Giorno per giorno – 24 Dicembre 2009

Carissimi,

“Grazie alla tenerezza e misericordia del nostro Dio, ci visiterà un sole che sorge dall’alto, per risplendere su quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra di morte, e dirigere i nostri passi sulla via della pace” (Lc 1, 78-79). Se le parole di Zaccaria fossero davvero del padre di Giovanni, e non piuttosto uno dei canti che, a partire da frammenti di antiche profezie, esprimevano le speranze di Israele, o la lettura dell’evento di Gesù da parte della comunità cristiana primitiva, ci sarebbe da dire che il padre ha visto più in profondità e più chiaramente del figlio, preconizzando un evento di salvezza, da cui è scomparsa ogni traccia di violenza, e proponendo un’immagine di Dio “dalle viscere di misericordia”, che avrebbe di fatto trovato compimento nella storia, nelle parole, nei gesti, nei segni e nella morte di Gesù.  E perciò anche nella sua risurrezione. Di cui anche il Natale è celebrazione. È Lui che si offre di rinascere in noi, perché noi si possa rivivere in Lui. Responsabilità grande la nostra. Ma ancora maggiore la Sua. Perché, se davvero pretende che noi si sia luce del mondo, è solo Lui che può accenderci.   E con il gelo – degli spiriti più ancora che del clima – che stringe come in una morsa il Nord del mondo, non sarà per Lui impresa facile.

 

Oggi è memoria di Charbel Makhluf, monaco eremita della Chiesa maronita del Libano.

 

24 Charbel Makhluf.jpgYussef Makhluf era nato in Libano, nel villaggio di Biqa’Kafra, l’8 maggio 1828.  Rimasto orfano di padre all’età di tre anni, passò sotto la tutela dello zio paterno e, ancora bambino, fu messo a badare al gregge.  Fu in queste circostanze che apprese il gusto per la preghiera. Mentre gli animali riposavano, Yussuf si ritirava in una grotta nelle vicinanze e si raccoglieva in preghiera. Frequentava anche una scuola, dove le lezioni consistevano nell’apprendere a leggere, a scrivere e a servir messa. A ventitre anni, senza avvertire nessuno, lasciò il paese natale, per recarsi nel monastero di ‘Annaya dell’Ordine libanese maronita. Lì ne assunse l’abito e cambiò il nome di battesimo in quello di Charbel (martire della chiesa antiochena nell’anno 107 sotto l’imperatore Traiano). Trascorso il primo anno di noviziato, fu inviato al monastero di Nostra Signora di Maïfuk, per completare il secondo anno di studi e successivamente nel Collegio di Kfifan. Ovunque si segnalò per la grande semplicità, la sincerità della sua pietà e per la prontezza ad assumere le mansioni più umili e dure. Nel luglio 1859 fu ordinato sacerdote e inviato nuovamente ad Annaya, dove trascorse sedici anni, prima di ottenere l’autorizzazione a ritirarsi a vivere nell’eremo del monastero, a 1400 metri di altitudine, dove spese i restanti ventitre anni della sua vita, nel silenzio, nel lavoro e nella preghiera di adorazione. Il 16 dicembre 1898, durante l’Eucaristia, fu colto da un malore. Trasportato nella sua cella, nei giorni successivi non fece che ripetere le parole della messa: “Padre di verità, ecco qui tuo Figlio, reso vittima gradita a Te….”, fino a quando si spense la notte del 24 dicembre, vigilia di Natale.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

2° Libro di Samuele, cap.7, 1-15. 8b-12. 14. 16; Salmo 89; Vangelo di Luca, cap.1, 67-79.

 

La preghiera del giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene.  

 

Tra poco le comunità di “N. S. Aparecida”, “Evangelho é Vida” e “Palavra de Vida” si ritroveranno nella chiesetta dell’Aeroporto, per celebrare la nostra Eucaristia della notte di Natale con frei Mingas. Vi porteremo, naturalmente, con noi. Intanto vi lasciamo a questo brano di Aelredo  di Rievaulx, tratto da una sua Omelia sull’Annunciazione. È, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

“Emmanuele, che significa Dio con noi”. Sì, Dio è con noi. Finora, egli era “Dio al di sopra di noi”, “Dio di fronte a noi”, ma oggi egli è “Emmanuele“. Oggi è Dio con noi nella nostra natura, con noi nella sua grazia; con noi nella nostra debolezza, con noi nella sua bontà; con noi nella nostra miseria, con noi nella sua misericordia; con noi per amore, con noi per legami di parentela, con noi per tenerezza, con noi per compassione… Dio è con noi! Non avete potuto, voi figli di Adamo, salire in cielo per essere con Dio; Dio scende dal cielo per essere Emmanuele, Dio con noi. Viene da noi per essere Emmanuele, Dio con noi, e noi, trascuriamo di venire a Dio per essere in lui! “Fino a quando, o uomini, sarete duri di cuore? Perché amate cose vane e cercate la menzogna?” (Sal 4, 3). Ecco venuta la verità; “perché amate cose vane e cercate la menzogna?” Ecco venuta la parola vera e inalterabile; “perché cercate la menzogna?” Ecco Emmanuele, ecco Dio con noi. Come egli potrebbe essere maggiormente con me? Piccolo come me, debole come me, nudo come me, povero come me – in tutto è divenuto simile a me, prendendo ciò che è mio e donando ciò che è suo. Giacevo morto, senza voce, senza sensi; persino la luce dei miei occhi non era più con me. È sceso oggi, quest’uomo grandissimo, questo “profeta potente in opere e parole” (Lc 24, 19). “Pose la faccia sulla mia faccia, la bocca sulla mia bocca, le mani sulle mie mani” (2Re 4, 34) e si è fatto Emmanuele, Dio con noi. (Aelredo di Rievaulx,  Omelia sull’Annunciazione).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 24 Dicembre 2009ultima modifica: 2009-12-24T23:54:00+01:00da fraternidade
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