Giorno per giorno – 31 Marzo 2010

Carissimi,

“Venuta la sera, si mise a tavola con i Dodici. Mentre mangiavano, disse: In verità io vi dico: uno di voi mi tradirà. Ed essi, profondamente rattristati, cominciarono ciascuno a domandargli: Sono forse io, Signore?” (Mt 26, 20-21). Stamattina, dopo la lettura del Vangelo, mentre Arcelina s’interrogava sui motivi che avevano portato Giuda a tradire Gesù, Valdecì è sbottata: Non è importante sapere perché Giuda l’abbia tradito. Ciò che importa è sapere che cosa porta noi a tradirlo, ogni giorno. E noi non abbiamo saputo aggiungere più nulla. Così, dopo un lungo silenzio, abbiamo elevato le nostre preghiere, detto il Padre nostro, invocato la benedizione. E ce ne siamo venuti via. Già, perché lo tradiamo? Noi, i suoi amici. Durante il giorno, qualcuno di voi ci ha scritto ancora chiedendoci delle vostre elezioni. E noi confessiamo che, a questa distanza, non ne capiamo mica nulla. Però, una cosa ci sentiamo di dirla. Non direttamente sulle elezioni, ma sul presumibile voto cattolico nel pensiero di qualche autorevole personalità ecclesiastica o dei loro ufficiosi organi di stampa. Come nell’intervista rilasciata da non ricordiamo più quale vescovo, presidente di una qualche pontificia accademia, il quale, oltre a sostenere che i cattolici abbiano premiato candidati  doc,  come Formigoni (!) e Cota (!!), negli schieramenti maggiori, ma anche la Binetti (!) e Magdi  Allam (!!), in quelli minoritari, esprime un sostanziale apprezzamento del voto leghista, giustificato dal radicamento della Lega Nord sul territorio, dalla “piena condivisione” (perdinci non ce n’eravamo accorti!) che essa manifesta con il pensiero della Chiesa sui problemi etici, ed anche dalle giustificate ragioni che essa avanza in tema di immigrazione.  Beh, a noi, francamente, ci fa un po’ paura pensare che questo pensiero sia rappresentativo della chiesa. Ci ricorda anche troppo da vicino, certe chiese che per battezzare movimenti o sentimenti populisti, autoritari, xenofobi o razzisti, finirono per sbattezzare se stesse, perdendosi Gesù Cristo per strada. Non vale davvero la pena correre appresso ai vincenti di turno, per ottenerne (o perché se n’è ottenuta) qualche favorevole dichiarazione di principio o qualche congruo beneficio, a costo di tradire Lui, che è la ragione del nostro esistere. Vale invece la pena, se è il caso, di avere le chiese anche più vuote di quanto già non siano, ma mantenere alta l’esigenza della vocazione cristiana. Non possiamo svendere la Grazia sulla pelle dei poveri del mondo. Meno che meno a chi fabbrica e fomenta paure, alimenta intolleranza e odio (magari sventolando le bandiere dell’amore), stimola bassi istinti egoisti, in vista di non si sa bene quali superiori interessi. O, forse, lo si sa. La  Lega e Berlusconi non hanno bisogno di cappellani. Né la chiesa ha bisogno di inseguire chi è “ben radicato nel territorio”. Ha bisogno lei di radicarsi, ove non lo sia ancora o non lo sia più, ma in maniera altra, alternativa, coraggiosa, perdinci!     

 

Oggi la Comunità fa memoria di Maria Skobtsova, martire della carità, sotto il totalitarismo nazista.

 

31 MARIA SKOBTSOVA.jpgLisa Jurevna Pilenko era nata nel 1891 a Riga, in Lettonia, in una ricca famiglia dell’aristocrazia russa. Poetessa e attivista politica, sposò in prime nozze un bolscevico, da cui più tardi però si separò. Delusa dagli sviluppi della rivoluzione, sposò un ufficiale dell’Armata Bianca. Nel 1923,  assieme a tre figlioletti, decise di lasciare il Paese, per stabilirsi a Parigi. La morte improvvisa per meningite della figlia più piccola, la segnò profondamente e la avviò ad un processo di profonda conversione.  Cominciò a dedicarsi ai più indigenti tra i rifugiati russi, visitandoli in prigione, negli ospedali, nei manicomi o nelle periferie degradate della città. Diceva: “Ogni persona è l’autentica icona del Dio incarnato nel mondo”. Conobbe e frequentò anche i maggiori rappresentanti dell’ortodossia russa in esilio, come Bulgakov, Berdjaev e il metropolita Evlogij.  Fu quest’ultimo che le consigliò di diventare monaca. Chiesto ed ottenuto il divorzio dal secondo marito, Lisa emise i voti monastici, nel 1932, assumendo il nome di Maria (in ricordo della penitente Maria Egiziaca). Fondò allora il suo monastero, dove, vivendo in assoluta povertà, si dedicò all’accoglienza dei più bisognosi tra i suoi fratelli, alla preghiera, e alla riflessione, portata avanti con i suoi compagni di fede,  su come rinnovare la vita dell’Ortodossia.  Nel 1943, a causa dell’assistenza offerta a numerosi gruppi di ebrei, fu arrestata dalla Gestapo e inviata nel campo di concentramento di Ravensbruck. Lì trascorse due anni in condizioni indescrivibili di crudeltà e disumanità, consolando, incoraggiando e testimoniando fino alla fine la civiltà dell’amore tra le sue compagne di sventura. Morì nella camera a gas il 31 marzo 1945.

 

I testi che la liturgia propone oggi alla nostra riflessione sono tratti da:

Profezia di Isaia, cap.50, 4-9a; Salmo 69; Vangelo di Matteo, cap.26, 14-25.

 

La preghiera del mercoledì è in comunione con tutti gli operatori di pace, quale che ne sia il cammino spirituale o la filosofia di vita.

 

Bene, noi ci si congeda qui. Con una citazione di Mère Marie Skobtsov, tratta dal suo  Le sacrement du frère” (Editions du Cerf). La voce di una donna per scuotere la Chiesa. È questo, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Bisogna, ogni volta, donare la propria anima a Cristo, perché egli la offra in sacrificio per la salvezza di colui o colei che incontriamo. Ciò significa che bisogna unirsi a questa persona nel sacrificio di Cristo, nella carne di Cristo. Questi sono i soli comandamenti che abbiamo ricevuto nella Buona Notizia di Cristo, confermati quotidianamente nella celebrazione dell’Eucaristia. Questa è la sola autentica via del cristiano; alla sua luce, tutte le altre vie impallidiscono e si offuscano. Non conviene giudicare coloro che seguono altre strade, contingenti, non sacrificali, in cui non si richiede la rinuncia a se stessi, in cui il mistero dell’amore non si rivela per intero.  Ma non si può, non si può più, non parlarne. Prima, si poteva, forse, ma ora non più. Perché oggi viviamo un’epoca terribile. Il mondo soccombe sotto le sue piaghe purulente, e, nel segreto del suo cuore, per quanto totalmente lontano da esso,  fa appello al cristianesimo, tanto che questo non può, non ha decisamente il diritto di  mostrargli un volto alterato, indebolito, velato. Il cristianesimo deve abbracciare il mondo  dal fuoco dell’amore di Cristo, deve giungere fino a soffrire la croce per Lui, deve incarnare in lui il Cristo. Che importa, che importa, se questa croce  innalzata eternamente sarà per i nuovi Greci una follia, per i nuovi ebrei uno scandalo – per noi sarà forza divina, Sapienza di Dio. Che importa se siamo chiamati alla povertà spirituale, alla follia di Cristo, alle persecuzioni, alle sevizie, – quando sappiamo che questa è la sola vocazione che ci ha dato Colui che è stato perseguitato, picchiato – il Cristo che si è fatto povero, il Cristo che si è fatto piccolo. Non accontentiamoci di sperare la felicità promessa: noi la gustiamo fin d’ora, in questo stesso momento, nel grembo di un mondo disperato e lugubre, quando con l’aiuto di Dio, alla chiamata di Dio, rinunciamo a noi stessi; quando abbiamo il coraggio di offrire la nostra anima per il nostro prossimo   e, nell’amore, non cerchiamo nulla per noi. (Mère Marie Skobtsov, Le sacrement du frère).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 31 Marzo 2010ultima modifica: 2010-03-31T23:50:00+02:00da fraternidade
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