Giorno per giorno – 18 Agosto 2010

Carissimi,

“Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna” (Mt 20, 1). Il regno di Dio che, così spesso, è rappresentato come una festa, un banchetto conviviale, nella parabola di oggi è, invece, una giornata di lavoro. A cui si è chiamati chi a un’ora, chi a un’altra, qualcuno persino sul finire della giornata. E, fin qui, tutto bene. Ciò che, invece, lascia molti piuttosto perplessi è il fatto che tutti siano pagati con la stessa moneta, sia che abbiano lavorato un’ora sola, o sudato per tutta la giornata. Eppure, non ci sarebbe motivo di restarci male. La paga, almeno per i lavoratori della prima ora, è quella contrattata. Gli altri, cui neppure era stata quantificata, hanno ora la sorpresa di ricevere come i primi. È questa la buona notizia, o, se preferiamo, il Vangelo. Dove si parla di Dio e di noi. E di come funziona il regno di Dio. E, perciò, anche di quanto la nostra vita di comunità e (perché no?) di società sia vicina o lontana da esso. Certo,  economisti e sociologi  si metterebbero le mani nei capelli: una ricetta del genere non può funzionare e manderebbe presto a carte quarant’otto qualsiasi sistema. Questo, perché l’umanità non vive più, e da tempo, nell’Eden, e ciò che da sempre ce ne tiene lontani è il desiderio di essere, contare, possedere, più degli altri. L’essere, insomma,  come il Dio che immaginiamo noi. E, di conseguenza, guardare ad ogni benedizione che raggiunge gli altri come a un pericoloso attentato alla nostra primazia (che, poi, è la storia di Caino). E, potrebbe, invece, essere una festa, anche se al termine di una giornata faticosa. Oggi, ci veniva in mente l’esperienza del mutirão, il lavoro comunitario che, qui da noi, viene “regalato” in situazioni di bisogno. Può essere per un raccolto agricolo, la costruzione di una casa, la ristrutturazione di un immobile, la pulizia di un terreno. Ciascuno dà e fa quello che può. C’è chi arriva presto la mattina, chi più tardi, chi solo nel pomeriggio, perché ha qualche altro lavoro da sbrigare, chi fa solo un’apparizione al momento giusto, chi, come i bambini, a divertirsi o a far perdere la pazienza. Però, all’ora di pranzo (l’unica paga giornaliera prevista), tutti sono serviti come re, nessuno protesta, né si mette a misurare le ore lavorate dall’uno o dall’altro. Cosí, sembra che, per una volta almeno, come per miracolo, il peccato orginale – l’invidia –  scompaia dalla storia delle relazioni umane. Quelle nostre, piccole piccole. E che, così, il regno accada. Senza che ci sia bisogno che Dio faccia a nessuno il suo predicozzo: “Amico, io non ti faccio torto. Se voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?” (Mt 20, 13-15). No, non siamo invidiosi. Per oggi, almeno, solo per oggi. E, per domani, ci aiuti il buon Dio.

 

Oggi facciamo memoria del gesuita cileno Alberto Hurtado Cruchaga,  profeta al servizio degli ultimi.       

 

18 ALBERTO HURTADO.jpgAlberto nacque in Cile, nella citta di Viña del Mar il 22 gennaio 1901 da Alberto Hurtado Larraín e Ana Cruchaga Tocornal. Rimasto orfano di padre all’età di quattro anni, crebbe, con un fratello minore, affidato alle cure della madre, in una  situazione di persistente precarietà economica. L’impegno negli studì gli garantì tuttavia una serie di borse di studio che gli consentirono di arrivare sino all’università. Subito dopo la laurea in Legge, che conseguì nel 1923, studiando e lavorando per sostentare la famiglia,  Alberto entrò nella Compagnia di Gesù, proseguendo i suoi studi, prima a Chillán, nel Cile centrale, poi in Argentina, in Spagna e infine a Lovanio, in Belgio, dove nel 1933 venne ordinato sacerdote. Rientrato in Cile nel 1936, trovò il Paese sotto il peso di  una drammatica congiuntura politica ed economica, che aveva gettato sul lastrico migliaia di famiglie. Questo lo convinse a scendere sul piano dell’impegno sociale, fondando nel 1944 il Focolare di Cristo, un programma a sostegno dei più poveri, con interventi  a livello abitativo, sanitario, scolastico e professionalizzante; e creando nel 1945 l’Azione sindacale ed economica cilena (ASICH). Ammalatosi di un tumore al pancreas, affrontato con serenità e coraggio, padre Hurtado si spense il 18 agosto 1952.

 

I testi che la liturgia odierna  propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Profezia di Ezechiele, cap.34, 1-11; Salmo 23; Vangelo di Matteo, cap.20, 1-16a.

 

La preghiera del mercoledì è in comunione con quanti operano in vista della pace, della giustizia e della fraternità tra i popoli, quale ne sia la fede religiosa o la filosofia di vita professata.

 

Domani, la nostra amica Sonia di Modena, che, era partita sabato scorso da qui con destinazione Porto Velho  (Rondônia),  per visitare irmã Ozânia e conoscerne le numerose iniziative pastorali, spiccherà il volo di ritorno per l’Europa. Noi riusciamo un po’ a immaginare quello che le costi. Come del resto ad ognuno che venga a conoscere quest’altro lato dell’oceano e se ne lasci conquistare. Anche noi l’accompagneremo con la nostra preghiera e la nostra saudade. Nadia, dal canto suo, sta preparando il giro dei commiati, visto che le resta solo una settimana di cui disporre. Così ieri è stata a casa del Pastor Raimundo e della Pastora Rosa, per un ricco spuntino pomeridiano, ma, soprattutto, per un concerto di “harpa paraguaia”, che il Pastore le aveva promesso. E ne è valsa davvero la pena. Stamattina, poi, è andata alla APAE, la scuola per portatori di handicap, dove, l’happening è stato animato da Gerson e da tutta l’allegra banda di alunni, alunne, operatrici didattiche e ausiliarie. E vai a sapere se le lacrime erano più di allegria o di commozione.

 

Per stasera è tutto. Noi ci si congeda qui con una citazione di Alberto Hurtado, tratta dal suo “Notas en torno a la felicidad”, che troviamo nel sito della CPAL (Conferencia de Provincilaes Jesuitas en América Latina).  E che è, per oggi, il nostro 

 

PENSIERO DEL GIORNO

Se cerchiamo la felicità nostra e altrui, la troveremo solo unendoci a colui che è la felicità, a colui che costituirà per l’eternità la gioia degli eletti, unendoci a Colui la cui contemplazione è così infinitamente diversificata da essere per un’infinita durata sempre nuova, sempre attraente: sarà il cielo. Anche se la vita è una valle di lacrime, il cristiano non si rassegna all’ingiustizia e alla miseria dei suoi fratelli e cerca di introdurre quaggiù tutti i miglioramenti che rendano possibile il godimento di una felicità terrena all’umanità riunita; esige che si riconosca a ciascuno il suo diritto alla vita, al lavoro, alla sua perfezione di persona in quanto persona. Bisogna cominciare con l’uscire dall’ambiente malsano delle preoccupazioni egoistiche. Vi sono persone che vivono tristi e tormentate dai ricordi del passato, o per ciò che gli altri pensano di loro nel presente, o, ancora,  per quanto potrebbe accader loro in futuro. Sarebbe molto meglio se dimenticassero se stesse e si preoccupassero degli altri, di far loro qualcosa di bene, di servirli, e i fantasmo grigi scompariranno. La felicità non dipende dall’esterno, ma dall’interno. Non è ciò che abbiamo, o ciò di cui  abbiamo paura, a renderci felici o infelici. È ciò che pensiamo della vita. Due persone possono essere nello stesso luogo, facendo e possedendo le stesse cose, e, tuttavia, i loro sentimenti possono essere profondamente diverse. Non basta sorridere per vivere contenti noi.  Bisogna creare un clima di gioia intorno a noi. Il nostro sorriso amichevole, caldo sarà anche di immenso valore per gli altri. (Alberto Hurtado, Notas en torno a la felicidad).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comuntà del bairro.

Giorno per giorno – 18 Agosto 2010ultima modifica: 2010-08-18T23:22:00+02:00da fraternidade
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