Giorno per giorno – 20 Agosto 2010

Carissimi,

‘I farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducèi, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?” (Mt 22, 34-36). I rappresentanti del potere, Gesù era ben consapevole di averceli contro quasi tutti, che si trattasse della gerarchia religiosa (i sommi sacerdoti) e del partito che ne rappresentava gli interessi (i sadducei), della élite intellettuale (gli scribi, i maestri della Legge), o dell’autorità politica espressa dai notabili  (gli anziani del popolo) e dal partito di governo (erodiani). I capitoli del Vangelo di Matteo che stiamo leggendo in questi giorni ci forniscono più di un esempio di questa ostilità.  A più riprese, infatti, si fanno avanti gli uni o gli altri per interrogare, contestare, approfondire, chiedere chiarimenti, in una sorta di processo, come quelli istruiti dal Santo Uffizio, certo, come questi, non necessariamente in malafede, anzi sempre animati dalle migliori intenzioni: la difesa della sana e genuina dottrina della fede. Eppure c’è già qualcosa nello stile adottato che rivela il radicale travisamento del significato di Dio. Ridotto, appunto, a dottrina e non più evento, incontro, che ti cambia la vita. Gesù, finché può, sta al gioco, ma anche, ogni tanto, perde la pazienza, perché Lui, al progetto del Padre, ci tiene davvero. Non se ne è fatto una professione, per giunta, lucrativa. Stamattina, comunque, noi ci dicevamo, che l’accento, non dobbiamo porlo sulle polemiche di allora, ma sul “nostro” atteggiamento davanti a Lui e alla sua proposta. Cosa saremo ancora  capaci di inventarci per non deciderci a seguirlo? Quando finiremo di fargli l’esame sulla sua capacità di convincerci? Oggi, comunque, la domanda dei farisei verte sul comandamento più grande.  E Gesù risponde ciò che, del resto, anche i suoi interlocutori di allora sapevano perfettamente, che il comandamento più grande in realtà sono due: l’amore di Dio (che significa poi amare l’amore) e l’amore del prossimo, che ne è l’unica riprova.  Se manca quest’ultimo (e il prossimo è ogni prossimo, non solo quello che ha la fortuna di essermi simpatico), siamo solo dei volgari mentitori (1Gv 4, 20).

 

Oggi è memoria di Bernardo di Chiaravalle, considerato il secondo fondatore dell’Ordine cistercense, e di William Booth, promotore dell’Esercito della Salvezza.

 

20_BERNARDO.JPGBernardo nacque nei pressi di Digione, in Francia, nel 1090. A ventidue anni entrò nell’abbazia di Citeaux, dove da pochi anni Stefano Harding aveva dato avvio ad una radicale riforma dell’ordine benedettino. A soli venticinque anni fu inviato a Chiaravalle per fondarvi un’abbazia. Lì esercitò un’influenza straordinaria come maestro di spiritualità, attirando alla vita monastica un numero sorprendente di giovani e i suoi fratelli di sangue che, uno dopo l’altro, lo raggiunsero in monastero. Per trentotto anni  fu l’instancabile guida spirituale di una moltitudine di monaci. Predicatore, teologo, consigliere ricercato, seppe condannare con fermezza il gusto per il potere e la ricchezza insinuatosi soprattutto nelle grandi abbazie, denunciare senza timore gli abusi di Roma, lavorare alacremente per la restaurazione dell’unità della Chiesa e per porre pace nei conflitti che investivano la società del suo tempo. Scrisse numerose opere, privilegiando sempre l’amore e la tenerezza di Dio. Certo, non mancarono, nell’attuazione sua e della chiesa del tempo, errori e contraddizioni, quale, per citarne uno solo, il ruolo svolto nell’organizzazione della seconda crociata: frutto avvelenato di una più generale idolatria di massa che, dimenticando il Vangelo della pace, aveva fatto del cristianesimo, più o meno consapevolmente, una religione della guerra, perfettamente funzionale agli interessi espansionistici delle potenze del tempo.  Come, sarebbe accaduto altre volte in seguito. Bernardo morì a Chiaravalle nel 1153.

 

20 WILLIAM BOOTH.jpgWilliam Booth nacque il 10 aprile 1829 a Sneinton, Nottingham, Inghilterra, da Mary Moss e Samuel Booth. Un improvviso tracollo familiare impedì al giovane Samuel di continuare gli studi e lo portò a lavorare come apprendista in un banco dei pegni. Convertitosi ad una fede attiva, aderì alla chiesa metodista e avrebbe voluto diventare pastore, ma un medico glielo sconsigliò per la fragile costituzione fisica. Trasferitosi a Londra, nel 1851, prese presto a dedicare il tempo libero alla predicazione all’aperto. Sposò nel 1855 Catherine Mumford, da cui avrà otto figli. Alcune incomprensioni maturate con la sua chiesa, lo portarono a continuare l’opera di evangelizzazione in maniera indipendente. Con la moglie, nel 1865, inaugurò la Società della Rinascita cristiana (denominata in seguito Missione Cristiana), votata al riscatto dei più poveri e bisognosi. Nel 1878 il nome dell’organizzazione divenne Esercito della Salvezza, e massiccio divenne il suo impegno nella lotta all’alcolismo, nella denunzia della “tratta delle bianche”, nella creazione di “alberghi del popolo”, delle mense gratuite, di scuole e case di riposo, di lebbrosari in India e altro ancora.  Al primo posto restò comunque sempre la predicazione dell’Evangelo, mentre l’attività salutista aveva essenzialmente come scopo la conversione dei peccatori. William Booth diffuse l’Esercito della Salvezza in 58 Paesi e divenne personaggio sempre più riconosciuto e ammirato a livello internazionale. Morì il 20 agosto 1912, a 83 anni. In barba al medico che gli aveva diagnosticato una costituzione fragilina.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Profezia di Ezechiele, cap.37, 1-14; Salmo 107; Vangelo di Matteo, cap.22,34-40.

 

La preghiera del venerdì è in comunione con i fedeli della Umma islamica che confessano l’unicità del Dio clemente e ricco in misericordia.

 

Qui da noi, tra Itaberaí e Goiás,  la serra è tutta un incendio. Lo spettacolo, che, un po’ paradossalmente, saremmo portati a definire persino bello, è però terribile, soprattutto per le sue conseguenze sull’ambiente. A noi si è presentato nella tarda serata, mentre rientravamo in autobus da Goiânia, dove con Nadia ci eravamo recati in visita da irmã Veronica, per festeggiare con qualche giorno di anticipo il suo compleanno. Il fumo ha già raggiunto la città e prende la gola e irrita la vista. Ogni anno succede così, qualche volta si è più fortunati, altre volte va peggio. E vai a sapere se dipende da incuria umana, da fatalità, da dolo o da autocombustione.

 

Noi ci congediamo qui, lasciandovi alla lettura di un brano di Bernardo di Chiaravalle, tratta dao suoi Discorsi sul Cantico dei Cantici. Che è, per oggi, il nostro   

 

PENSIERO DEL GIORNO

Soprattutto mio buon Gesù, io ti amo per il calice che hai bevuto, operando la nostra redenzione. Questo gesto rivendica a sé tutto il nostro amore e da questo gesto la nostra devozione e attirata con più dolcezza, è reclamata a più giusto titolo, è avvinta da un legame più stretto ed è resa più ardente. L’opera della redenzione è costata al Salvatore una fatica più gravosa di quella sopportata dal Creatore nel formare l’universo, perché egli parlò e tutto fu fatto, comandò e tutto fu creato; ma il Salvatore dovette sostenere le sue parole di fronte a molti che lo contraddicevano, difendere le sue azioni contro una sorveglianza ostile, subire tormenti davanti a chi lo derideva e affrontare la morte in mezzo agli insulti. Fino a tal punto arrivò il suo amore, un amore che non fu un gesto di risposta ma di offerta spontanea. Infatti chi gli ha dato qualcosa per primo, sì che abbia a riceverne il contraccambio? Come dice san Giovanni: “Non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi” (1 Gv 4,10). Ci ha amati anche quando non esistevamo ancora, e, di più, ci ha amato quando gli opponevamo resistenza, come testimonia Paolo: “Quand’eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo” (Rm 5,10). Se non avesse amato dei nemici non avrebbe avuto degli amici, come non potrebbe amarci ora che esistiamo, se non ci avesse amato prima che esistessimo. (San Bernardo, Discorsi sul Cantico dei Cantici,  XX, 2).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 20 Agosto 2010ultima modifica: 2010-08-20T23:42:00+02:00da fraternidade
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