Giorno per giorno – 18 Marzo 2010

Carissimi,

“Io non ricevo gloria dagli uomini. Ma vi conosco: non avete in voi l’amore di Dio. Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi accogliete; se un altro venisse nel proprio nome, lo accogliereste. E come potete credere, voi che ricevete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene dall’unico Dio?” (Gv 5, 41-44). Noi si vorrebbe, una volta di più, che queste parole fossero rivolte solo alle autorità giudaiche che contestavano a Gesù le sue violazioni del sabato e il suo farsi eguale a Dio. In realtà, sono dirette anche a noi ed è la nostra incredulità che hanno di mira. Ma come, ci chiedevamo stamattina, noi senza fede? E poi, stasera, a casa di , riprendendo il discorso, ci siamo chiesti ancora: in che consiste la nostra fede?  E cosa ci sta dietro o sotto? Giovanni riassume per la sua comunità (e anche per noi) su cosa si fondi la pretesa di Gesù di rappresentare la verità di Dio: la testimonianza di Giovanni, le opere che egli compie, la voce del Padre, le Scritture. Ma tutto questo e, nel caso, altro ancora, non basta, se non abbiamo in cuore l’amore di Dio e se siamo mossi solo dalla nostra ambizione.  Se, cioè, invece di cercare la sua gloria (la gloria di Dio, dirà sant’Ireneo, è che l’uomo viva), siamo tutti presi dalla ricerca della nostra gloria, della nostra affermazione, del nostro successo. C’è una coerenza profonda tra l’evento di Gesù e il Primo Testamento e Gesù la richiamerà più volte. Ma, per coglierla, bisogna conoscere le Scritture, la testimonianza di Giovanni, le opere di Gesù e aver udito la voce del Padre. O, anche solo una cosa di queste. Se no, la fede scivolerà pericolosamente in una qualche forma di superstizione, fatta di formule o di gesti, volti a ottenere benefici immediati,  o servirà a costruirci idoli (il vitello d’oro della prima lettura) o bandiere (il costantiniano “in hoc signo vinces”, tanto per intenderci) da brandire contro la religione degli altri. Gesù non ha bisogno, né si sogna, di diventare nostro idolo: “Io non ricevo gloria dagli uomini”. Chiede di diventare, sempre che lo vogliamo, la verità della nostra vita. Noi, con Lui, resi dono di Dio per la salvezza del mondo.  

 

Il calendario porta oggi la memoria di Cirillo di Gerusalemme, pastore e padre della Chiesa. 

 

18 CIRILLO DI GERUSALEMME.jpgCirillo era nato nel 315. Ordinato prete a trent’anni, nel 349 era diventato vescovo di Gerusalemme, con un’elezione che fu presto contestata, da opposti fronti e con diverse motivazioni. Da un lato, il vescovo Acacio di Cesarea di Palestina, che lo aveva consacrato, aveva, per i cultori dell’ortodossia atanasiana, qualche simpatia filo-ariana di troppo. Dall’altra, lo stesso Acacio fu presto scontento di Cirillo, che resisteva alla sua pretesa di rendere  la sede episcopale di Gerusalemme dipendente da quella di Cesarea, già capitale amministrativa della Palestina e sede dei procuratori romani. Così fu avviata un’inchiesta incrociata sulla dottrina e sull’operato di Cirillo. Non trovando di meglio, accusarono il povero vescovo di aver distratto alcune proprietà della Chiesa (ricevute in dono dall’Imperatore), per portare aiuto ai poveri colpiti dalla carestia.  Fu così che, nel 357, Cirillo dovette andarsene in esilio. Tornato riabilitato nel 359, non aveva fatto bene i conti con le mene di Acacio, che, l’anno successivo, ottenne nuovamente dall’imperatore il suo allontamento. Questa volta i motivi erano soprattutto di carattere dottrinale: l’aver cercato di trovare una formula sulla natura di Cristo che, nelle sue intenzioni, ne esprimesse adeguatamente la Signoria, salvando l’unità della Chiesa. Il risultato fu che se li trovò tutti nemici, atanasiani e ariani. Nel 362 lo ritroviamo al suo posto a Gerusalemme. Ma, agli imperatori doveva stare proprio antipatico, tanto è vero che Valente, nel 367, lo condannò anche lui all’esilio. Tornerà nel 378, dopo la morte di costui nella guerra contro i Goti. Nel 381, prese parte al secondo concilio ecumenico di Costantinopoli, che riconobbe la validità, da qualcuno contestata, della sua consacrazione a vescovo. Morì nella Città Santa il 18 marzo del 386. Cirillo fu il fortunato autore delle Catechesi, una serie di lezioni introduttorie sulla fede cristiana e sui sacramenti, destinate a quanti, durante la Quaresima, dovevano prepararsi a ricevere il battesimo nella grande Veglia pasquale.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Libro dell’Esodo, cap.32, 7-14; Salmo 106; Vangelo di Giovanni, cap.5, 31-47.

 

La preghiera del giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene.

 

Beh, per quel che ci è dato di capire, crediamo che Toni e Paolo, due amici italiani, che hanno trascorso un mese qui a Goiás, per accompagnare un progetto destinato alla Scuola Famiglia Agricola, se ne partiranno con una certa saudade anche dei nostri incontri del giovedì, a cui hanno partecipato due volte, la prima, a casa di Tião, giovedì scorso, e stasera a casa di e Djari. Partiranno domenica, abbondantemente abençoados dalla preghiera di tutti i nostri. Stamattina e poi anche stasera abbiamo ricordato il compleanno della nostra amica Marisa, che da qualche anno sceglie, giocoforza, altre destinazioni per le sue vacanze estive, ma che sappiamo continua a portarci nel cuore. Auguri, dunque. Un giorno o l’altro si affaccerà nuovamente alla casa di seu Ciato, o a quella di dona Dominga, o se ne andrà a spasso con Eliane e Dayane, e il codazzo dei più piccoli dietro.  

 

E, anche per stasera, è tutto. Noi vi proponiamo, nel congedarci, il brano di una catechesi  sullo Spirito Santo di Cirillo di Gerusalemme. Che è, per oggi, il nostro 

 

PENSIERO DEL GIORNO

L’azione dello Spirito Santo è tutta diretta al bene e alla salvezza. Mite e lieve è la sua venuta, fragrante e soave la sua presenza, leggerissimo il suo giogo. Il suo arrivo è preceduto dai raggi splendenti della luce e della scienza. Egli giunge con la tenerezza di un fratello e d’un protettore. Viene infatti a salvare, a sanare, a insegnare, a esortare, a rafforzare, consolare e illuminare la mente: anzitutto in colui che lo riceve e poi, tramite lui, anche negli altri. L’occhio che era al buio, quando riceve la luce del sole, si trova d’un tratto illuminato e vede chiaramente ciò che prima non vedeva. In modo analogo, colui che è stato giudicato come degno del dono dello Spirito Santo, viene illuminato interiormente; elevato ad una conoscenza sovrumana, vede ciò che prima ignorava. Sebbene il suo corpo rimanga sulla terra, l’anima contempla i cieli come in uno specchio. Spesso per la causa di Cristo un uomo subì insulti e fu ingiustamente disonorato. Ormai è imminente il suo martirio e lo circondano da ogni parte i tormenti: fuoco, spade, belve… un precipizio. Ma lo Spirito Santo gli sussurra: “Spera nel Signore, o uomo; quello che sta avvenendo è cosa da poco; grandi sono i doni preparati per te. Dopo aver sofferto per poco tempo, vivrai per sempre con gli angeli. Le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà esser rivelata in noi”. Lo Spirito Santo mette davanti allo sguardo interiore del credente il regno dei cieli e il paradiso di delizie. Perciò i martiri, benché costretti a tenere gli occhi del corpo rivolti ai giudici, per virtù dello Spirito Santo sono già in paradiso e possono disprezzare le atrocità che sono visibilmente manifeste. (Cirillo di Gerusalemme, Catechesi XVI, De Spiritu Sancto).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 18 Marzo 2010ultima modifica: 2010-03-18T23:30:00+01:00da fraternidade
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