Giorno per giorno – 13 Marzo 2010

Carissimi,

“Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore” (Lc 18, 9-11. 13). La parabola, in realtà, non è in primo luogo interessata al tipo di preghiera che siamo soliti formulare, anche perché noi, nel frattempo, ci siamo fatti furbi, sicché difficilmente si troverà qualcuno che faccia esplicitamente sua la preghiera del fariseo. Anzi, il più delle volte, ci premureremo di ripetere quella del pubblicano, debitamente codificata del resto nelle nostre liturgie – Signore, pietà!, Cristo, pietà! – in tutte le sue possibili varianti. Gesù è, invece, interessato all’atteggiamento (che la nostra preghiera può rivelare, ma anche nascondere) che noi abbiamo nei confronti di noi stessi e degli altri. Gli interessa far venire alla luce lo sguardo che portiamo sulla realtà, il modello di comunità che incarniamo, la società del domani di cui intendiamo essere segno e prefigurazione, e perciò anche il tipo di Dio in cui crediamo. Che non è necessariamente quello in cui affermiamo di credere. Provocati dalla parabola, potremmo allora chiederci chi abbiamo deciso esserci al centro delle nostre attenzioni e preoccupazioni, o chi sia meritevole di elogi, riconoscimenti e gratificazioni; se, per caso, non sia sempre e comunque l’io (anche nelle sue proiezioni collettive di famiglia-gruppo-partito-ceto-nazione-razza-chiesa-religione). E che, perciò, gli altri siano al massimo – se siamo buoni – dei poveretti, che valgono comunque niente!  Ora, la giustizia di Dio (o secondo Dio) non si identifica con il legalismo, né con l’ortodossia della fede o la pratica religiosa e meno che mai con una qualche pur rispettabilissima tradizione culturale. Giustizia di Dio (o secondo Dio) è la misericordia, il prendersi a cuore dei suoi figli e nostri fratelli, mettere perciò loro al centro. E noi ne siamo tutti lontano. Essere coscienti del peccato che questo significa e di cui insieme siamo responsabili, ci aiuterebbe a portare la nostra attenzione dal giudizio sulle persone (quasi sempre critico e sbrigativo nei confronti degli altri, molto più benevolo e indulgente nei confronti di noi stessi) alle cose da correggere o da porre in essere – a partire dalla nostra vita – per trasformare una realtà negativa.

 

Oggi, da noi, si fa memoria  di una piccola grande donna che diede la vita per amore del suo popolo: Marianela García Villas, martire per i diritti umani in El Salvador.

 

13 marianella.jpgMarianela era nata nel 1949 in El Salvador da una colta famiglia borghese di origine spagnola. Ed è in Spagna, a Barcellona, che Marianela viene mandata a studiare. Il collegio le offre l’opportunità di dedicarsi, oltre agli studi curricolari, anche ad attività di catechesi con i bambini di un quartiere di periferia. Lì, per la prima volta, la ragazza tocca con mano la vita di stenti e di privazioni cui molti dei suoi bambini e le loro famiglie sono condannati. Tornata in Salvador, Marianela si iscrive alla Facoltà di Diritto. Diventa sempre più consapevole della grave situazione di ingiustizia che regna nel Paese e cerca come può di studiarne e approfondirne le cause. Entra nell’Azione cattolica universitaria e successivamente nella gioventù democristiana, col desiderio di combattere l’ingiustizia strutturale che concentra la ricchezza nelle mani di pochi e lascia i più in balia della miseria. Nello stesso tempo si dedica gratuitamente alla difesa d’ufficio degli imputati più poveri. Nel 1975 è eletta all’Assemblea Legislativa. Nominata membro della Commissione parlamentare del “Benessere sociale”, assume come compito quello di indagare sui soprusi commessi dalle forze armate nei conflitti in atto tra  contadini e militari. Sequestri, torture, eccidi diventano, ogni volta di più, cronaca quotidiana.  L’azione di Marianela è volta al ripristino della legalità. Crea la Commissione per i Diritti Umani del Salvador,   la cui finalità è di fare chiarezza sui fatti di sangue, creando inoltre un archivio dei desaparecidos.   Marianela viene sequestrata, torturata, violentata e poi rilasciata. Riprende subito il suo lavoro, con immutata passione. Neppure l’assassinio di mons. Romero di cui era amica e collaboratrice, la fermano.  Cresce ancor di più il suo impegno all’interno della Commissione: ora si dedica a documentare fotograficamente gli eccidi del regime, recuperare i cadaveri, ricostruirne le dinamiche di morte, ricomporli, fotografarli e seppellirli. Scaricata dalla Democrazia Cristiana che ormai appoggia la dittatura, con la speranza di andare al potere, il 13 marzo 1983, Marianela viene catturata, brutalmente torturata e uccisa dalle Forze governative nelle campagne del Salvador.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Profezia di Osea, cap.6, 1-6; Salmo 51; Vangelo di Luca, cap.18, 9-14.

 

La preghiera del Sabato è in comunione con tutte  le comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israel.

 

Noi non riusciamo a ricordare tutti i diversi anniversari degli amici e amiche di qui e di lì. Lui, in compenso, li ricorda bene, anche perché è un dogma di fede che non soffre di Alzheimer, e poi perché voi, noi, tutti, ci ha modellati Lui con la cura e il genio di un Artista. Il quale non si dimentica di nessuno dei suoi capolavori, neanche fossero (per limitarci agli esseri umani) cento miliardi, quanti ne avrebbe, secondo alcuni, messo in cantieri dall’inizio del tempo.  Oggi, comunque, ricorderemo uno di questi capolavori, la nostra irmã Paula, che compie alcune decine di anni e che voi metterete nelle vostre preghiere, perché possa dedicarsi ancora a lungo nella missione che svolge qui, nella chiesa di Goiás e nel bairro.

 

Per congedarci, scegliamo di proporvi una citazione da un testo che Raniero La Valle ha dedicato a Marianela García Villas, nel suo libro “Prima che l’amore finisca. Testimoni per un’altra storia possibile” (Ponte alle Grazie). È, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

In questo Paese i poveri erano i contadini. Fare qualche cosa con i poveri voleva dire fare qualche cosa con i contadini, voleva dire diventare contadina. Qui c’è un itinerario di conversione di Marianella, la ragazza di città, della nobiltà urbana, che si fa contadina, che accetta le prove a cui i contadini la sottopongono, per misurare fino a che punto la sua cultura cittadina e borghese riesca a non prevalere sulla loro. Marianella accetta questa specie di prova, e percorre tutte le tappe della fatica e della immedesimazione in quel mondo; fa delle grandi camminate per andare nelle case dei contadini, cerca di mobilitarli, di organizzarli in gruppi di coscientizzazione sociale, politica. Molti già si riunivano nei “Gruppi del Vangelo”. Una delle cose più potentemente rivoluzionarie del Salvador è stata la rilettura della Bibbia in un contesto popolare e a confronto con la stessa storia del Paese. Nel momento in cui il Vangelo, la Bibbia, hanno cominciato a essere letti non dai pulpiti delle chiese, ma dentro la situazione della miseria contadina, dentro i cascinali in cui i braccianti si riunivano, magari senza un prete, ma solamente con dei laici, dei “celebratori della Parola”, in quel momento quelle parole, messe a contatto con la situazione reale del Paese, diventavano rivoluzionarie, diventavano il primo momento della presa di coscienza, anche politica e sociale. Non a caso molti dei contadini arrestati e poi torturati e uccisi furono presi perché il corpo del reato che era stato loro trovato in mano era la Bibbia. E Marianella, come avvocato, li difendeva in tribunale, e una volta ha dovuto difendere un contadino a cui era stato trovato il certificato di abilitazione al secondo grado di insegnamento del catechismo, quando insegnare il catechismo in quella situazione, a dei contadini analfabeti, poveri e oppressi, voleva dire fare opera rivoluzionaria che, coerentemente, le forze del potere reprimevano. (Raniero La Valle, Prima che l’amore finisca).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.  

Giorno per giorno – 13 Marzo 2010ultima modifica: 2010-03-13T23:01:00+01:00da fraternidade
Reposta per primo quest’articolo