Giorno per giorno – 13 Agosto 2010

Carissimi,

“Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli; all’inizio però non fu così. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di unione illegittima, e ne sposa un’altra, commette adulterio” (Mt 19, 8-9). Nella liturgia, si suole chiudere ogni lettura tratta dalla Bibbia con l’espressione: Parola del Signore. Ora, la domanda che i farisei avevano posto quel giorno a Gesù – “È lecito a un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?” – non era una domanda oziosa, perché il Deuteronomio  recitava molto chiaramente: “Quando un uomo ha preso una donna e ha vissuto con lei da marito, se poi avviene che essa non trovi grazia ai suoi occhi, perché egli ha trovato in lei qualche cosa di vergognoso, scriva per lei un libello di ripudio e glielo consegni in mano e la mandi via di casa” (Dt 24,1). I Maestri della Legge si erano diffusi e confrontati spesso sull’interpretazione da dare a quei versetti, sul maggior o minore rigore con cui classificare quel “qualche cosa di vergognoso” che poteva giustificare un divorzio. Che, comunque, la Legge autorizzava. Non una qualsiasi legge, ma la Legge di Dio. Che, di norma, va presa molto sul serio. Quando proibisce qualcosa e quando la permette. Tutto bene, Gesù, però, introduce il criterio interpretativo della “durezza del cuore”. Cioè, quella è sì “parola di Dio”, che si adegua, però, alla miseria umana. Del resto già Malachia aveva “corretto” il “lassismo” della Legge, scrivendo: “Nessuno tradisca la donna della sua giovinezza. Perché io detesto il ripudio, dice il Signore, e chi copre d’iniquità la propria veste” (Ml 2, 15-16). Anche se un’altra traduzione, accolta nelle comunità ebraiche, suggerisce: “Non tradite la sposa della vostra giovinezza. Ma se qualcuno odia sua moglie, divorzi, senza cercare di occultare l’ingiustizia con la sua veste”. Ovvero, si mostri per quello che è (ingiusto), evitando di far soffrire nascostamente la sua donna. Ma, allora, la parola del Signore è per il divorzio facile, difficile o è contraria? Gesù non scende su questo piano. Ricorda, a chi si dispone ad accoglierla, la bellezza del progetto originario: quello che vede l’amore tra uomo e donna come la cosa bella che dura per sempre.  Noi, stamattina, ci dicevamo che è simpatico questo Dio che fa i conti con ciò che noi siamo. Che continua, cioè, ad additarci, i grandi ideali, le vette incontaminate, e poi, però, ci dice: beh, se non potete arrivare là, vedete di arrivare almeno in cima alla collina. Anche se il suo Figliolo, con i suoi, è un po’ più esigente. Ed è qui che Matteo inserisce la sentenza sugli eunuchi, che si ritiene pronunciata da Gesù in altra occasione, per giustificare il suo non aver preso moglie. Che doveva suonare abbastanza scandaloso in quel contesto sociale e religioso e, più tardi, nella comunità di origine giudaica cui l’evangelista si rivolgeva. Per quel che se ne sa, solo un altro rabbino, Ben Azzai, un secolo dopo Gesù, non avrebbe ottemperato al precetto di sposarsi. Giustificando il fatto con l’incontenibile passione per la Torah, che lo aveva preso per intero. Matteo, applicando la sentenza degli “eunuchi per il regno” che Gesù aveva riservato a sé, al caso specifico di chi, suo discepolo, è invitato a non divorziare, né risposarsi, intende sottolineare il dono totale ed esclusivo dell’uomo nei confronti della sua donna, non diverso da quello che portò Gesù a consacrarsi tutto al progetto del Regno.    

 

Il calendario ci segnala oggi le memorie di Nersēs Šnorhali, monaco e Katholicos degli armeni; Simon Pecke, missionario africano; e Yunus Emré, mistico islamico.

 

13 NARSETE.jpgNersēs era nato nel 1102 nel castello di Zovk in una famiglia che diede alla nazione armena un gran numero di principi e di ecclesiastici. Fratello minore del futuro Katholicos Grigoris III, compì con lui gli studi nel monastero di Karmir Vank’, ove in seguito restò come monaco, men­tre il fratello maggiore, nel 1113, a soli quindici anni, veniva ordinato sacerdote dal Katho­licos Basilio, loro parente, che intendeva prepararlo alla sua successione. Cosa che avvenne di lì a poco, alla morte improvvisa di questi. Quanto a Nersēs, dopo essere stato ordinato presbitero non ancora ventenne, fu chiamato dal fratello a svolgere le funzioni di segretario e, nel 1125, fu da lui consacrato vescovo. Uomo di vasta cultura, e di ancor più profonda spiritualità e di costumi ascetici, Nersēs fu soprannominato Šnorhali, che significa “grazioso”, a causa della dolcezza e dell’amabilità del suo carattere. Nel 1166 il fratello Grigoris decise di dimettersi dall’ufficio di Katholicos, chiamando Nersēs a succedergli. Nella Lettera Enciclica che il nuovo Katholicos rivolse agli Armeni in occasione della sua investitura, chiamò tutti, religiosi, vescovi, preti, nobili, militari,  contadini, cittadini, uomini e donne, a prendere tutti parte alla riforma della Chiesa. Guidò la chiesa per dodici anni, con umiltà, fermezza e spirito di dialogo con tutti. Morì il 13 agosto 1173.

 

13 Baba Simon.jpgSimon Pecke, “Baba Simon”, era prete della diocesi di Douala, che nel 1959 si recò missionario nel nord del Camerun, tra i Kirdi. Padre Jacques Loew disse  di lui: È l’uomo più straordinario che abbia incontrato, un vero san Paolo africano, una meravigliosa figura del cristianesimo eterno e africano al tempo stesso”. Morì il 13 agosto 1975.

 

13 YUNUS EMRE.jpgPer Yunus Emré, causa e finalità di ogni esistenza è l’amore. È attraverso l’amore che possiamo raggiungere il Creatore. Scrisse: “Non sono qui sulla terra per combattere, / Amare è la missione della mia vita. / I cuori sono la casa dell’amato; / ed io sono giunto qui a edificare ogni cuore vero”. Yunus Emré nacque  probabilmente nel 1240 e visse nella regione di Karaman (Larende), in Turchia. Appartenne ad una famiglia emigrata da Horasan al villaggio di Seyh Haci Ismail. Fu musico, poeta, derviscio errante, innamorato di Dio. Su lui fiorirono miriadi di leggende che dicono tutto l’affetto e la simpatia con cui la gente più umile del popolo guardò sempre a questa figura. Morì poco più che ottantenne, nel 1320. 

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Profezia di Ezechiele, cap. 16, 1-15.60.63; Salmo (da Is 12, 2-6); Vangelo di Matteo, cap.19, 3-12.

 

La preghiera del Venerdì è in comunione con i fedeli dell’Umma islamica, che confessano l’unicità del Dio clemente e misericordioso.

 

È tutto. Noi ci congediamo qui, lasciandovi ad una poesia di Yunus Emré, “Che mi importa del resto” che troviamo in “Salmi Sufi. Canti della spiritualità musulmana” (Icone Edizioni). E che è, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Per Te sacrificherei mille anime: / che importanza ha la mia anima! / È di Te, anima mia, che ho bisogno: / che me ne importa dell’universo! // Tu sei l’anima tra le anime. / Tu sei la fontana della giovinezza. / Tu sei la mia religione e la mia fede: / che me ne importa della fede! // Ho curato la mia ferita, / e so quale mano mi ha ferito. / Ora per me conta l’Amato: / che me ne importa ormai della ferita! // Avrei trovato mai un remedio alle mie ferite? / Chi mi avrebbe dato sollievo? / Andrò verso di Te / portando il peso del mio dolore: / Che me ne importa dei rimedi! / Venite, trabocchiamo d’amore, / giriamo pazzamente di gioia… / Sono steso a terra, ebbro: / che me ne importa dei vortici! // La freccia dell’Amore mi ha perforato il cuore, / ma io volevo morire per Lui: / che me ne importa, poi, della freccia! / Che ne ho fatto / della mia anima e del mio cuore? / Li ho gettati nel fuoco dell’Amore. / Ho dimenticato tutto, perfino la fedeltà: / che me ne importa dei sospetti! // Mi sono lanciato nella voragine dell’Amore, / volando ho attraversato gli spazi / e ho trovato l’Amico: / che me ne importa delle delizie del viaggio! / Mi sono immerso nell’oceano, / ho trovato la madreperla / e mi sono trasformato in perla: / che me ne importa dell’oceano! // Eppure, / si sono ricordati del povero Yunus, dicendo: / “Che peccato, / la carovana è partita senza di lui”. / Ma io sono arrivato alla fine del mio viaggio: / che me ne importa della carovana! (Yunus Emré, Che mi importa del resto).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 13 Agosto 2010ultima modifica: 2010-08-13T23:40:00+02:00da fraternidade
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