Giorno per giorno – 24 Luglio 2010

Carissimi,

“Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania” (Mt 13, 24-26). Il regno dei cieli, cioè il regnare di Dio, in noi e tra di noi, non si propaga tanto facilmente (come noi possiamo constatare), né, quando ha attecchito, si può dire con certezza che durerà e che si affermerà definitivamente. Esso è un processo, simile a quello della semina, comporta una fatica, quella del seminatore, il lavorio segreto della natura e il morire e il germinare del seme. E sconta i molteplici ostacoli che gli si possono frapporre. Anche in questo caso, i soggetti della parabola possono essere variamente identificati. La comunità di Matteo diede la sua interpretazione (cf Mt 13, 36-43), che pare allontanarsi un po’ dall’intenzione originaria del narratore. Oggi noi, forse, potremmo vedere nel seminatore lo stesso Dio, nel seme il suo regno, cioè la forma di Gesù, e nell’azione anonima che porta alla sua crescita e al suo fruttificare l’agire dello Spirito presente nell’umanità, nella chiesa e in ciascuno(a) di noi. La zizzania, poi, sono nel contempo gli altri, ma anche noi, con gli elementi di anti-regno che ci portiamo dentro. E noi siamo anche i servi impazienti che vorrebbero, a volte, farla presto finita con tutto ciò. Ma c’è Dio e la sua pazienza. Che durerà sempre. Fino a quella mietitura che può avvenire, in realtà, ad ogni momento. Ed è quando la zizzania, come per incanto, non c’è più. E poi, c’è ancora. E poi non più.  Certo, la spiegazione che ne dà Matteo non va presa sottogamba, quando afferma “raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti gli operatori di iniquità e li getteranno nella fornace ardente dove sarà pianto e stridore di denti” (Mt 13, 41-42), riunendo in queste categorie tutto ciò che sarà stato di ostacolo (questo è lo scandalo!) all’affermarsi in noi e nel mondo di quel Principio della cura (in cui consiste per l’appunto il suo Regno), che fa vivere noi e l’universo intero. Tempo di scandali, nella chiesa e nel mondo, oggi come già in altre epoche. Tempo anche, perciò, di purificazione (il fuoco) e di pentimento (le lacrime e lo stridor di denti). Tempo, quindi, anche e soprattutto, di grazia.         

 

Il martirologio latinoamericano ci porta oggi la memoria di Ezechiele Ramin, missionario e martire in Brasile.

 

24 LELE RAMIN.jpgEzechiele (Lele) Ramin era nato a Padova il 9 febbraio 1953, nella famiglia di Mira e Mario Ramin, di solide radici cristiane. Durante gli studi aveva preso progressivamente coscienza dei soprusi, ingiustizie e disuguaglianze che caratterizzano l’attuale modello di sviluppo. Si era perciò avvicinato all’Associazione Mani Tese, e aveva contribuito ad organizzarne un gruppo locale nella sua città, partecipando poi a numerosi campi di lavoro per sostenerne i progetti nei paesi del sud del mondo. Alla fine del 1972, si sentì chiamato ad un impegno più radicale e scelse di entrare tra i missionari comboniani. Ordinato sacerdote il 28 settembre 1980, fu inviato, nel gennaio 1984, a Cacoal in Rondonia, Brasile. Impegnatosi nel CIMI (Consiglio Indigenista Missionario), verrà da lì a poco assassinato per il suo impegno a fianco degli indios e dei sem-terra. Era il 24 luglio 1985. Pochi mesi prima di essere ucciso aveva scritto: “La vita è bella e sono contento di donarla. Voglio che sappiate questo”.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Profezia di Geremia, cap.7, 1-11; Salmo 84; Vangelo di Matteo, cap.13, 24-30.

 

La preghiera del Sabato è in comunione con le comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israel.

 

Anche noi, stasera, abbiamo ricordato le vittime della festa di Duisberg, che voleva essere una celebrazione dell’amore e della gioia di vivere e si è trasformata in un’assurda tragedia, che ha seminato la morte in tante giovani vite. Che Dio possa, alla lunga, ottenere ai  molti che vi si sono trovati coinvolti, soprattutto per vincoli famigliari o di amicizia, ciò che oggi può sembrare impossibile: lenire il dolore della perdita, rinsaldare i sentimenti, individuare comunque un senso che superi l’accaduto. Ma anche fare giustizia.   

 

Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura i brani di alcune lettere che Ezechiele Ramin indirizzò nel gennaio 1972 all’amica Paola Trevisan, conosciuta nell’ambito dell’impegno con Mani Tese. Sono tratte dal libro “Testimone della speranza” (Rete Radié Resch), pubblicato a cura di Ercole Ongaro e Fabio Ramin. E sono, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

La gente ha sempre bisogno di chi vuol fare del bene. Oggi ci sono molti esclusi, molti emarginati, molti dimenticati. Dimenticati negli ospedali, nelle carceri, emarginati negli ospizi, nei riformatori, nelle baracche, esclusi dalla vita umana. Come si può restare indifferenti a questo dolore dell’uomo?? Non sono un idealista, utopia non è Amare anche questa gente, utopia è non amare!! In un tempo come il nostro che ci ha soffocato il Cristo tra i grattaceli, l’asfalto, le strade, i treni, le macchine occorre trovare il volto del Cristo tra i fratelli, anche se vestono male, anche se non li conosciamo. Per interessarsi della gente, dei suoi problemi, ci vuole un amore grande che ti possa dare la forza di non stancarti mai. Ed è difficile. Fino ad ora tutto è andato liscio, ma quando ci sarà della gente che ti imbroglierà, che ti userà violenza, allora sarai al banco di prova: non si può amare solo la gente che ci fa comodo…La forza di perserverare, se non hai approfondito i temi e i valori di questo fare, scomparirà. (…) Mah! Io credo comunque alla gente anche quando so che mi imbroglia. È difficile vedere Cristo in questa gente, eppure c’è!! (…)  Sono contento quando vedo il sorriso di una persona, quando la posso aiutare, quando ricevo Cristo, quando alle volte mi dimentico per gli altri, quando ho speso bene la mia giornata. Sono contento quando vivo veramente.  (Ezechiele Ramin, Testimone della speranza).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri frateli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 24 Luglio 2010ultima modifica: 2010-07-24T23:50:00+02:00da fraternidade
Reposta per primo quest’articolo