Giorno per giorno – 02 Febbraio 2010

Carissimi,

“Mosso dallo Spirito, [Simeone] si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza” (Lc 2, 27-30). Loro, quei genitori, erano una coppia di poveretti, che si recavano, come voleva la Legge,  ad offrire al Signore il loro primogenito (che era, più di ogni altro primo nato, Suo di diritto). Ma anche per riscattarlo e prenderselo subito indietro, all’irrisorio prezzo di un paio di colombelle. E Dio, per come è fatto, farebbe a meno anche di quelle. Ora, noi ci chiedevamo stamattina, che cosa davvero delle nostre primizie siamo capaci di dedicare a Dio, con almeno un po’ di allegra generosità. Scontando il fatto che tutto ci pare avere un costo di troppo. Anche, magari soltanto quello di un’oretta di sonno in meno, per offrirgli, al sorgere di un nuovo giorno, questa preghiera del mattino, riavendola, però, subito dopo in cambio, trasformata in parola-che-ci-salva.  Di Simeone, il Vangelo dice che “era uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele” (v.25), e di Anna specifica  “che non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere” (v.27). Gente da niente, direbbero in molti oggi, un inutile peso. Eppure rappresentano lo sguardo che attraversa le fitte tenebre che sembrano gravare sull’umanità e coglie la luce e la salvezza di Dio in “quel” bambino, ma anche in tutti i piccoli che Egli significa. Quelli che mai immagineremmo. Noi, forse, ogni tanto, avremmo bisogno di collirio, il Suo, che ci migliori la vista.          

 

Oggi è  la Festa della Presentazione del Signore.

 

02_PRESENTAZIONE.jpgFu nel VI secolo che l’imperatore Giustiniano estese a tutto l’impero d’Oriente la festa di Ipapante (l’Incontro), che le comunità cristiane celebravano da quasi duecento anni il 2 Febbraio. La Chiesa di Roma l’avrebbe introdotta, un secolo più tardi, con il nome con cui la conosciamo oggi. Il papa Sergio I (687-701) istituì in tale data la più antica delle processioni penitenziali romane, che partiva dalla chiesa di S. Adriano al Foro e si concludeva a S. Maria Maggiore. Il rito della benedizione delle candele, praticato già nel sec. X, fu ispirato alle parole di Simeone: “Con i miei occhi ho visto il Salvatore. Tu l’hai messo davanti a tutti i popoli: luce per illuminare le nazioni”. Da questo rito è derivato il nome popolare di festa della “candelora”

 

I testi che la liturgia propone alla nostra riflessione sono propri della Festa di oggi e sono tratti da:

Profezia di Malachia, cap.3, 1-4; Salmo 24; Lettera agli Ebrei, cap.2, 14-18; Vangelo di Luca, cap.2, 22-40.

 

La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali africane.

 

Oggi, il nostro calendario ci porta anche la memoria di Alfred Delp, martire del totalitarismo nazista.

 

02 ALFRED DELP.jpgAlfred era nato a Mannhheim in Germania il 15 settembre 1907, da madre cattolica e padre protestante e, quattordicenne, aveva ricevuto la sua Confermazione nella chiesa luterana, salvo passare, poco dopo, nella chiesa cattolica. Completati brillantemente gli studi, era entrato nella Compagnia di Gesù nel 1926. Ordinato prete nel 1937, contò tra i suoi amici il grande teologo gesuita Karl Rahner.  Durante la seconda guera mondiale con altri amici entrò a far parte di un gruppo antinazista con lo scopo di individuare proposte nuove, oltre il capitalismo e il socialismo, sulla questione sociale e e sulle condizioni di vita dei ceti operai. La Gestapo cercò senza successo di dimostrare una sua collaborazione nel fallito attentato a Hitler. Arrestato nel 1944 a Monaco e poi trasferito a Berlino, nella sua autodifesa, Delp affermerà: “La mia colpa è solo quella di aver creduto che la Germania alla fine saprà uscire da quest’ora di tenebra e di angoscia e di aver rifiutato questo cumulo di arroganza, orgoglio e di forza che costituisce lo stile di vita nazista, e di averlo fatto come cristiano e gesuita”.  Confinato in un’oscura cella e mantenuto in catene, nel dicembre 1944 Delp stese una serie di penetranti riflessioni sul tempo di Avvento e sul Natale, sullo sfondo della tragedia della guerra e della sua propria morte che sentiva ormai vicina. Fu impiccato nel carcere di Plotzensee il 2 febbraio 1945. Mentre si avviava alla forca disse al cappellano che l’assisteva: “Tra mezz’ora ne saprò molto più di te”.

 

Ieri ha fatto vent’anni Simone, figlia di João, figlio di dona Dominga; oggi ne ha compiuti ventuno Rafael, figlio di Valdecí. Entrambi conoscono le difficoltà e, in qualche misura, i disorientamenti dell’età, ma sono in buone mani e perciò tutto alla fine sarà bene. È anche l’anniversario della professione religiosa di irmã Paula, che, abituata a spendersi oltre ogni limite, oggi si è dovuta dare una pausa per essere operata di cataratta. E lo Sposo avrà certo un occhio di riguardo. Beh, li mettiamo tutti nelle vostre preghiere. E poi ci congediamo, lasciandovi alla lettura di questo brano di un discorso di Sofronio di Gerusalemme, a commento del Vangelo odierno. È il nostro 

 

PENSIERO DEL GIORNO

Corriamo tutti incontro a Cristo, noi che tanto sinceramente e profondamente adoriamo il suo mistero; mettiamoci in cammino verso di lui pieni di gioia spirituale. Chi sarà il primo ad incontrarlo? Chi per primo scorgerà Dio con i suoi occhi? Chi per primo accoglierà Dio? Chi avanti a tutti lo reggerà fra le sue braccia? Nessuno esiti ad affrettare il passo, nessuno rimanga indietro in questa corsa o vi rinunci; nessuno indugi ad accogliere Dio o si privi di partecipare alla festa; nessuno si mostri estraneo a questi misteri o sia privato di questa gioia luminosa. Di fronte alla velocissima corsa del vecchio Simeone nessuno si mostri fiacco oppure appaia più lento di Anna l’ottuagenaria. Questi anziani così avanzati in età non possano minimamente accusare colui che vedessero strascicare i piedi non solo come incapace di correre ma, peggio, colpevole di torpidezza d’animo e di infedeltà, quasi rimproverandolo con parole profetiche! Nessuno quindi si sottragga, nessuno si rifiuti di portare la sua fiaccola. Portiamo con noi anche ceri accesi, come simbolo dello splendore divino di colui che viene. Grazie a lui tutta la creazione risplende, anzi, viene inondata da una luce eterna che disperde le tenebre del male. Ma i ceri accesi saranno soprattutto il simbolo della luminosità interiore con cui dobbiamo prepararci all’incontro con Cristo. Come infatti la Madre di Dio, vergine purissima, portò tra le sue braccia la vera luce offrendola a coloro che si trovavano nelle tenebre, così anche noi, tenendo fra le mani quella luce visibile a tutti e illuminati dal suo splendore, affrettiamoci incontro a colui che è la vera luce. Sì, la luce è venuta nel mondo (Cf Gv 1,9) mentre esso era avvolto nelle tenebre e lo ha rischiarato con il suo splendore; colui che sorge dall’alto ci ha visitati (Cf Lc 1,78) per illuminarci mentre sedevamo nelle tenebre. Questo è il nostro mistero. Per questo camminiamo, corriamo verso Cristo, tenendo in mano ceri accesi: essi sono insieme simbolo della luce che è Cristo e anticipazione dello splendore di cui saremo noi stessi penetrati per opera sua. (Sofronio di Gerusalemme, Oratio III, De Hypapante).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 02 Febbraio 2010ultima modifica: 2010-02-02T22:32:00+01:00da fraternidade
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