Giorno per giorno – 05 Gennaio 2010

Carissimi,

“Disse loro Gesù: Quanti pani avete? Andate a vedere. Si informarono e dissero: Cinque, e due pesci” (Mc 6, 38). A monte c’è la compassione di Gesù sulla folla (cf v .34), dalla quale, di primo acchitto, mica siamo troppo propensi (proprio come i discepoli) a lasciarci coinvolgere, considerando quanto ci potrebbe costare. E, comunque, a Lui basta il semplice accenno della nostra disponibilità, il resto lo mette Lui, moltiplicandone i frutti all’infinito.

 

Il nostro calendario ecumenico ci reca oggi le memorie di Felix Mantz, riformatore e martire nonviolento in Svizzera, e di Filippo di Mosca, pastore ortodosso e martire nella Russia zarista.  

 

05 FELIX MANTZ.jpgFelix Mantz fu uno dei fondatori del movimento anabattista. Nato a Zurigo verso il 1500, fu mandato a Parigi, dove studiò latino, greco e ebraico. Rientrato in patria, il giovane entrò a far parte dei circoli umanistici che gravitavano intorno a Ulrico Zwingli, ma, già nel gennaio 1523, lui con Grebel, Reublin, Brötli e Stumpf, cominciarono a contestare la linea portata avanti dall’ex-parroco dela cattedrale di Zurigo, soprattutto per ciò che concerne la superiorità della Sacra Scrittura, da loro propugnata, rispetto all’autorità dello stato, sottolineata invece da Zwingli. In seguito alla polemica sul battesimo dei bambini, che sfociò nella condanna del gruppo, Mantz, sfidando il divieto delle autorità cittadine, ospitò a casa sua, il 21 gennaio 1525, i quindici anabattisti che presero la decisione di procedere al proprio ribattesimo. Per questo motivo, il 30 gennaio, egli fu arrestato assieme a Jörg Blaurock, e tenuto in prigione fino al 7 ottobre. Appena rilasciato, partecipò, il giorno successivo, alla protesta della comunità anabattista di  Grüningen, un distretto vicino a Zurigo, sicché, con alcuni altri compagni, fu arrestato e nuovamente incarcerato. Il 5 marzo 1526, dopo quattro mesi di carcere duro, il Consiglio cercò di fiaccare la resistenza dei prigionieri, condannandoli a un regime di pane e acqua, finché non ritrattassero, ma 15 giorni dopo, approfittando di una negligenza nel turno di guardia, il gruppo degli anabattisti riuscì ad evadere. Mantz trascorse allora alcuni mesi vagando per la Svizzera e battezzando nuovi adepti, finché le autorità di Zurigo lo catturarono, il 3 dicembre 1526, assieme a Blaurock in una foresta vicino a Grüningen. Mantz venne condannato a morte per annegamento in accordo con la terribile sentenza del riformatore zurighese: “Qui iterum mergit, mergatur” (Chi s’immerge (= si battezza) nuovamente, sia immerso, cioè affogato!). Il 5 gennaio 1527, Felix Mantz, primo di una lunga e tragica teoria di martiri anabattisti, che conta circa mille nomi, venne prelevato dalla prigione della torre di Wellemberg, a Zurigo, e portato in barca in mezzo al fiume Limmat. Lì fu gettato nelle acque gelate con mani e piedi legati. Aveva 27 anni.

 

05 FILIPPO DI MOSCA.jpgFeodor (o Teodoro, tale il suo nome alla nascita) nacque nel 1510 da Varvara e Stepan Ivanovich Klychev, una famiglia di nobili boiardi. Dopo aver servito per qualche tempo nell’esercito, decise, nel 1537, di lasciare gli agi della vita nobiliare, per farsi monaco nelle lontane isole Solovetsk,  dove assunse il nome di  Filippo. Dopo essere stato  taglialegna e fornaio, emise la sua professione solenne nel 1538 e cominciò a vivere come eremita nelle foreste circostanti, dedicandosi allo studio e alla preghiera. Nel 1547 fu unanimemente scelto come abate. Si diede allora a ristrutturare buona parte dell’antico monastero; sviluppò un nuovo sistema di irrigazione, costruì mulini, laboratori per la lavorazione dei pellami, creò un ospedale e una foresteria per i pellegrini, e infine  due grandi cattedrali, rendendo il monastero un centro rinomato di pietà e di studio. Si preoccupò, altresì, di assicurare un adeguato trattamento ai laici che lavoravano nelle proprietà del monastero e garantì il diritto alle rivendicazioni ai contadini della regione, cosa del tutto inaudita nella società aristocratica del tempo. Senza aspettarselo né desiderarlo, fu eletto metropolita di Mosca e primate della Chiesa russa, il 25 luglio 1566. Quando lo Zar Ivan IV (il Terribile), che già considerava le misure adottate da Filippo nei confronti dei contadini un’intromissione indebita nella sua politica interna, prese a massacrare i suoi oppositori e chiunque sospettasse di simpatizzare con loro, Filippo si premurò di esporgli in privato l’orrore e l’errore delle sue azioni. Ma Ivan non ne sembrò punto soddisfatto. Peggio ancora quando Filippo prese posizione pubblicamente. Lo Zar ne pretese la rimozione dalla carica, sotto la ridicola accusa di stregoneria e corruzione. Arrestato e posto in catene, il metropolita fu spostato da una prigione all’altra per mesi, finché il 23 dicembre 1569 (corrispondente al 5 gennaio del nostro calendario), fu strangolato da un agente dello zar.

 

I testi che la liturgia propone oggi alla nostra riflessione sono tratti da:

1ª Lettera di Giovanni, cap.4, 7-10; Salmo 72; Vangelo di Marco, cap.6, 34-44.

 

La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali africane.

 

Non abbiamo sottomano citazioni di Feliz Mantz, né di Fiippo di Mosca. Abbiamo però il testo di una meditazione di Arturo Paoli sull’episodio della moltiplicazione dei pani, narrato nel Vangelo di oggi. Lo troviamo nel libretto “Accogliere la vita” (Monti), a cura dei Piccoli Fratelli di Spello, che ce  l’hanno inviato, assieme ad altri, in dono, come ulteriore segno (se ce ne fosse ancora bisogno) dell’amicizia che ci lega. Scegliamo di proporvelo, nel congedarci, come nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Gesù ha voluto farci capire che la vita discende da Dio, dal Padre. Noi dobbiamo continuamente alimentarla, purificarla, dirigerla verso il bene. Gesù ha preso come simbolo il pane, perché il pane è simbolo di ciò che aiuta e sostiene il nostro corpo. Attraverso questo pane egli ci dà la grazia, l’aiuto, l’energia, perché utilizziamo la vita che scende da Dio, come lui l’ha usata. Gesù l’ha usata, facendo il bene, curandoci, cercando la pace, cercando la giustizia, difendendo i poveri, le vittime dell’ingiustizia. Noi dobbiamo imitare Gesù nella nostra vita, che è diversa, perché viviamo in un altro tempo e in un’altra situazione. Però ci sono cause e avvenimenti simili, c’è gente che soffre, che è emarginata a causa dell’ingiustizia. Ci sono tutte le sofferenze alle quali noi dobbiamo andare incontro. Nella moltiplicazione dei pani Gesù fa vedere come lui è colui che aiuta l’umanità a far sì che questa vita, invece di essere usata male, distribuisca amore, aiuta l’umanità a essere un’umanità che vive bene insieme. La vita potrebbe essere tanto bella e tanto semplice! Basterebbe che noi, ricevendo la vita di Gesù, la vita di Dio, che è amore, le lasciassimo produrre dentro di noi i frutti che produce. Non la riceviamo solamente nel momento dell’Eucaristia. La vita ci viene data continuamente. Se ognuno di noi, la mattina, quando si sveglia e si mette ad accogliere questa vita di Dio, la tenesse per sé, convinto di non aver nulla da dare agli altri, sarebbe un egoista, capace anche di fare del male. Allora quando ci alziamo, dobbiamo chiedere al Signore che la vita che scende dentro di noi possa restare, e che noi possiamo imparare a donarla agli altri. Questa è la nostra religione. Non serve tanto. (Arturo Paoli, Nutrire la nostra vita).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 05 Gennaio 2010ultima modifica: 2010-01-05T22:49:00+01:00da fraternidade
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