Carissimi,
“Mentre Gesù sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?” (Mt 9, 10-11). I farisei, lo abbiamo già detto altre volte, non erano tutti così. Ma ce n’erano di così. Lo dice persino il Talmud. Erano di quelli che si pensano migliori degli altri e, perciò, mantengono le distanze. Come i cagnolini che marcano il territorio facendo pipì. La comunità di Matteo conosceva bene questo modo di fare, viveva sulla pelle le occhiate di disprezzo riservate agli intrusi, agli ultimi arrivati, alle presenze problematiche, da parte di certuni che, probabilmente, già avevano storto il loro naso interiore ad entrare in una comunità che aveva come sua figura di riferimento l’ex-pubblicano discepolo di Gesù. Anche i cristiani non sono tutti così, ma ce n’è un buon numero che si fregia di quel titolo che lo è. Magari anche quelli che, lì da voi, sparano ai clandestini, o fanno le leggi che permettono di farlo, o quelli che, nelle vostre dogane, umiliano in vario modo gli extra-comunitari che si azzardano a visitarvi (non però quelli con etichetta USA, extra-comunitari pure loro; solo gli altri). Come è successo nei giorni scorsi a un nostro amico di São Paulo, che ha confessato di sentirsi improvvisamente ripiombato nel clima della dittatura che aveva sperimentato qui qualche decennio fa. Forse, pure i legaioli del vostro Nord, la cui ideologia, come la zizzania, ci dicono attecchisca ormai anche altrove, hanno il coraggio di dirsi cristiani. E chissà, si ritrovano, magari, la domenica, a ridere e scherzare sul sagrato, dopo che, ancora più allegramente, hanno provveduto a masticare tra i denti come una bestemmia il Pane benedetto che è Colui che gli manda a dire: non me ne faccio niente delle vostre messe blasfeme, dato che escludete proprio coloro che io ho scelto. Voglio misericordia e non sacrifici.
Oggi il calendario ci porta la memoria di Matteo, apostolo ed evangelista, e del gesuita Gabriele Malagrida, apostolo del Brasile.
Matteo-Levi è uno dei Dodici, tradizionalmente considerato l’autore del primo dei vangeli canonici. Figlio di Alfeo, prima della sua conversione, era pubblicano, cioè esattore delle imposte per conto dei romani. Mentre stava seduto al banco dell’esattoria, Gesù lo vide e gli disse: “Seguimi”. E lui si alzò e lo seguì. Si ritiene che la sua attività apostolica si sia limitata, almeno in un primo momento, alla Palestina, o che, comunque, si sia diretta a una comunità di giudei cristiani, nell’ambito della quale sarebbe poi stato redatto il Vangelo che porta il suo nome. Una tradizione indica l’Etiopia come suo successivo campo di missione, altre tradizioni suggeriscono la Persia. Forse morì martire.
Gabriele Malagrida nacque a Menaggio, sul lago di Como, il 6 dicembre 1689. Entrato nella Compagnia di Gesu nel 1711, dopo alcuni anni di insegnamento a Bastia, in Corsica, ottenne di partire per il Brasile, nel 1721, dove per molti anni svolse il suo ministero nelle missioni del Pará e del Maranhão. Per dodici anni percorse oltre seimila chilometri, in gran parte a piedi, lungo un itinerario che lo portò fino a Salvador de Bahia e gli fece attraversare sulla via del ritorno gli attuali stati di Sergipe, Alagoas, Pernambuco, Paraíba e Ceará. Fu una grande marcia al servizio del Vangelo, durante la quale predicò, battezzò, confessò, fondò conventi e costruì chiese, ma soprattutto denunciò le soperchierie dei ricchi, difese i diritti degli indios, protesse emarginati, poveri e prostitute, condividendo con loro uno stile di vita povero e austero. Recatosi per un breve soggiorno a Lisbona nel 1750, vi fece ritorno nel 1754, chiamato a corte e accolto da uno moltitudine di fedeli, presso i quali si era diffusa la fama della sua santità. Sfortunatamente questo suo soggiorno coincise con la salita al potere, nel 1756, di Sebastião José de Carvalho e Melo, il famigerato marchese di Pombal, nelle cui mani si venne concentrando tutto il potere del Portogallo di Dom José I e che era nemico giurato delle missioni e dei gesuiti. Due opuscolo piuttosto farneticanti, attribuiti all’anziano gesuita, in cui si sosteneva che il terribile terremoto del 1° Novembre 1755 che aveva distrutto Lisbona era da considerarsi un castigo divino, offrì il pretesto al marchese di Pombal per ordinarne l’arresto e istituire successivamente un processo presso la santa Inquisizione. I giudici, legati a filo doppio al potente ministro, condannarono il gesuita, come visionario ed eretico, consegnandolo al braccio secolare per essere strangolato e bruciato sulla pubblica piazza. Il che avvenne il 21 settembre 1761. L’anno seguente, papa Clemente XIII lo beatificò e proclamò “martire della chiesa e apostolo del Maranhão”.
I testi che la liturgia odierna consegnano alla nostra riflessione sono propri della memoria dell’apostolo e sono tratti da:
Lettera agli Efesini, cap.4, 1-7.11-13; Salmo 19; Vangelo di Matteo, cap. 9, 9-13.
La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali africane.
Fariseo, che erigi barriere, separi ed escludi, tu sei il vero extra-comunitario da ciò che più conta, il suo Regno. Coloro che tu escludi sono solo lo specchio del tuo peccato. Siamo ancora in tempo a correggerci, a rimediare. È quanto suggerisce questo brano di un’omelia di san Pietro Crisologo, che vi proponiamo, nel congedarci, come nostro
PENSIERO DEL GIORNO
Perché il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori ? ( Mt 9,11 ). Ma chi è peccatore, se non colui che rifiuta di riconoscersi tale? Non voler ammettere di essere un peccatore non significa forse affondare nelle proprie colpe e identificarsi con esse? Chi è ingiusto, se non colui che si stima giusto? Eppure, fariseo, hai ben letto la parola del salmo: Nessun vivente davanti a te è giusto (Sal 143, 2). Fintantoché siamo rivestiti del corpo mortale, la fragilità domina in noi; anche non peccando con le azioni, non possiamo vincere i peccati in pensieri, né sfuggire a ogni ingiustizia. Possiamo, si, evitare le colpe materiali e vincere il male nella nostra coscienza, ma come potremo distruggere le negligenze e i peccati d’ignoranza? Fariseo, confessa il tuo peccato e potrai sedere alla mensa del Signore. Cristo si farà pane per te, quel pane che sarà spezzato per il perdono dei tuoi peccati. Cristo diventerà per te il calice che sarà versato per la remissione dei tuoi peccati. Suvvia, fariseo, mangia alla mensa dei peccatori, e Cristo la dividerà con te. Entra con i peccatori al banchetto del tuo Signore e potrai non essere più peccatore. Entra col perdono di Cristo nella casa della misericordia, in modo che la tua propria giustizia non ti escluda da questa dimora. Riconosci Cristo, ascolta Cristo. Ascolta il tuo Signore, ascolta il medico celeste. Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati (Mt 9,12 ). Se vuoi essere guarito, riconosci la tua malattia e ascolta Cristo che ti dice: Non sono venuto per i giusti, ma per i peccatori (Mt 9,13). Cristo non rifiuta i giusti, ma senza di lui nessuno sulla terra è immune da peccato. Il Signore non trascura i giusti, ma quaggiù ha trovato soltanto peccatori. Ascolta la Scrittura: Il Signore dal cielo si china sugli uomini per vedere se esista un saggio: se c’è uno che cerchi Dio. Tutti hanno traviato, sono tutti corrotti; più nessuno fa il bene, neppure uno (Sal 14, 2-3). Fratelli, confessiamoci peccatori, per non esserlo più grazie al perdono di Cristo. (Pietro Crisologo, Sermo 30).
Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.