Giorno per giorno – 25 Aprile 2010

Carissimi,

“Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola” (Gv 10, 27-30). Noi abbiamo meditato questo Vangelo giovedì sera, a casa di Arcelina, dove c’era anche, arrivata a visitarla da Rio de Janeiro, sua sorella. E, intervenendo per prima, questa dice: Per noi è un grande privilegio essere il gregge del Signore. E Arcelina ha subito aggiunto: e dobbiamo essere felici, perché nessuno potrà strapparci dalle sue mani. Rafael ha pensato un po’ prima di parlare, poi ha detto: Che noi siamo sue pecore, saranno le nostre azioni a dirlo; soprattutto se noi potremo davvero ripetere con Lui: quanti sono stati affidati a me, nessuno li strapperà dalla mia mano. E anche: “Io e il Padre siamo una cosa sola”. Questo può essere vero solo se tutti gli uomini sono miei fratelli. A cominciare da qui fuori dalla porta. Se no, sto solo prendendo in giro me stesso, gli altri e Dio. E bravo Rafael, che possiamo aggiungere di più? Forse solo: nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Il Padre ci raccoglie come suoi figli – e tra noi fratelli – nell’Amore. Diversamente, è solo un’inutile giaculatoria. O persino una bestemmia.    

 

I testi che la liturgia di questa 4ª Domenica di Pasqua propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Atti degli Apostoli, cap.13, 14. 43-52; Salmo 100; Libro dell’Apocalisse, cap.7, 9. 14b-17; Vangelo di Giovanni, cap. 10, 27-30.

 

La preghiera della Domenica è in comunione con tutte le comunità e chiese cristiane.

 

Il calendario ci porta oggi le memorie di  Marco Evangelista e di Ernesto Balducci, profeta di dialogo, pace e nonviolenza dei nostri tempi.

 

25_MARCOS.JPGMarco, identificato con Giovanni Marco, di cui si fa menzione più volte nel Nuovo Testamento, era figlio di Maria che abitava a Gerusalemme e cugino di Barnaba.  Accompagnò questi e Paolo nel primo viaggio missionario, fino a Perge, in Panfilia, quando, per un dissidio non meglio precisato, li lasciò, facendo ritorno a Gerusalemme. In seguito dovette comunque riconciliarsi con Paolo, dato che questi ne parla come di suo collaboratore e accenna alla sua presenza a Roma, durante la prigionia. L’attribuzione a lui del secondo Vangelo risale al vescovo Papia nel 130 d.C., che cita a sua volta Giovanni il presbitero, affermando che Marco non conobbe il Signore, ma che mise per iscritto ciò che aveva udito da Pietro.  Una tradizione tardiva lo vuole martire ad Alessandria in questa data.   

 

25 BALDUCCI.jpgErnesto Balducci era nato il 6 agosto 1922 a Santa Fiora, un paesino di minatori sul Monte Amiata, in provincia di Grosseto. Entrato nel seminario dei padri Scolopi, fu ordinato nel 1945 e inviato a Firenze. Dall’incontro con Giorgio La Pira nacque il suo interesse per le tematiche sociali e politico-culturali che sfociò in numerose iniziative, con lo scopo di dar vita ad un cattolicesimo, fondato su valori di testimonianza, di pace e di dialogo tra le diverse culture. Confinato per un certo tempo a Frascati e poi a Roma, potè seguire a distanza ravvicinata il grande evento del Concilio Vaticano II. Nel 1965 fece ritorno alla Badia Fiesolana, deluso per il ritardo con cui procedeva il rinnovamento ecclesiale. L’amore per la Chiesa non gli impedì di percepire i limiti di una istituzione che gli appariva sempre più ripiegata su se stessa, in una visione ecclesiocentrica che nulla riusciva ad intaccare. E dovrebbe essere  l’esatto contrario. Negli ultimi anni i suoi studi e interventi si concentrarono sui temi della pace e della guerra, della non-violenza, e dell’incontro con la diversità. Il 25 aprile 1992 questo “profeta scomodo”,  voce di tanti poveri del mondo, anche, e forse soprattutto, di questa America Latina, cui volle dirigere l’ultimo gesto e parola solidale, morì in un tragico incidente stradale.

 

25 aprile.jpgOggi, però, è anche, nel vostro Paese, la Festa della Liberazione. Noi vogliamo ricordarla con le parole di don Andrea Gallo, che troviamo nel sito della Comunità di San Benedetto al Porto: “C’è una parola d’ordine che ci ha lasciato la Resistenza ed è sempre attuale: “Osare la speranza”. Il trasformismo è dilagante: leggi per interessi privati, legislazione xenofoba e razzista, la scuola al bando, il lavoro indifeso, senza futuro, la magistratura vilipesa, la sanità, la litigiosità dei partiti politici, le divisioni nei sindacati. Si vogliono uccidere le istanze collettive, l’essere insieme, l’essere in sé, cioè la coscienza critica. Si vogliono rendere invisibili tutti i diversi: migranti, zingari, handicappati, tossici, anziani, minori, malati mentali, prostitute, disoccupati. È la primavera del ’45 che ci deve stimolare. Tutta la Resistenza non è venuta a “predicare” la verità, è venuta a testimoniarla. Fermi sulla sua verità storica, si potrà evidenziare il suo carattere di riconciliazione. Le vetrine della Resistenza sono giustamente mute a chi non le investe d’una partecipazione presente, qui e ora. Una partecipazione democratica sul lavoro, nei sindacati, nei partiti, nei quartieri, nei movimenti, senza avanguardismi, senza egemonie. Possiamo imparare dalla Resistenza, nell’esatta misura in cui desideriamo un domani con i grandi temi irrinunciabili: lo stato sociale, la cultura della pace”. Ce n’è davvero quanto basta.

 

Noi ci si congeda qui, non senza chiedervi una preghiera per la salute di due amici: il Pr. Raimundo che stenta a recuperare da un recente intervento chirurgico, e Virginio, un amico di Milano che, proprio oggi, è stato ricoverato in ospedale. Di entrambi sappiamo per certo che tra qualche giorno saranno di nuovo belli e pimpanti. Ma, noi, mettiamoci comunque del nostro. Per il resto, in clima con la celebrazione odierna, vi si propone l’ultima lettera di un partigiano, il medico Aulo Magrini (Arturo), caduto a Noiaris (Udine) il 16 luglio 1944, medaglia d’argento al valore alla memoria. È, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Margherita cara, altre volte avevo divisato di consegnare ad uno scritto un pensiero ed una parola per te nel caso dovessi, per qualunque circostanza,scomparire. La situazione attuale mi consiglia di farlo oggi. A te solo, solo a te posso rivolgermi. So del tuo affetto per me: posso dirti di ricambiarlo in pieno con un senso di riconoscenza, di stima, di rispetto, quale tu meriti. Vorrai perdonare qualche mio torto: sei troppo intelligente per non comprendere e per non indulgere. So e sento che, pur nello strazio anche mio nel lasciarvi, saprai comprendere che ci sono delle leggi e dei doveri, come uomini e cittadini, di fronte ai quali tutto deve passare in second’ordine – interessi ed affetti, sentimenti ed impulsi. Ho creduto e credo fermamente in una società migliore e in un migliore prossimo avvenire in questa povera umanità. Non credo possibile, ne posso in questo momento, rifuggire dalle responsabilità e dai doveri che me ne derivano. Non è questa che la ferma e calma decisione che chiunque, nelle sue pur modeste condizioni, voglia considerarsi degno del nome di uomo, deve prendere per sé e soprattutto per i propri figli. Ho per tradizione famigliare – lo sai – quella di pagare di persona. Non voglio essere io a romperla. Tengo a lasciare più che mai alto e puro questo punto d’onore ai figli: ed a loro quest’eredità non può venire per via più pura e degna della loro mamma. Tu li saprai allevare nel culto del bene e del vero, senza debolezze, assolutamente, ma con altrettanto senso di umanità. Ho un solo rimorso: quello di non potervi, con il mio immenso affetto, lasciare anche una situazione materiale che tolga ogni preoccupazione a te ed ai miei piccoli. Spero non me ne farete un torto: anzi ne sono convinto. Addio, Margherita mia, a te ed ai cari piccoli, ai nostri figli, in cui troverai sempre conforto e ragione di vita, di lotta, di sacrificio. E credimi, sentimi vicino a te, a voi tutti sempre, con il mio affetto più puro ed intenso. Vi abbraccia il vostro Aulo. (Aulo Magrini, Lettera alla moglie).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro

Giorno per giorno – 25 Aprile 2010ultima modifica: 2010-04-25T23:11:00+02:00da fraternidade
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