Giorno per giorno – 18 Maggio 2010

Carissimi,

“Padre, è venuta l’ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te. Tu gli hai dato potere su ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato. Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo” (Gv 17, 1-3).  Dominga, stamattina, chiedeva cosa vuol dire questa richiesta che Gesù fa al Padre di essere da lui glorificato, perché possa, a sua volta, glorificarlo. Forse, nell’imminenza dell’ora, per la quale è venuto, Gesù chiede di rendere evidente nella sua persona, come mai prima d’allora, il “chi è” (o, anche, il nome) del Padre nella sua verità più profonda. E la gloria che Gesù rende al Padre, ci riguarda tutti ed è, a partire dalla rivelazione imminente – l’evento della Croce -, il suo comunicarci la vita eterna, il cui significato l’evangelista sintetizza nel conoscere Dio e il suo inviato, Gesù. Dove “conoscere” è assai più del semplice sapere: è sperimentare e vivere.   Sentirsi raggiunti dal suo significato e rifletterlo. L’ultima preghiera di Gesù – che già non è più nel mondo (v.11) – si solleva fino ad abbracciare tutte le generazioni future, avendo, tuttavia, cura di porre un discrimine netto: Lui prega per coloro che il Padre gli ha affidato, non prega per il mondo. Che non è l’universo, ma il sistema iniquo che, in ogni tempo, genera ingiustizia, oppressione, violenza. Un sistema, dal quale, chi vuol essere suo discepolo deve necessariamente sentirsi estraneo: “nel mondo, ma non del mondo”. Forse sarebbe il caso che certi prelati, prima di concedersi a facili scorribande in discutibili salotti e a imprudenti frequentazioni mondane, ci pensassero un po’ su. Sempre che ci credano ancora. Come diceva Lui: “Perché le parole che hai dato a me, io le ho date a loro, ed essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato” (v.8).  Sarà? Questo, in ogni caso, vale anche per noi.  

 

Oggi, il calendario ci porta la memoria di Giuseppe Lazzati, cristiano al servizio di una Città dell’Uomo, e quella dei Martiri ebrei della Prima Crociata.

 

18 Giuseppe Lazzati bis.jpgGiuseppe Lazzati era nato il  22 giugno 1909 a Milano. Entrato nelle file dell’azione Cattolica, compì i suoi studi all’Università Cattolica, laureandosi in Lettere nel 1931. Nel 1934 fu nominato Presidente della Gioventù Cattolica milanese e, a  partire dal 1938 prese a insegnare alla Cattolica. Nel 1939, maturata la scelta della consacrazione laicale, fondò una comunità di laici che prese il nome di Milites Christi Regis (in seguito Istituto Secolare di Cristo Re). Dopo l’8 settembre 1943, ufficiale degli alpini, venne fatto prigioniero dai tedeschi e inviato in un campo di concentramento, per aver rifiutato di servire la Repubblica di Salò. Nel 1946, all’indomani della guerra, fu eletto consigliere del Comune di Milano e, subito dopo, membro  dell’Assemblea Costituente. Dal 1948 al 1953 fu deputato al Parlamento nelle fila della DC. Tornato all’insegnamento universitario, fu nominato nel 1956 Presidente del Movimento Laureati di Milano e nel 1964 presidente dell’Azione Cattolica ambrosiana. Fu in quegli anni che Lazzati vide e denunciò il rischio di una deriva integrista di Gioventù Studentesca, il movimento fondato da don Giussani. Eletto Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia, nel 1965, tre anni dopo, fu chiamato come nuovo rettore dell’Università Cattolica, carica che coprirà fino al 1983.  Dal 1976 al 1986, continuò a tenere, presso l’eremo San Salvatore,  corsi di ascolto della Sacra Scrittura e di discernimento vocazionale per quanti  si ponevano il problema della loro scelta di vita. Nel 1985 fondò l’associazione “Città dell’Uomo” , con lo scopo di educare i fedeli alla responsabilità civile e politica. Lazzati morì, dopo una lunga malattia,  il 18 maggio 1986, all’alba del giorno di Pentecoste.

 

18 Martiri ebrei della Prima Crociata.jpgIl 18 maggio 1096, le truppe della Prima Crociata, dirette in Terra Santa, entrarono nella città di Worms, sul fiume Reno, in Germania. Lì, la popolazione ebrea più facoltosa si era garantita la protezione del vescovo, ottenendo dietro pagamento di laute somme in denaro, di rifugiarsi nel castello vescovile. I più poveri, abbandonati a se stessi, non ebbero via di scampo. I crociati, entrati in città, li raggiunsero e sgozzarono tutti sul posto, saccheggiandone poi le abitazioni e bruciando i rotoli della Torah. Le vittime furono circa cinquecento. Nei giorni successivi il palazzo vescovile fu posto sotto assedio e i trecento che vi avevano trovato rifugio furono costretti a consegnarsi alle orde crociate. La maggior parte di essi, rifiutando il battesimo, venne messa a morte. Il giorno 27 dello stesso mese, i crociati entrarono anche a Meinz, dove l’intera comunità ebraica, che contava 1300 persone tra uomini, donne e bambini, fu massacrata.

 

I testi che la liturgia odierna odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Atti degli Apostoli, cap.20, 17-27; Salmo 68; Vangelo di Giovanni, cap.17, 1-11a.

 

La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali del Continente africano.

 

18 araceli.jpgOggi in Brasile si celebra la Giornata Nazionale di Lotta contro l’Abuso e lo Sfruttamento sessuale di Bambini e Adolescenti. Sorto per iniziativa di 80 organizzazioni pubbliche e private, riunitesi in Bahia, nel 1998, il progetto fu trasformato in legge nel maggio dell’anno 2000. È una battaglia che chiede il contributo di tutti. La data odierna fu scelta per ricordare la tragica vicenda di Araceli Cabrera Sanches, una bambina di otto anni, sequestrata a Vitória (Espírito Santo), il 18 Maggio 1973. Dopo essere stata picchiata con inaudita crudeltà, torturata e violentata, fu uccisa nel corso di un festino a base di droga, da membri di facoltose famiglie della Capitale capixaba, che cercarono poi di disfarsi del cadavere utilizzando dell’acido. Il corpo della bimba fu ritrovato sei giorni dopo.  Il delitto rimase impunito.

 

“È stato un cristiano che ha saputo dare ragione della sua fede nel Signore Risorto con dolcezza e con rispetto, e con retta coscienza. Nei confronti non soltanto della città dell’uomo, ma della stessa comunità ecclesiale”: così, qualche mese fa, il Card. Carlo Maria Martini ricordava la figura di Giuseppe Lazzati. Noi speriamo di arrivarci, un giorno. Dello stesso Lazzati, nel congedarci, vi proponiamo una citazione tratta dal suo “Laicità e impegno cristiano nelle realtà temporali” AVE). Che è, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Questo carattere vitale, proprio della cultura cristiana, sta, dunque, in piedi nella misura in cui chi la professa, di fatto la vive non per imporla ma per proporla con una coerente testimonianza di vita. Quella testimonianza di vita propria di chi è chiamato a dare senso cristiano alla sua presenza nel le realtà temporali. E proprio qui che si delinea nitidamente l’intrinseco legame fra impegno secolare e cultura cristiana. Più specificamente, è qui che prende tutto il suo rilievo la valenza politica di tale cultura. A togliere ogni equivoco che questa espressione potrebbe provocare, vale la pena precisare che con essa si vuoi intendere, anzitutto, una cultura capace di offrire una compiuta visione dell’uomo, senza diminuzione alcuna di progetti arditamente concepiti in aderenza a non rinunciabili stimoli evangelici di giustizia, di libertà, di amore, ma così da realizzarli nel concreto delle nuove situazioni storiche e del loro rapido divenire in vista della crescita personale e comunitaria dell’uomo. Ancora. Si vuoi intendere una cultura che, in ordine alla costruzione della città dell’uomo, è capace di mobilitare una leale collaborazione con forze generate da altre matrici culturali, anche in vista dell’arricchimento che da esse può venirle, ma conservando intatta l’originalità della propria capacità di progetto, pur nella gradualità della sua estrazione. Originalità che sola dà senso al contributo in cui la collaborazione si risolve. Infine, si vuoi intendere una cultura che si fa capace di pensare la gestione del potere come supremo servizio alla comunità, salvandolo dalla corruzione che deriva dall’ idolatria del potere stesso e del suo stesso asservimento agli altri idoli che lo riducono a loro strumento. Come si vede, parlare di valenza politica della cultura, lungi dall’evocare equivoche strumentalizzazioni, significa alludere al pieno riscatto della politica medesima (nel senso di attività politica) che, proprio perché sorretta da una cultura cristiana, riscopre nell’uomo il suo punto di partenza e il suo fine e, dunque, riscopre il suo senso più vero. (Giuseppe Lazzati, Laicità e impegno cristiano nelle realtà temporali).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri frateli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 18 Maggio 2010ultima modifica: 2010-05-18T23:14:00+02:00da fraternidade
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