Giorno per giorno – 03 Aprile 2010

Carissimi,

“Avvoltolo nel lenzuolo, lo depose in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare un masso contro l’entrata del sepolcro” (Mc 15, 46). Non è il Vangelo di oggi, dato che in questo Sabato, forse per un eccesso di realismo, in nessuna chiesa del mondo è proclamata la Buona Notizia, fosse anche una sola, piccola piccola. L’unica cosa che il silenzio della liturgia sembra proporci è, anzi, questa cattiva notizia. Tutto è finito, ogni nostra speranza, sogno, utopia, si sono rivelati semplice illusione. Anche Dio, “quel” Dio, il Dio di Gesù, alla fine, è morto e sepolto. Per sua libera scelta e, nello stesso tempo, per nostra colpa. Lui per essersi convinto di aver esaurito ogni strumento di persuasione che, facendo salva la nostra libertà, ci conducesse sulla via dell’amore, ed essersi consapevolmente consegnato, senza opporre alcuna resistenza, al male che è in noi;  noi per aver diffidato di lui, anche di fronte al dono ultimo. Incapaci di leggerlo come tale. Anzi, in seguito, condotti ad interpretarlo come il suo contrario: il sacrificio infinito esigito per sanare l’offesa smisurata. Così che Dio risorge come infinità crudeltà (se Egli è tale nei confronti del Figlio, come non sarà nei nostri confronti?), smentendo definitivamente la verità per cui quel Figlio è morto, e confermando il sospetto di Adamo, lo stesso che noi, dalle origini, con la giustificazione e l’avallo delle nostre religioni, ci portiamo dentro. Sì, Dio è potente, crudele e vendicativo. Il Padre misericordioso, annunciato e vissuto da Gesù, che ci vorrebbe tutti come lui, è, appunto, morto e sepolto. E le società, i popoli, le nazioni  (e noi con loro), possono continuare a scannarsi in tutta tranquillità, protetti dai rispettivi dèi. Sabato del silenzio, della delusione, dell’ “ora, che fare?”, dopo avere, con una buona dose di faciloneria, nella concretezza delle nostre vicende e scelte personali, comunitarie (persino ecclesiastiche!!) e collettive,  accettato di eliminare Dio, nella figura degli ultimi, con cui Egli ha voluto identificarsi. Chi l’avrebbe detto che l’ultimo immigrato lasciato annegare in mare o ricacciato a morire di stenti in un deserto, o di fame nel suo paese, e lo zingaro, scansato con fastidio nelle nostre strade, o il meridionale (qui da noi, il nordestino) irriso con disprezzo, o l’omosessuale messo alla gogna, o la donna ridotta a oggetto nella cultura, nella chiacchiera e nel lazzo, e violentata nello spirito e nel corpo, o i bambini violati nella loro innocenza, erano invece tutte Sue epifanie, che andavano accolte, riverite, amate.  Già, ma ora è troppo tardi. Quando pietà è morta per alcuni, è morta già per tutti. Anche per noi. E Dio con essa.  Ora, che fare? Si trovasse almeno qualche donna (una comunità, chissà!), capace di inquietarsi, nella quiete forzata del Sabato, che decidesse di non restare a dormire come tutti, nella notte che attraversa il mondo, ma, anticipando, anzi, facendosi incontro all’alba, scegliesse di alzarsi e correre là dove Dio giace morto e muore (persino nelle nostre chiese), per piangere su di Lui e ungerlo e profumarlo. Ed ecco che, nel pentimento e nel pianto, la pietà rivive. E Dio con essa. Ma questa è storia di domani. Oggi è, ancora e soltanto, nella nostra limitata prospettiva, il tempo del silenzio e della delusione.      

 

SÁBADO SANTO.jpgLa liturgia della Chiesa, che ha letture per ogni giorno dell’anno, non ne ha, dunque, per questo giorno: il Sabato Santo, la Pasqua dell’Attesa, o anche, la Pasqua della Discesa agli inferi. Solo il silenzio. Nella Veglia Pasquale, la notte più grande di tutto l’anno liturgico (ma sarà già domani), i testi che saranno proclamati, sono tratti da:

Libro di Genesi, cap.1,1 – 2,2; Libro dell’Esodo, cap.14,15 – 15,1; Profezia di Isaia, cap.54, 5-14; Salmo 30; Lettera ai Romani, cap.6, 3-11; Salmo 118; Vangelo di Marco, cap.16, 1-7.

 

La preghiera del Sabato è in comunione con le Comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israel, che celebrano oggi il terzo giorno della Festa di Pesach. 

 

Oggi, sottovoce, noi si fa memoria di Jean Goss, profeta di pace e di nonviolenza.

 

03 Jean Goss.jpgJean Goss era nato il 20 novembre 1912 a Lyon (Francia). Tredicenne era dovuto andare a lavorare come artigiano, per aiutare la famiglia. In seguito sarebbe diventato ferroviere e militante sindacalista. Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale fu inviato al fronte, dove fece in tempo a guadagnarsi qualche medaglia, prima di finire prigioniero, internato in un campo di concentramento. L’esperienza della prigionia gli cambiò la vita. Conobbe Dio, incontrò la fede e decise di porsi al servizio della volontà d’amore che Dio nutre nei confronti di tutta l’umanità. Dopo la liberazione, rientrato in patria, Goss restituì le decorazioni militari e divenne obiettore di coscienza. Nel 1953 incontrò colei che sarebbe diventata la compagna della sua vita, una viennese, classe 1930, Hildegard Mayr, figlia di uno dei fondatori del Movimento Internazionale della Riconciliazione e segretaria itinerante della stessa organizzazione, tenace assertrice della non-violenza. Dal loro matrimonio nacquero due gemelli, Myriam e Etienne. La loro attività non conoscerà più sosta. Durante il Concilio Vaticano II, assieme a Dorothy Day, Lanza del Vasto e altri esponenti non-violenti, si recarono a Roma per pregare e digiunare al fine di sensibilizzare i padri conciliari sui temi dell’obiezione di coscienza e sul pericolo della dottrina della deterrenza nucleare.  Riuscirono a trovare udienza, e alcuni documenti conciliari, ma anche altre prese di posizioni ecclesiali, negli anni successivi e nei diversi continenti, lasceranno trasparire l’influenza dei loro suggerimenti. A partire da allora si moltiplicarono i contatti con coloro che passeranno allo storia come i testimoni del pensiero e della prassi non-violenta: Martin Luther King, dom Helder Camara, Luthuli, Adolfo Perez Esquivel, Lech Walesa, mons. Romero e, lì in Italia, don Milani, Danilo Dolci, mons. Bettazzi, don Tonino Bello, ecc. Sempre con la moglie Hildegard, organizzò tra il 1984 e il 1986 numerosi seminari non-violenti nelle Filippine,  che contribuirono non poco al rovesciamento della dittatura di Marcos. Lo stesso sarebbe accaduto qualche anno dopo in Madagascar. Nel pieno delle sue forze, Goss morì improvvisamente il  3 aprile 1991. La moglie disse: “È morto con lo stesso vigore col quale ha vissuto”.

 

È tutto pe stasera. Noi ci congediamo qui, con il brano di un’omelia di Germano di Costantinopoli, “Oratio In Dominici corporis sepulturam”, che medita il mistere della discesa di Gesù nel mondo dei morti. Parla di Adamo, di inferi, di cielo, ma dice anche di noi, della nostra condizione attuale, della vita nuova che ci dona. È, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Cristo aveva assunto le primizie della creazione. Oggi la sua vittoria penetra tutto l’universo, vivificandolo e rendendolo immortale. Tutti gli esseri creati proclamano che il mistero della croce è un trionfo; l’attesterebbero le pietre, qualora io tacessi. Secondo un’antica e veridica tradizione dei padri, il primo uomo fu sepolto sotto le pietre del calvario. Cristo, come re potentissimo, si innalzò sopra quella cittadella adamitica e riportò la vittoria contro il demonio che da tiranno vi spadroneggiava. Erigendovi il trofeo della croce, egli ha manifestato chiaramente che lo scopo della sua venuta in terra era Adamo: il mistero del suo abbassamento fu compiuto per ricondurre Adamo a Dio e per salvarlo. Per liberare il Primo uomo Cristo discese dal cielo, si incarnò, soffrì, faticò e lavorò, pregò e morì, effuse il suo sangue e fu sepolto. Tutto questo mistero ebbe per movente l’amore che il Creatore porta alla creatura. Gesù grida ancora una volta: Adamo, dove sei? (cf  Gen 3,9). Sono venuto a cercarti, e per poterti trovare, ho steso le mani sulla croce. Con le mani stese mi rivolgo al Padre, per rendere grazie di averti ritrovato, e poi le volgo anche verso di te per abbracciarti. Quei passi che un tempo ti terrificarono, segnalando il triste stato della tua anima, ora sono venuti a te senza strepito: i miei piedi sono infatti immobilizzati, confitti in croce per te. Non sono venuto per giudicare il tuo peccato, ma per salvarti, talmente io amo gli uomini. Non sono venuto per maledirti, a causa della tua disobbedienza, ma per benedirti con la mia obbedienza. Un tempo fosti come un uccellino scacciato dal nido del paradiso e dilaniato dai denti del serpente. Oggi ti copro con le mie penne, sotto le mie ali troverai rifugio. (Cf Sal 91,4). Quando l’anima si ritira, il corpo si dissolve; ma ora cercherò la tua vita nascosta nelle tenebre e nell’ombra di morte, scenderò fino negli inferi, annoverato fra quelli che scendono nella fossa (Sal 88,5). Non mi darò quiete finché, toccando il fondo dell’umiliazione, non ti avrò ritrovato e ricondotto in cielo, a gloria del mio amore per te. (Germano di Costantinopoli, Oratio In Dominici corporis sepulturam).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 03 Aprile 2010ultima modifica: 2010-04-03T23:47:00+02:00da fraternidade
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