Giorno per giorno – 04 Febbraio 2010

Carissimi,

“Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche” (Mc 6, 7-9). Questo è lo “stile ecclesiastico” secondo Gesù. Matteo, nel suo Vangelo, è anche più radicale: non permette neppure il bastone e i sandali. Marco deve aver suggerito le eccezioni, partendo dal buon senso. E di buon senso in buon senso, si è finiti con i guardaroba strapieni e una sfilza di scarpe, e paramenti e copricapi, e carrozze, e auto, e conti in banca e azioni, e poi banche e società per azioni. Perché la fede va bene, ma il buon senso meglio.  E per la maggior gloria di Dio e la causa del Vangelo valgono la pena questi e anche maggiori investimenti. Solo che ci dimentichiamo che la gloria di Dio consiste nel suo spogliarsi e nel suo finire sulla croce (non per sport o masochismo, ma per amore!), sicché la causa del Vangelo, che poi è la stessa cosa, ce la siamo nel frattempo già persa per strada. E la Chiesa, puff, non c’è già più. Oppure c’è, nascosta, ben nascosta, cammina lungo le strade del mondo, del vostro come del nostro, senza nessun altro segno distintivo che la sua povertà. E chiama a conversione (convertirsi ai poveri, appunto!), caccia i demoni, unge con olio molti infermi e li guarisce. Preannuncio del Regno, di un mondo altro.     

 

Il martirologio latino-americano ci ricorda oggi il Massacro di Chimaltenango, in Guatemala.

 

04 Massacre Guatemala.jpgGli anni tra il 1978 e il 1983 coincisero con il periodo più violento della repressione messa in atto dal regime al potere in Guatemala, quando le operazioni militari si concentrarono nelle regioni del Quiché, Huehuetenango, Chimaltenango, Alta y Baja Verapaz, la costa meridionale e Città del Guatemala. Queste azioni, denominate “operazioni di terra spianata”, avevano come obiettivo le comunità degli indigeni maia, considerati “nemico interno”, e consistevano in indiscriminati massacri di popolazioni indifese, nella distruzione delle loro coltivazioni, vettovaglie, raccolti, bestiame, delle loro istituzioni sociali, economiche e politiche, dei loro simboli, valori e pratiche culturali e religiose. Secondo la “Comisión para el Esclarecimiento Histórico”, circa 626 massacri furono eseguiti in quegli anni. Tra questi, quello di cui noi facciamo memoria oggi. Il 4 febbraio 1981, nei villaggi di Papa-Chalá, Patzaj e Panimacac, furono massacrati dall’esercito 168 contadini, dopo che gran parte di essi erano stati torturati. Numerose donne furono impiccate, mentre i soldati incendiavanno case e raccolti e saccheggiavano scuole e oratori. Le persone che, terrorizzate, cercavono di fuggire nelle campagne circostanti e di nascondersi nei valloni, furono bombardate dagli elicotteri. Tutto era cominciato quando gli abitanti di Papa-Chalá avevano reagito con indignazione  all’uccisione a calci di un neonato  strappato alla madre. I massacri si ripeterono nei villaggi di Petén, San Marcos e Huehuetenango.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

1° Libro dei Re, cap.2, 1-4. 10-12; Salmo (1Cr 29, 10-12); Vangelo di Marco, cap.6, 7-13.

 

La preghiera del giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene.

 

Gran festa, stanotte, nel bairro, per celebrare il diploma di laurea in “Tecnologia em Gestão de Turismo” della nostra Eliane. La cerimonia di “Outorga de Grau” che premiava gli studenti dei Corsi di Turismo e Matematica della Universidade Estadual de Goiás si era tenuta in serata, nella Catedral de Sant’Ana, gremita di parenti e amici. Inutile dire l’emozione e la gioia di Eliane e, forse ancora di più, dei suoi genitori, e Djarí.  Mettetela anche voi nella vostra preghiera, perché il Signore continui a guidare i suoi passi.

 

Ora noi ci si congeda, offrendovi in lettura un brano del libro di Jon SobrinoTracce per una nuova spiritualità” (Borla). Che ci sembra abbia a che vedere con quanto si è venuti dicendo e che, comunque, è, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Con ragione si può dire dei poveri di questo mondo che essi hanno speranza e che lottano per la liberazione. È cosa certa, ma non bisogna essere precipitosi. In primo luogo, essi sono poveri, scarti, relitti della umanità, crocifissi lentamente dalle strutture di questo mondo, e violentemente quando ad esse resistono. I poveri mostrano che la realtà di questo mondo è peccato; e che anche se il peccato non è l’unico elemento, senza vedere la realtà come flagrante peccato non si giunge a scoprire la verità. Parlando teologicamente, i poveri mostrano che la creazione di Dio è minacciata e viziata, che gli idoli della morte battono questo mondo come suoi veri dèi. […] È questa realtà a presentarsi in se stessa come domanda per l’uomo, ed è a questa realtà che egli deve rispondere con un profondo atto di onestà che è atto del suo spirito. All’uomo si domanda in primo luogo se vede la realtà così o in un altro modo; domanda per nulla retorica perché questa realtà, proprio in quanto peccato, tende ad occultarsi a se stessa, a relativizzarsi, a farsi passare per qualcosa di secondario e provvisorio rispetto alle conquiste dell’umanità in generale. Tale realtà esige una prima presa di posizione dell’uomo al di là del fatto di riconoscerla come tale. Dal di fuori, essa esige di essere detta e denunciata: la denuncia profetica. Ma è anche rivolta all’uomo stesso sulla sua partecipazione a questo peccato dell’umanità; è la richiesta della prima grande conversione. All’uomo viene detto che i poveri di questo mondo non sono prodotti del caso ma delle azioni di altri uomini. La frase di Pietro: “Voi avete assassinato il giusto” (At 2, 23) e la frase della Genesi: “Cosa hai fatto di tuo fratello?” (Gn 4, 10) sono domande sull’ultima verità di noi stessi. Riconoscere la verità della realtà ed essere disposti a riconoscere la nostra verità è la prima esigenza dello spirito che i poveri presentano con ineludibile chiarezza. Questo riconoscere la verità è al  tempo stesso conversione, perché anche la conoscenza umana ha la sua concupiscenza, non vedendo le cose come sono, tenendole prigioniere, dominandole con il proprio interesse (Rm 1, 18). (Jon Sobrino, Tracce per una nuova spiritualità).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.   

Giorno per giorno – 04 Febbraio 2010ultima modifica: 2010-02-04T23:12:00+01:00da fraternidade
Reposta per primo quest’articolo