Giorno per giorno – 23 gennaio 2010

Carissimi,

“Gesù entrò in una casa e di nuovo si radunò una folla, tanto che non potevano neppure mangiare” (Mc 3, 20). Questa è la prova del nove del nostro effettivo “stare con” Gesù. Marco è un evangelista esperto: conosce i trucchi, gli stratagemmi, le furbizie, con cui riusciamo quasi sempre a dimostrare (persino a noi stessi), con sufficiente margine di credibilità, la nostra alleanza con Gesù. Così, non ci mette né uno né due a metterci a nudo: volete sapere davvero se state con Gesù? Ecco qui: “non potevano neppure mangiare”. Per Lui e i suoi era così. Per noi com’è? Certo, potremo trovare tutte le scusanti e le giustificazioni (alimentarci, riposare, svagarsi, trattarci bene, in sostanza, ci aiuta a servire meglio gli altri), ma questa piccola annotazione, che a volte desidereremmo non ci fosse, non si sposta di lì, e continua, almeno un po’, ad inquietarci. Compresa l’altra che viene subito dopo: i famigliari di Gesù lo giudicano matto, i preti, indemoniato. Non è che avremo cominciato, sotto sotto, a pensarlo anche noi?         

 

Il calendario ci porta la memoria di Benedetta Bianchi Porro e di Pierre Lyonnet, gesuita, entrambi testimoni seri e gioiosi sull’altare della sofferenza. 

 

23 BENEDETTA BIANCHI PORRO.gifBenedetta Bianchi Porro era nata l’ 8 agosto 1936, a Dovadola, in provincia di Forlì, secondogenita della famiglia di Guido Bianchi Porro e di Elsa Giammarchi. Colpita a pochi mesi da poliomielite, che le lascerà una gamba un po’ più corta dell’altra, Benedetta visse la sua infanzia, allegramente e senza complessi, “bambina sensibile e delicata, intelligente e volitiva”, studiando prima a Forlì e, successivamente a Desenzano, quando la famiglia, nel 1951 si trasferì a Sirmione. Nel frattempo si erano però manifestati i primi sintomi di una sordità progressiva, che non gli impedirono tuttavia di dedicarsi brillantemente agli studi, ma anche agli interessi e svaghi della sua età: il pianoforte, le nuotate nel lago, le gite in barca, i giochi e gli scherzi. Nel 1953, terminata il secondo liceo, sostenne e superò gli esami di maturità, iscrivendosi così, a soli diciassette anni, alla facoltà di medicina dell’Università di Milano.  Già l’anno successivo, tuttavia,  cominciarono a manifestarsi i sintomi della malattia che, diagnosticata nel 1957 come neurofibromatosi diffusa, l’avrebbe portata alla morte, lungo “un calvario indicibile, in cui […] si alternarono momenti di sconforto e straordinari slanci di entusiasmo di fronte ai doni dell’amicizia, alle bellezze del creato, alla percezione sempre più intensa della vicinanza di Dio”. A partire dal 1963, sorda, paralizzata e cieca, Benedetta potè comunicare con gli altri solo attraverso un filo di voce e le dita della mano destra, che gli venivano premute sul corpo e sul volto secondo un alfabeto muto convenzionale. E le sue comunicazioni erano spesso messaggi di conforto e di speranza dirette a coloro di cui veniva a conoscere dolore, sofferenza, disperazione. La mattina del 23 gennaio 1964, Benedetta chiese alla madre che le leggesse l’ultima pagina della Storia di un’Anima di Teresa di Lisieux. E  lei gliela lesse “attraverso le dita”.  Più tardi, stringendo la mano alla madre e all’infermiera, disse: “Grazie”.  E si spense.

 

23 Pierre Lyonnet.jpgDel gesuita Pierre Lyonnet, nato in Francia nel 1906, sappiamo davvero poche cose. Ma ci bastano.  Gravemente malato fin dagli anni del suo noviziato, fu ordinato prete nel 1937. Alternò a lunghi soggiorni in clinica il suo servizio presso lo studentato di Fourvière e nel 1939 presso il collegio di Saint Etienne, dove morì il 23 gennaio 1949. Conserviamo di lui testi di intensa spiritualità. Come questo, davanti al Crocifisso: “Ora, Signore, non prego più: ti invito ad ammirarmi. No, mio Dio, non vi sono ricchezze in me che tu non ve le abbia poste, nessuna virtù che non sia dalla tua grazia. Custodiscimi umile e forse allora saprò pregare anche nel momento della grande tentazione che è la sofferenza”.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

2° Libro di Samuele, cap.1, 1-4. 11-12. 19,23-27; Salmo 80; Vangelo di Marco, cap.3, 20-21.

 

La preghiera del Sabato è in comunione con le comunità ebraiche di Eretz Israel e della diaspora.

 

È tutto. Noi ci si congeda qui, non senza prima offrirvi una preghiera di Pierre Lyonnet, tratta dalle sue “Preghiere del tempo della malattia”, che è, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Ecco la mia vita, Signore: / voglio mettervi il mio amore per te. / Sarà ben poco gloriosa in apparenza. / Il mio amore si manifesterà umilmente, / con la mia pazienza nel sopportare /la monotonia delle giornate /e il ritorno del male; / non avrò neanche la gloria / di soffrire in bellezza, / poiché la malattia / non lascia illusioni sui propri difetti. / Il mio eroismo / sarà di sorridere nonostante tutto, / di accettare le mie stesse imperfezioni / e soprattutto di rallegrarmi di comparire / agli occhi di tutti nelle mie imperfezioni. / Il mio zelo sarà soddisfatto / se non rendo la vita troppo dura / a chi mi sta attorno e mi cura, / se so dire una parola di comprensione / ai miei vicini di dolore, / se prego per i miei fratelli… / Tutto ciò è un rude lavoro, Signore. / Mi piacerebbe di più evangelizzare l’Africa, / e senza dubbio sarebbe più facile. / Ma si tratta di fare quello che voglio / o di obbedirti? / (Pierre Lyonnet, Quello che vuoi, Signore).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della comunità del bairro.

Giorno per giorno – 23 gennaio 2010ultima modifica: 2010-01-23T22:14:00+01:00da fraternidade
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