Giorno per giorno – 01 Agosto 2010

Carissimi,

“Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede” (Lc 12, 15). Il Vangelo di domenica scorsa si concludeva con l’esortazione a chiedere al Padre il dono dello Spirito (Lc 11, 13), foriero di tutte le cose buone che ci servono. E, oggi, Gesù ci mette in guardia circa il rischio che corriamo quando, invece di lasciarci guidare dal suo Spirito (Spirito del Padre e del Figlio, e perciò di accoglienza-dono-comunione), decidiamo noi stessi la scala delle nostre priorità e, lasciandoci condurre dalla nostra cupidigia – una sorta di anti-Spirito -, siamo portati a diventare schiavi delle cose e a trasformare in cose (mercificare) tutte le relazioni che instauriamo. Paradossalmente, questa ricerca un po’ paranoica di un numero sempre maggiore di beni, oltre a rendere schiavi i più, condannati a produrli senza usufruirne, dato che questo modello di sviluppo è rigorosamente e strutturalmente costruito a vantaggio di una minoranza,  produce una progressiva disumanizzazione di tutti, inclusi e forse per primi coloro che ragionano come il ricco della parabola, che dice tra sé e sé: “Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”.  Cui fa eco l’imprevedibile epilogo: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Giovedì sera, preparando questo Vangelo, ci dicevamo che il rischio che corriamo, oggi, è che ciò che una parte del mondo ha accantonato e continua ad accantonare, aggredendo impunemente la natura e sfruttando le sue risorse oltre i limiti della sostenibilità, non sia domani più di nessuno. Come se il nord del mondo, in una frenetica corsa all’autodistruzione, avesse deciso che tutti devono morire con lui. A meno che. A meno che si cominci a opporre resistenza ad un simile modello. Gesù afferma che la morte e l’autodistruzione è il destino inevitabile di “chi accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio” (v.21). E cosa significhi arricchire davanti a Dio è spiegato poco dopo: “Non cercate che cosa mangerete e berrete, e non state con l’animo in ansia: di tutte queste cose si preoccupa la gente del mondo; ma il Padre vostro sa che ne avete bisogno. Cercate piuttosto il regno di Dio, e queste cose vi saranno date in aggiunta” (Lc 12, 29-31). Il “regno di Dio” è un sistema di relazioni che bisogna tradurre nella vita di ogni giorno e anche nelle nostre scelte politiche. Lungi dal rappresentare il richiamo ad un’organizzazione del mondo di carattere teocratico, o, peggio ancora, clericale, rappresenta invece l’insistenza a fare della cura fraterna per la vita di tutti il principio regolatore del nostro stare insieme. Ma dipende ovviamente da noi, da ciascuno di noi, accogliere o meno questa proposta e ingegnarsi per tradurla in realtà.

 

I testi che la liturgia di questa XVIII Domenica del Tempo Comune propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Libro del Qoelet, 1,2; 2,21-23; Salmo 90; Lettera ai Colossesi, cap.3, 1-5. 9-11; Vangelo di Luca, cap.12, 13-21.

 

La preghiera della Domenica è in comunione con tutte le comunità e chiese cristiane.

 

Il calendario ci porta oggi la memoria di Pierre Claverie, pastore e martire in Algeria.

 

01 Pierre_Claverie.jpgPierre Claverie nacque a Bab el Oued l’8 maggio 1938, in una famiglia di pieds-noirs stabilitasi in Algeria da parecchie generazioni. Ancor giovane maturò la vocazione religiosa, ma prima di decidersi al passo, si recò a Grenoble, per studiarvi scienze matematiche. Nel dicembre 1958, entrò nel noviziato domenicano di Lille e, dopo gli studi di filosofia e teologia, fu ordinato sacerdote il 4 luglio 1965, facendo poi ritorno in Algeria, che nel frattempo aveva conquistato la sua indipendenza. Nominato, nel 1972,  direttore del centro diocesano delle Glycines, in Algeri,  seppe fare di questo lo strumento privilegiato per lo studio del mondo arabo, ma anche per lo scambio, il dialogo e l’amicizia tra cristianesimo e islam. Il  9 ottobre 1981, nella cattedrale di Algeri, alla presenza di moltissimi amici musulmani, fu ordinato vescovo di Orano, dove rimase per quindici anni, fino alla morte. Il progressivo deterioramento della situazione politica e sociale del paese, che si registrò negli anni successivi, portò Claverie a rendere pubbliche le sue convinzioni e le sue denunce. A chi gli chiedeva: “Perché rimanete?”, rispondeva: “Noi siamo qui a causa di questo Messia crocifisso. A causa di niente e di nessun altro! Non abbiamo nessun interesse da salvare, nessuna influenza da mantenere… Non abbiamo nessun potere, ma siamo qui come al capezzale di un amico, di un fratello malato, in silenzio, stingendogli la mano, asciugandogli la fronte. A causa di Gesù perché è lui che sta soffrendo qui, in questa violenza che non risparmia nessuno, crocifisso di nuovo nella carne di migliaia d’innocenti”. Entrato nel mirino delle bande mafiose che, dietro lo scudo del fondamentalismo, si contendevano (e si contendono) sanguinosamente il controllo del paese, nove settimane dopo l’assassinio dei sette monaci trappisti del monastero di Nostra Signora dell’Atlante, a Tibhirine, mons. Pierre Claverie morì vittima di una bomba esplosa davanti al vescovato di Orano, la notte del 1° agosto 1996. Il suo autista, Mohamed Bouchikhi, musulmano, morì con lui.

 

Stamattina abbiamo celebrato l’Eucaristia con Dom Eugenio, alla Chácara Paraíso, per la Cresima di Maltone che, giunto alla fine dei nove mesi di trattamento, farà ritorno a casa il prossimo martedì. La sfida più vera per lui si apre dunque adesso, con la ripresa del lavoro, delle sue responsabilità famigliari, e la fedeltà al nuovo cammino di fede, in cui liberamente ha scelto d’impegnarsi. Lo affidiamo anche alla vostra preghiera amica. E, parlando di preghiera, ve ne chiediamo una, forte e insistente, anche per Ines, figlia di una nostra amica di Verona, che soffre di un tumore al seno.

 

Per stasera è tutto. Noi ci si congeda qui, lasciandovi alla citazione di Pierre Claverie, tratta dalla sua lettera n.29 del giugno-luglio 1994, dal titolo “Priez sans cesse…”, raccolta assieme ad altre nel libro, uscito dopo la sua morte, “Lettres et messages d’Algérie” (Karthala). È, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Gesú ci dice e ci prova che Dio è appassionato, che l’Amore è il Suo Nome. Nel suo atteggiamento e nel suo insegnamento, Egli non cessa di trasgredire la fredda logica della Legge e della Ragione. Che c’è di meno religioso del mettere in discussione il Sabato, i divieti alimentari, la condanna dell’adultera o la preghiera pubblica nel Tempio? Cosa di meno ragionevole dell’elogiare un amministratore disonesto, un padrone ingiusto che dà lo stesso salario agli operai della prima e dell’undicesima ora? Che cosa di più folle di andare alla morte senz’altro bagaglio di un amore disarmato e disarmante che muore perdonando? E che cosa di piú insensato del reclutare i sui discepoli tra i pescatori galilei, i pubblicani, le prostitute, la povera gente? Noi siamo, tuttavia, di quella razza di credenti. Non dei contabili di ciò che è permesso e proibito, non i guerrieri di una religione conquistatrice, non gli evasi da questo mondo di carne e sangue alla ricerca di un paradiso perduto per non so quale artificio “trascendentale”. Solo Gesù può condurci sui cammini del Dio vivente: da soli non possiamo che attenerci alla “sapienza dei Greci” che Paolo oppose alla “follia della Croce”. Ora, la nostra vita prende il suo sapore e la sua fecondità quando assume il rischio di questa particolare follia che attraversa il Vangelo con un’audacia esultante. È la stessa forza dello Spirito divino che, solo, ci può trascinare a compiere il passo. È, dunque, vitale aprirci allo Spirito. (Pierre Claverie, Priez sans cesse…).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 01 Agosto 2010ultima modifica: 2010-08-01T23:32:00+02:00da fraternidade
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