Giorno per giorno – 10 Ottobre 2009

Carissimi,

“Mentre Gesù parlava, una donna dalla folla alzò la voce e gli disse: Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato! Ma egli disse: Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!” (Lc 11, 27-28). Se noi credessimo davvero a questa affermazione di Gesù, non ci stancheremmo mai di ascoltarne la Parola. E, soprattutto, di praticarla.  E non potremmo esserne tristi esecutori. Ma, solamente beati. Sempre.

 

Tre sono le memorie che il nostro calendario ci propone oggi: Jules Monchanin (Swami Parama Arubi Anandam), precursore del dialogo tra cristianesimo e induismo; Michele Pellegrino, pastore e profeta di una Chiesa rinnovata, Daniele Comboni, missionario del Regno in Africa.

 

10 Jules Monchanin.jpgLa vita di Jules Monchanin, nato a Fleurie, in Francia, il  10 aprile 1895, fu quella di un pioniere dell’incontro tra le religioni, vissuta fino al limite delle sue possibilità fisiche, psicologiche, intellettuali e culturali. Ordinato presbitero, nel 1938 si trasferì nell’India del Sud, dove si mise a disposizione della Chiesa di Tiruchirapalli. Dopo qualche anno, assieme a Henri Le Saux, fondò l’ashram della Trinità, assumendo il nome di Swami Parama Arubi Anandam (= Felicità dello Spirito Santo).  Monchanin credette profondamente che la spiritualità hindu potesse arricchire e vivificare il cristianesimo. Fermamente convinto, fin dall’inizio del suo ministero sacerdotale che la missione del cristiano fosse quella di stabilire una relazione dialettica con il pensiero scientifico moderno e con le altre religioni, dedicò tutto se stesso a questo fine. Alla fine dell’agosto 1957 gli fu diagnosticato un tumore e gli fu suggerito di tornare in Francia per essere operato.  Fu ricoverato all’ospedale Saint-Antoine di Parigi, stremato e ridotto a 42 kg di peso.  Lo stato di avanzamento della malattia, rese impossibile operarlo, e Monchanin, il 10 ottobre 1957, dopo aver ricevuto il viatico, stese le braccia in forma di croce come estremo gesto di offerta e dopo alcune ore spirò dolcemente.

 

10 Card. MICHELE PELLEGRINO.jpgMichele Pellegrino era nato a Centallo (Cuneo) il 25 aprile 1903.  Sacerdote a soli 22 anni nella diocesi di Fossano, fu professore di Letteratura cristiana antica e di Storia del cristianesimo all’Università di Torino, fino a quando, nel 1965, papa Paolo VI lo chiamò alla guida della Chiesa torinese. L’amore per la Parola di Dio e la profonda conoscenza dell’insegnamento dei Padri, ne fecero un pastore sensibilissimo, sollecito e coraggioso di fronte alle necessità e alle sfide inedite che via via si manifestavano nella comunità dei fedeli e nella società civile del tempo. Rassegnate le dimissioni, nel luglio del 1977, continuò negli anni successivi ad impegnarsi in Italia e all’estero sui temi dell’attuazione del Concilio, della povertà, della comunione, del dialogo interreligioso e della libertà nella comunità dei credenti in Cristo. Colpito da ictus cerebrale, l’8 gennaio 1982, paralizzato e reso afono, chiese di passare quanto gli restava da vivere tra gli ultimi degli ultimi, al Cottolengo. Lì si spese leggendo i Padri della Chiesa, sgranando senza sosta il rosario, visitando, sorridendo e benedicendo gli altri malati. Fino a che la morte lo colse la mattina del 10 ottobre del 1986.

 

10 DANIELE COMBONI.jpgDaniele Comboni era nato in una povera famiglia contadina, quarto degli otto figli di Domenica e Luigi Comboni, a Limone sul Garda (Brescia) il 15 marzo 1831. Durante gli studi a Verona aveva maturato la sua vocazione, che lo portò, completati gli studi di filosofia e teologia ad essere ordinato sacerdote nel 1854 e a partire, tre anni dopo,  per la sua prima missione in Africa, con destinazione Khartoum, la capitale del Sudan. Da lì scrisse ai genitori: “Dovremo faticare, sudare, morire, ma il pensiero che si suda e si muore per amore di Gesù Cristo e della salute delle anime più abbandonate del mondo è troppo dolce per farci desistere dalla grande impresa”. Tornato in Italia, elaborò nel 1864 un Piano per la rigenerazione dell’Africa, sintetizzabile nello slogan “Salvare l’Africa con l’Africa”, espressione della sua fiducia incrollabile nelle risorse umane e religiose delle popolazioni africane. Sull’onda di questa sfida, fondò, nel 1867 e nel 1872, l’Istituto maschile e l’Istituto femminile dei suoi missionari, che saranno conosciuti in seguito come Missionari Comboniani e Suore Missionarie Comboniane. Nominato Vicario aprostolico dell’Africa Centrale e consacrato vescovo nel 1877, dedicò i suoi ultimi anni con instancabile energia a battersi contro la piaga dello schiavismo e a consolidare l’attività missionaria con gli stessi africani. Il 10 ottobre 1881,  a soli cinquant’anni, stroncato dalle fatiche e dalla malattia, moriva a Khartoum, tra la sua gente.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Profezia di Gioele, cap.4, 12-21; Salmo 97; Vangelo di Luca, cap.11, 27-28.

 

La preghiera del Sabato è in comunione con le Comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israel.

 

Oggi, per le comunità ebraiche, è Shemini Atzereth, cioè l’ “Ottavo [giorno] della Chiusura” che in Israele coincide con Simchat Torà, la “Gioia della Legge”, mentre, nella diaspora, quest’ultima è celebrata il giorno seguente. Risponde al precetto biblico “L’ottavo giorno terrete la santa convocazione e offrirete al Signore sacrifici consumati con il fuoco. È giorno di riunione; non farete alcun lavoro servile” (Lv 23, 36). Ne parleremo un po’ più diffusamente domani.   

 

In occasione del centenario della nascita di Padre Michele Pellegrino, Enzo Bianchi ne tracciò un vivido ritratto, il 23 aprile 2003, nella  Cattedrale di San Giovanni Battista, a Torino. Nel congedarci, ve ne proponiamo un passaggio come nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Queste evocazioni del Padre… fanno parte di una visione di fede e di una consapevolezza di vocazione, che non a caso lo portò, quando aveva vent’anni, a scrivere sul retro di una fotografia che lo ritrae in divisa durante il servizio militare a Mantova: “8 settembre 1923, festa di Maria. Da diversi giorni mi perseguita un’idea, un proposito: voglio farmi santo! … il pensiero del sacerdozio mi spaventa sempre, ma comincio a pensare che con l’aiuto di Dio posso farmi sacerdote santo. O sacerdote santo o non sacerdote”. Basta questo proposito per introdurci a conoscere il cristiano: volontà di raggiungere la santità, in un’alternativa rigorosa, impellente. “O sacerdote santo o non sacerdote!”. Il cristiano Michele Pellegrino sarà così perché in questo progetto è cresciuto e a questo proposito ha voluto restare fedele fino alla fine. Occorre dirlo: in lui il radicalismo o, se volete, il rigorismo evangelico si esprimeva in mille modi, a volte anche paradossali, massimalisti, portati all’estremo: si esprimeva nella sua ricerca intellettuale e spirituale, nel rifiuto di essere chiamato “eccellenza”, nel suo vestire in modo dimesso e povero come nel suo rapporto con il cibo, ma anche nel suo rifuggire inaugurazioni e cerimonie ufficiali, nel suo declinare doni e privilegi, nel suo magistero pronto a ricordare che il Vangelo non è solo “buona notizia” ma anche “giudizio” in cui un giorno si sarà chiamati a rispondere. Questo rigorismo ascetico e spirituale si nutriva ogni giorno innanzitutto della preghiera, che sempre ha avuto il primato nella sua vita di prete, di docente universitario e poi di vescovo. […] Proprio a causa della sua esperienza personale, amava dire che per la vita cristiana è assolutamente necessario non solo meditare ma studiare e ruminare la parola di Dio quotidianamente, a più riprese nella giornata, ogni volta che se ne presentasse l’opportunità. (Enzo Bianchi, Memoria del Padre Michele Pellegrino a cent’anni dalla nascita).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 10 Ottobre 2009ultima modifica: 2009-10-10T23:13:00+02:00da fraternidade
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