A gratis. E dell’umanità che essa prefigura.

 

I testi  che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono propri della festa e sono tratti da:

Libro di Genesi cap.3, 9-15.20; Salmo 98; Lettera agli Efesini, cap.1, 3-6.11-12; Vangelo di Luca, cap.1, 26-38.    

 

Il nostro calendario ci porta in questa data anche la memoria di Pavel Florenskij, martire della Russia ortodossa.

 

08 florenski.jpgPavel Florenskij era nato nella famiglia di Alexander Iwanowitsch Florenskij e di Olga Florenskaja Saparowa, a Ewlach, nel governatorato di Elizavetpol (nell’attuale Azerbaigian), il 9 gennaio (21 gennaio del calendario gregoriano) 1882. Completata l’istruzione secondaria in Georgia, si iscrisse al Dipartimento di Fisica e Matematica dell’Università di Mosca, laureandosi nel 1904. A questo periodo risale anche la sua conversione al cristianesimo ortodosso. Nello stesso anno, Florenskij si iscrisse all’Accademia Teologica di Mosca, venendo a contatto con l’uomo che avrebbe profondamente influenzato il suo atteggiamento verso il cristianesimo e la vita spirituale: l’anziano Isidoro Gruzinskij, un monaco assolutamente privo di paura, ma anche umilissimo, dolce, affettuoso, flessibile e innocente, come un bambino, capace di sopportare tutto. Nel 1908 ottenne un posto alla Facoltà di Storia della Filosofia dell’Accademia Teologica di Mosca. Dichiarava tuttavia: “Sono nauseato dalla cultura e dalla sofisticazione, voglio la semplicità” e accettava l’Ortodossia così com’era, condividendo la medesima, radicale fede delle masse. Nel 1911, un anno dopo il suo matrimonio con Anna Michajlovna Giacintova (da cui nasceranno cinque figli), Florenskij fu ordinato sacerdote, portando a termine  in quegli anni la sua tesi di magistero Sulla Verità spirituale, che fu in seguito ampliata nel testo La colonna e fondamento della Verità, un’opera in cui combinava le sue conoscenze di teologia, patristica, matematica, scienze, medicina, storia, linguistica e arte. Il centro della sua vita, tuttavia era il suo sacerdozio attraverso cui riuscì a portare molti alla fede in Cristo.  Quando l’Accademia Teologica di Mosca fu chiusa dalla Rivoluzione, Florenskij fu costretto a dedicarsi ad altro, mettendo a frutto le sue formidabili conoscenze scientifiche. Le autorità sovietiche avrebbero voluto che egli rinunciasse al suo sacerdozio. Ma inutilmente. Arrestato più volte, fu condannato nel 1933 a dieci anni di lavori forzati, soprattutto a causa della sua denuncia della politica ufficiale del Metropolita di Mosca, Sergio Starogorodsky. Fu inviato prima in Siberia e poi nelle isole Solovki, in un campo ancora peggiore, creato entro le mura di un antico complesso monastico, centro di spiritualità tra i maggiori dell’ortodossia russa. Fu fucilato la notte dell’8 dicembre nei pressi di Leningado con altri cinquecento detenuti, appena giunti dalle isole Solovki, dopo cinque giorni di viaggio nei vagoni della morte. Essendo morto per sostenere la propria Fede, Florenskij fu elencato tra i Nuovi Martiri e Confessori russi canonizzati nel 1982.

 

Oggi è il 1° giorno del mese di Muharram, anniversario dell’Egira. Così è chiamata la fuga del profeta Mohammed e dei suoi compagni dalla Mecca verso Yathrib, chiamata in seguito Medina (da Madinatu-n-Nabi, città dell’inviato), avvenuta il 16 luglio 622. Tale data fu scelta in seguito come  punto di partenza del calendario islamico (detto “egiriano”), che venne fatto coincidere con il 1° giorno del mese di Muharram dell’anno 1. Trattandosi di un calendario lunare (di soli 354 giorni), comporta, ogni anno, uno sfasamento di 11-12 giorni rispetto al nostro calendario solare. Oggi comunque i nostri fratelli musulmani entrano nell’anno 1432.

 

Anche per stasera è tutto. Noi, nel congedarci, scegliamo di proporvi questo brano di omelia per la festa dell’Immacolata del 1994,  di uno dei monaci di Tibhirine, Frère Christophe Lebreton. Lo troviamo nel suo libro, pubblicato postumo con il titolo Adorateurs dans le souffle” (Éditions de Bellefontaine), ed è, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

A volte ci chiediamo dove mettere Maria, dove situarla, dove collocare la sua icona nelle nostre cappelle, nella cameretta del nostro cuore. Dov’è Maria? Mi sembra che Maria ci risponda oggi. Il mio posto è il Vangelo. E se noi si prende Maria con noi, dobbiamo far posto a tutto il Vangelo. Bisogna che con lei andiamo ad abitare il Vangelo: una cosa sola con la Buona Novella… Il Rallegrati (Lc 1, 28): l’Annuncio della Gioia. Sì, Maria è nel Vangelo. E il Vangelo di questo giorno d’Avvento, il Vangelo di questo tempo dell’attesa, della veglia e del silenzio è dialogo. E l’avvento del Vangelo continua a prendere senso da questo dialogo, da questo dialogo della Nuova Alleanza: Buona Novella, Dio parla. Egli si è chinato e il suo cuore ha dato il suo tesoro, il suo Unico: Partorirai un figlio, Gesù. Sarà chiamato figlio dell’Altissimo (Lc 1, 31-32). Buona Novella: Dio parla e il suo Verbo si dà a comprendere, a credere, lì, in quella casa, vicinissimo, lì, in mezzo a noi, Verbo di vita, Luce vera che venendo nel mondo illumina ogni uomo. Dov’è Maria nel Vangelo? Maria è di fronte a Dio, a confronto, in silenzio, in risposta d’amore all’Amore, credente. Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto (Lc 1,38). Il posto di Maria, il posto del credente, è qui: serva, servo del Signore. Gesù non ne prenderà un altro.   […] Ma, Maria Immacolata il cui posto è in Dio, concepita tutta santa a immagine del Figlio, Maria in cielo… è ancora serva? Oh, sì!, essa ha ricevuto il servizio più bello: essere madre di Dio, e questo servizio non può avere fine: perché Dio sarà tutto in tutti. Maria riceve la missione d’essere madre di tutti gli uomini chiamati a divenire ciò che essi sono: figli di Dio.  (Frère Christophe Lebreton, Adorateurs dans le souffle).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 08 Dicembre 2010ultima modifica: 2010-12-08T23:51:00+01:00da fraternidade
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