Giorno per giorno – 25 Ottobre 2009

Carissimi,

“Chiamarono il cieco, dicendogli: Coraggio! Àlzati, ti chiama! Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù.  Allora Gesù gli disse: Che cosa vuoi che io faccia per te? E il cieco gli rispose: Rabbunì, che io veda di nuovo! E Gesù gli disse: Va’, la tua fede ti ha salvato. E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada” (Mc 10, 49-52). Stamattina, alla fine della messa, su all’Aeroporto, ci diceva: frei Mingas, quando prega, parla davvero con Dio. Ne siamo convinti anche noi tanto che, chissà forse ci ripetiamo, ogni volta ci si aspetta che prenda il volo. Poi, però, per fortuna, non lo fa. Il cieco di Gerico. Di ciechi, Gesù ne aveva guarito un altro, a Betsàida, due capitoli prima (Mc 8, 22-26). Ma che fatica, per fargli recuperare la vista!  Forse, sia qui che là, i ciechi più veri che Lui deve guarire siamo noi. Noi, sua chiesa cieca, incapace di vedere Dio e i poveri che gridano a Lui. Finché qualcuno, che ne capisce di più, in tutto il baccanale che lo circonda, ne ascolta la voce e va dal cieco e gli dice: Coraggio! Alzati, ti chiama. Ed è la chiesa come dovrebbe essere che scuote la chiesa (ma anche l’umanità) disposta a cambiare. Che io veda, Signore! Non voglio, davvero, altre cose. Solo vedere. Non te, come sei, che so essere impossibile, ma te negli altri, te nelle cose. Lo voglio davvero, sai. Anche se non posso offrirtene le prove, se non questo mio gettare via il mantello, che mi ha tenuto finora prigioniero, raggomitolato su me stesso. Chissà, la mia storia, i miei egoismi, la mia sudditanza al  sistema. Come suggeriva frei Mingas, che, il suo mantello, deve averlo buttato tanto tempo fa. Oggi, Signore, spicco anch’io il mio balzo verso di te. Dammi costanza. Ti voglio seguire. Per sempre.   

 

I testi che la liturgia di questa XXX Domenica del Tempo Comune propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Profezia di Geremia, cap.31, 7-9; Salmo 126; Lettera agli Ebrei, cap.5, 1-6;Vangelo di Marco, cap.10, 46-52.

 

La preghiera della Domenica è in comunione con tutte le comunità e chiese cristiane.

 

Oggi facciamo memoria di Henri Perrin, preteoperaio.

 

25 pretioperai.jpgNato il 13 aprile 1914, Henri Perrin fece parte del gruppo di giovani preti che, durante la II Guerra mondiale, scelsero di accompagnare i lavoratori francesi inviati a lavorare nelle fabbriche tedesche. Lì, lavorò con i suoi connazionali, operando nello stesso tempo come cappellano clandestino. Scoperto, fu imprigionato per un breve periodo e poi rimpatriato.  L’esperienza tuttavia lo segnò irreversibilmente. Scoprì infatti la distanza che separava la chiesa dalla classe lavoratrice e, presto, con altri preti che la pensavano uguale, decise che era ora di restituire la chiesa ai poveri e i poveri alla chiesa. Nacque così, nel 1947, con l’approvazione dei vescovi francesi, l’esperimento dei preti-operai. Perrin fu assunto in una fabbrica di plastica. Non rivelò subito la sua identità. Quando comunque i compagni seppero che era prete, la sua maniera d’essere ne aveva già conquistato rispetto, simpatia e cameratismo.  Non sarebbe durata a lungo. Il Vaticano nel 1949 emise un decreto che condannava l’adesione dei cattolici ai partiti comunisti e alle organizzazioni ritenute fiancheggiatrici, compresi i sindacati. I vescovi francesi, finché poterono,  tergiversarono. Si rendevano infatti conto dell’importanza che la figura dei pretioperai rivestiva nel processo di evangelizzazione del mondo del lavoro e di ri-evangelizzazione della stessa chiesa. E sapevano che non c’era verso di stare in quel mondo, senza assumerne le lotte e gli strumenti organizzativi. Tuttavia, all’inizio del 1954, le insistenti pressioni di Roma posero fine all’esperimento. Molti obbedirono e lasciarono le fabbriche, altri ritennero questo passo un tradimento dei poveri e del Vangelo. Restarono e subirono i provvedimenti  ecclesiastici. Lui, il nostro prete, amareggiato, deluso, indignato, non ebbe neppure tempo di decidere. Morì in un incidente di moto, poco più che quarantenne, il 25 ottobre dello stesso anno. Poi sarebbe arrivato il Concilio Vaticano II.  E le stagioni successive.    

 

Tiazinha, all’Asilo, continua a stare niente bene. E, oggi pomeriggio, anche dona Virgilia era un po’ fuori di testa, aveva visioni e straparlava. Dona Maria, parla come se fosse ancora a casa sua, in altri tempi. E, a pensarci bene, forse è meglio così. La giovane Ivone che fino a qualche tempo fa chiamava sempre e solo: mãe, ora non lo dice più. Gli uomini, al piano di sotto, sono anche più tristi e soli. Venite a farci un giro, all’Asilo. Almeno voi. Anche solo con la preghiera.  


Noi chiudiamo qui, lasciandovi a una citazione  di Mons. Guy Déroubaix, vescovo di Saint-Denis-en-France, scomparso nel 1996, tratta dall’articolo “Persistenza di un’intuizione”, dedicato al tema dei pretioperai. La troviamo nel sito  www.pretioperai.it ed è, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Dopo la sospensione dell’ “esperienza” dei pretioperai nel maggio 1954, dopo la fondazione della Missione Operaia nel 1957, dopo la ripresa ufficiale nel 1965 dei pretioperai nella Chiesa francese, dopo il 1968 e nonostante le folate di freddo calate sulla Chiesa in questi ultimi tempi, sono ancora presenti circa 700 pretioperai in Francia. “Certo: è necessario esserci!”: è l’espressione di uno di loro. Questa convinzione, che ha già i suoi anni, si è rafforzata con il passare del tempo. Esserci, nascosti come fondamenta. Continuare, attraverso i mutamenti attuali della classe operaia e della società. Esserci, in una vita di militanza. Ricordare, a tempo o fuori tempo, che non si costruirà nulla di vero o di durevole senza gli operai. […] In queste situazioni, dei preti vivono la loro fede. In queste situazioni pongono il problema di Dio con la loro stessa vita, con i loro gesti e anche con la Parola. Per annunciare questa parola sono stati ordinati preti e nella loro vita di lavoro compiono il ministero che è stato loro affidato. È diminuito il loro numero, come è diminuito il numero dei preti nel nostro paese. Circa un terzo sono in pensione o in prepensionamento. Ma nuovi preti operai vengono inviati dai loro vescovi. Uno di quelli che io ho ordinato è entrato in fabbrica il giorno dopo l’ordinazione. La Chiesa ha bisogno di questo segno utopico, di questo invito evangelico cui ha risposto per primo lo stesso Pietro: “Vai al largo e getta le tue reti”… Questo persistere di un’intuizione profetica mi impressiona sempre più. C’è sempre bisogno di profeti. Ma diventano rari ai nostri giorni. Ci mancano. Quello che essi annunciano deve prender carne, in mezzo al popolo, come Gesù a Nazareth. Sono quarantacinque anni che camminano, con i ritmi di una vita nascosta. Raramente occupano il primo posto sulla scena. Non fanno parte della “chiesa-spettacolo”. Ma ci raccontano la Chiesa, mistero di Dio tra gli uomini, Chiesa di Gesù Cristo.  (Guy Déroubaix, Persistenza di un’intuizione).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 25 Ottobre 2009ultima modifica: 2009-10-25T23:59:00+01:00da fraternidade
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