Giorno per giorno – 31 Gennaio 2010

Carissimi,

“Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!” (Lc 4, 23). Ciò che interessava ai compaesani di Gesù è il “Dio-per-noi”, cioè per il nostro gruppo, religione, chiesa, razza, nazione. Se no, non vale. Anzi, è meglio farlo fuori subito. Come si premura di raccontarci il Vangelo (v.29). Ora, quel “dio-per noi” è in realtá chiunque sia “per noi”. Che, in forza di quel “per noi”, noi siamo disposti a fare nostro dio, nostro signore e padrone, cedendogli anche la nostra libertà. Gesù, questo lo sa bene, per questo ci nega ciò che, a titolo del tutto gratuito, ha compiuto a Cafarnao. Non c’è nulla, infatti, per Lui, che valga più della libertà dell’uomo. E se noi siamo disposti a credere in Lui e a metterci al suo seguito, solo se la sua presenza promette bene per noi, Lui non ci mette né uno né due: ci molla. Ve lo vedete voi Gesù entrare in una chiesa, mettiamo dell’alta Italia, e cominciare a dire,  come abbiamo letto nel Vangelo di domenica scorsa, che Lui è venuto “per” i poveri, gli immigrati, gli extra-comunitari, gli esclusi, i perseguitati, i disprezzati, i calpestati? Gli astanti, come i presenti di allora, nella sinagoga, comincerebbero come minimo a muoversi inquieti sui loro banchi e si chiederebbero: ma cosa ci siamo venuti a fare qui? A sentirci un comizio politico? Cos’è che muove la gente, noi, ad andare in chiesa? La speranza di comprare merci a buon mercato? Di ottenere un occhio di favore per una nostra necessità temporanea? Ma, per questo, mica c’è bisogno di Dio, basta un Berlusconi qualsiasi. O anche meno. Sempre che si sia dei suoi, come noi appunto finora, forse, avevamo pensato di poter essere di Dio (sempre che Lui dimostrasse di essere “per noi”). No, Dio non ci manda in regalo le tessere del suo partito. Ci chiede invece di schiodarci dalla culla dei nostri interessi, di uscire, nel caso, con Lui, dalle nostre chiese, di passare in mezzo alla gente e, semplicemente, andarcene. Magari con Lui, nelle Cafarnao del nostro tempo, o a Sarepta di Sidone, o da Naaman il Siro. A testimoniare con la nostra vita che non crediamo più nell’idolo-per-noi, ma nel Dio-per-gli-altri. Che solo allora abbraccia tutti. E il Regno può allora cominciare.                

 

Le letture che la liturgia di questa IV Domenica del Tempo Comune propone alla nostra riflessione sono tratte da:

Profezia di Geremia, cap.1, 4-5. 17-19; Salmo 71; 1ª Lettera ai Corinzi, cap.12, 31 – 13, 13; Vangelo di Luca, cap.4, 21-30.

 

La preghiera della Domenica è comunione con tutte le chiese e comunità cristiane.

 

Due sono le memorie che il calendario ci propone oggi: Giovanni Bosco, educatore e apostolo della gioventù e Menno Simons, riformatore della Chiesa.

 

31_JO_O_BOSCO.JPGGiovanni Bosco nacque a Castelnuovo d’Asti il 16 Agosto 1815 e fu dalla madre, Margherita, educato alla fede e alla pratica coerente del Vangelo. Divenuto prete nel 1841, in una società che conosceva il dramma della miseria e dell’emarginazione sociale, iniziò il suo apostolato tra i giovani più poveri, fondando l’Oratorio, che mise sotto la protezione di san Francesco di Sales. E sará proprio tra loro che troverà in seguito i suoi migliori collaboratori. Fondò poi  la Società di S. Francesco di Sales (da cui il nome di Salesiani) e, più tardi, con Madre Maria Domenica Mazzarello, l’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Creò, infine, i Cooperatori Salesiani, laici, uomini e donne, che accoglievano la chiamata ad affiancare e sostenere la sua opera. Morì il 31 gennaio 1888. Ai suoi figli salesiani lasciò in eredità una forma di vita religiosa semplice, che volle basata sulle virtù cristiane, sintetizzate nel binomio “lavoro e temperanza”.


31_M_SIMONS.JPGMenno Simons nacque a Witmarsum, nella provincia olandese di Friesland nel 1496. Poco si sa della sua prima infanzia e dell’educazione ricevuta. Nel 1524, in ogni caso, fu ordinato prete della Chiesa cattolica. La morale del clero di allora generalmente non si distingueva da quella del mondo e Menno vi si era in qualche modo adeguato. Fu solo quando prese a leggere sistematicamente la Bibbia, che si rese conto che qualcosa non andava. Cominciò anche a nutrire qualche dubbio su alcune dottrine della chiesa di Roma; poi gli scritti di Lutero fecero il resto. Più radicale di questi e di Calvino, si identificò come anabattista. Gli anabattisti negano la validità del battesimo dei bambini e sostengono la necessità di (ri)battezzare solo adulti liberi e consapevoli della loro scelta. Lo stesso Menno volle essere così ribattezzato. Lo fece nel 1537. Nel frattempo la sua fama come scrittore e predicatore crebbe e presto gli anabattisti di quella regione lo riconobbero come loro leader, adottandone in seguito il nome per identificare la loro chiesa: si dissero infatti “mennoniti”. Suo merito fu quello di restaurare l’anabattismo nel suo carisma originario, dopo il bagno di sangue che aveva posto fine alla tragica esperienza di Münster (1535). Simons riunì i superstiti e quanti non avevano seguito gli estremisti nella loro avventura e riorientò il movimento su una pietà austera, aliena dai coinvolgimenti nella lotta per il potere. Da allora, i mennoniti  rifiutano il servizio militare, non giurano, si propongono di costruire comunità di “santi”, dotate di rigorosa disciplina. Istruiscono i loro figli nella dottrina cristiana, ma battezzano solo gli adulti che liberamente accolgano l’Evangelo e si impegnino a viverlo. Il loro concetto centrale è una teologia del discepolato, ispirata al Discorso della Montagna. Menno Simons morì il 31 gennaio 1561.

 

23 Edward Schillebeeckx.jpgNoi si è saputo solo stamattina, per caso, della morte, a novantacinque anni, per una forma di influenza, del grande teologo domenicano Edward Schillebeeckx, avvenuta  il 23 dicembre scorso a Nimega, in Olanda. Nel congedarci, scegliamo di rendergli omaggio, proponendovi un brano tratto dal suo libro “Narrare il Vangelo” (Queriniana) che è, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO  

Chi oggi si interroga sulla motivazione ultima della concreta prassi di vita e della liberatoria bontà di Gesù deve affrontare il suo irrinunciabile rapporto con il suo Padre. In Gesù diventa visibile, in una figura personale e umana, la preoccupazione e la sollecitudine di Dio nei confronti di tutti gli uomini e di un mondo migliore. Nella ‘causa di Gesù’ vediamo la pratica identità tra ‘causa di Dio’ e ‘causa dell’uomo’: una Signoria di Dio sollecita dell’umano (anche se questa naturalmente era espressa in concezioni ancora teocratiche che oggi non possiamo più condividere). Gesù non morì per il desiderio della risurrezione, ma per amore dei suoi fratelli, sperando che questo amore, e non la sua morte, avrebbe avuto l’ultima parola. Questa speranza, per cui Gesù si impegnò per un mondo migliore, giusto, ricevette il sigillo divino attraverso la sua risurrezione. Punto focale di questa speranza era sia il Dio vivente, sia la non disponibilità impenetrabile e non razionalizzabile della persona umana, che solo nella libera affermazione dell’altro giunge al suo senso e alla sua pienezza. Gesù rifiutò di disporre della libertà di altri attraverso manipolazioni sia di tipo umano o divino, sia di tipo strutturale. Egli supera la regione della funzionalità, della praticità e di un dialogo semplicemente critico-razionale, che tuttavia rispetta. Egli conosce le frontiere dell’emancipazione in quanto autoliberazione e le infrange, aprendole alla inaccessibile sfera della redenzione, nella quale l’altro è accettato in quanto altro e non come funzione, neppure nella prospettiva del comune fine della liberazione da raggiungere. In questo senso il Vangelo di Cristo de-sacralizza la politica, la scienza e la tecnica, prelevandole da una sfera totalitaria e sacrale e affidandole all’umanità, che, su base empirica, attraverso mediazioni storiche ragionevoli e pratiche, deve costruire un mondo degno dell’uomo. Il rapporto di Gesù con la nostra storia implica perciò la dialettica tra la promessa del Regno di Dio e le nostre mediazioni razionali e pratiche – un amore che conduce verso una nuova razionalità.  (Edward Schillebeeckx, Narrare il Vangelo).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.  

Giorno per giorno – 31 Gennaio 2010ultima modifica: 2010-01-31T23:47:00+01:00da fraternidade
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